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www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2010/03/ricorso-formigoni-corte-appello.shtml?uuid=97879b06-26e2-11df-b067-ae5dbc7804ba&DocRulesVie...
La lista "Per la Lombardia" di Roberto Formigoni non è stata ammessa alle elezioni regionali del prossimo 28 marzo. Lo ha deciso la Corte d'Appello di Milano che ha rigettato il ricorso dei delegati della lista che chiedevano l'ammissione della lista, già esclusa dopo la presentazione di un ricorso del delegato della lista Bonino-Pannella.
A rafforzare lo stato di caos e tensione nel primo partito del centro-destra e del paese, che corre il rischio di non poter correre alle regionali nelle principali città e regioni del paese, si è aggiunto, quasi in contemporanea (alle 17,35 la notizia da Milano, alle 18 quella dalla capitale) un verdetto analogo nel Lazio: «La lista Pdl Roma è fuori dalle elezioni. Il ricorso è stato respinto», ha dichiarato il coordinatore regionale, Vincenzo Piso. «Prendiamo atto della decisione dei giudici - ha commentato la candidata presidente Renata Polverini - adesso il Pdl farà ricorso al Tar. Lì siamo fiduciosi che le cose andranno diversamente».
Tornando a Milano, la lista del governatore lombardo è fuori dalla competizione elettorale, almeno per ora, in quanto sono state riscontrate delle irregolarità in una parte delle firme raccolte. A questo punto non resta che il ricorso al Tar, come ha confermato l'assessore regionale Massimo Corsaro, che ha atteso il verdetto al tribunale di Milano.
«Comunque vada a finire, quanto accaduto ha messo in discussione l'autorevolezza e la credibilità di un'intera classe dirigente che ruota attorno a Formigoni e che ha governato in tutti questi anni la lombardia. Una crisi di autorevolezza e credibilità che non potrà essere facilmente cancellata». Così Filippo Penati, candidato del Pd alla presidenza della regione Lombardia, a proposito della vicenda legata alle firme presentate dal Pdl per il listino a sostegno della candidatura di Formigoni e respinte dalla Corte d'appello.
La decisione di questa sera della Corte d'Appello di Milano arriva in seguito al ricorso presentato dai rappresentanti della lista "Per la Lombardia" che era stata esclusa con una delibera del primo marzo 2010 in seguito alla valutazione delle firme depositate dopo il ricorso di Lorenzo Liparini, delegato della lista Bonino-Pannella che aveva denunciato delle irregolarità delle firme raccolte. La Corte d'Appello, nel riesaminare la presentazione della lista, ha preso atto del fatto che i delegati hanno consegnato 3.935 firme di cui 514 «autenticate in modo ritenuto irregolare».
Tuttavia, si legge nella decisione della Corte, «procedendo a ulteriori controlli, a fronte del dichiarato numero di presentatori (3.935), l'ufficio ha conteggiato in effetti un minor numero di sottoscrizioni prodotte, pari a 3.872, e in questo ambito, ha ritenuto valide 3.628 sottoscrizioni». La Corte d'Appello ha inoltre specificato che è «da quest'ultimo numero e non da quello, maggiore, indicato in sede di deposito» che devono essere «detratte le firme, le cui autentiche sono già stata ritenute invalide dall'ufficio e che i ricorrenti chiedono ora di riconsiderare».
Ovvero, i giudici hanno confermato che 514 delle firme presentate non erano state prese regolarmente e che a una seconda analisi della documentazione presentata dai delegati della lista di Roberto Formigoni, il numero delle firme ritenute valide è ancora inferiore, pari a 3.250, una cifra inferiore a quella prevista dalla legge (3.500 firme). Infine, ricorda la Corte d'Appello, la lista non può essere ammessa anche perché «i termini per la presentazione delle liste previsti dal legislatore sono all'evidenza perentori, mentre la natura specifica dell'atto di autenticazione preclude qualsiasi intervento successivo sul contenuto del medesimo».
Quello che i giudici Domenico Bonaretti, Valter Colombo e Vincenzo Barbuto intendono è che la lista andava presentata entro una data fissata per legge e che il numero delle firme doveva essere a quella data superiore a 3500 e non c'è possibilità di depositare successivamente nuova documentazione. L'esercizio dei diritti di partecipazione democratica «non può che svolgersi nel rispetto dei limiti e delle forme previste dalla legge», scrivono i giudici di Milano.