Ancora: " a un eremita fu chiesto un giorno da un fratello: 'Perchè mi capita spessissimo di giudicare i miei fratelli?'.
Questi gli rispose: 'Perchè non ti conosci ancora.
Infatti, chi conosce se stesso, non vede gli errori dei fratelli'."
Il giudicare gli altri è sempre segno che non ci si conosce ancora.
Pertanto le persone pie che si indignano per gli altri, non hanno ancora incontrato la propria verità.
Non hanno ancora messo la loro pietà a confronto con se stessi e con i propri peccati.
Infatti, così dice l'abate Mosè: "Se uno porta i suoi peccati, non vede quelli del prossimo."
per i monaci però il non giudicare non è solamente un criterio per conoscere la ascesi vera, è anche un aiuto per trovare la propria quiete interiore.
Lo smettere di condannare gli altri fa bene anche a noi.
"Fu chiesto all'abate Poemen da parte di un fratello: 'Che cosa devo fare, padre, per non abbattermi nella tristezza?' il vegliardo gli rispose: ' non guardare alcuno, per nessuna ragione! Non giudicare alcuno, non calunniare alcuno, e il Signore che darà quiete'."
il giudicare non ci dà quiete.
Infatti, mentre condanniamo gli altri, avvertiamo inconsapevolmente che neppure noi siamo perfetti.
Pertanto, la rinuncia ad esprimere giudizi le valutazioni è una strada che porta alla pace interiore con noi stessi.
Con la loro esperienza i monaci adempiono ciò che Gesù ci chiede nel discorso della montagna: aperte virgolette non giudicate, per non essere giudicati! Chiuse virgolette (Mt 7,1).
L'atteggiamento non giudicare scaturisce dall'incontro con se stessi.
Chi incontra se stesso, conosce tutti i suoi difetti.
Conosce le sue zone d'ombra.
Sa che porta dentro di sé quello che condanna nell'altro.
Se l'altro pecca, non si indigna, ma ricorda la propria colpa.
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