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Dove finiscono i feti abortiti?

Ultimo Aggiornamento: 04/10/2010 09:22
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exsurgatdeus.blogspot.com/2009/07/dove-finiscono-i-feti-abort...
Qualche anno fa aveva fatto scalpore l'articolo del quotidiano britannico The Guardian in cui si denunciava l'uso di feti cinesi nell'industria cosmetica. Oggi, per chi non ne fosse a conoscenza, vi propongo qualche altro utilizzo.

Tratto dall'interessantissimo articolo "Breve storia dell'aborto nel mondo" di Francesco Agnoli che potete trovare nel sito del Centro Culturale San Giorgio.

www.centrosangiorgio.com/aborto/articoli/pagine_articoli/breve_storia_aborto_nel_m...

[...]I resti dei bimbi uccisi con l'aborto subiscono le fini più assurde. B

uttati nelle immondizie, nel lavandino tritatutto, scaricati nel Tevere a Roma 26, utilizzati per la cosmesi e per gli scopi più impensabili…

Il Corriere della Sera, del 31 marzo e del 1º aprile 1994, racconta che l'Istituto Cosmetico Merieux di Lione, in Francia, «lavora» diciassette tonnellate di materiale umano ogni giorno, di cui una tonnellata viene importata dalla Russia.

Avvenire, del 5 maggio 1995, invece riferisce che i dottori degli ospedali della metropoli cinese di Shenzhen vendono i feti o se ne nutrono per garantirsi un corpo più forte e più bello.

Vi sono associazioni che si battono per dare ai bimbi abortiti una degna sepoltura, ma questa iniziativa è solitamente ostacolata in ogni modo. Il sito degli atei (uaar.it), sotto il titolo «Per la laicità dello Stato», idolo ateo a cui si sacrifica ogni vero valore, e «Il pericoloso estremismo cattolico antiabortista», segnala, ad esempio, che il movimento aquilano Armata Bianca, guidato da Padre Andrea D'Ascanio, con una «scena folkloristica» ha osato erigere nel cimitero della città un monumento ai «bambini mai nati», e che lo stesso movimento organizza a Novara «un macabro funerale di feti, ogni fine mese».
Macabro sarebbe dunque il funerale, non l'uccisione!

Eppure, su uno dei giornali più schiettamente abortisti 27, l'inviato nella cittadina piemontese, Maurizio Crosetti, descrivendo uno di questi «macabri funerali», fà notare come le creature «che qualcuno chiama “bimbi”, qualcun altro “rifiuti speciali ospedalieri”, oppure “residui di sala operatoria”, o ancora “prodotti abortivi”», a Novara, invece di finire nei soliti «sacchetti di plastica o nei secchi dove radunano gli embrioni», hanno «piccole bare di dieci centimetri che un artigiano dell'Aquila prepara per questi funerali senza nome e senza memoria».[...]

Altre notizie sul traffico dei feti in ordine cronologico

1977. Uno dei maggiori quotidiani giapponesi lancia una denuncia sconvolgente: la Corea del Sud in questi ultimi sei anni ha esportato negli Stati Uniti quattromila feti all'anno. Il traffico passa attraverso il Giappone. Partiti da Seul, i feti sono stati usati nei laboratori dell'esercito americano per esperimenti in ordine alla guerra batteriologica. Ogni feto costava 25 dollari. Provenivano dagli ospedali coreani dove viene praticato l'aborto. Ma anche la Svezia, oltre agli Stati Uniti, è un cliente privilegiato di Seul per tale commercio.

Marzo 1981. La dogana francese ferma un camion-frigorifero che proviene dalla Svizzera. Gli addetti alla dogana verificano il carico, incuriositi dalle alte tariffe pagate dagli acquirenti dei Paesi esportatori, aprendo i contenitori li trovano stipati di feti umani. Provenivano dall'Ungheria e Jugoslavia ed erano diretti ad istituti di bellezza dell'Ovest.

Inizio 1982. Scoppia in California lo scandalo del container di metallo prima affittato e poi acquistato da certo Mel Weisberg, direttore di una clinica. La ditta proprietaria del container, non avendo ricevuto il pagamento, decide di inviare i suoi impiegati perchè lo ritirino. Era un venerdì, e il container viene trovato abbandonato presso i vecchi locali dove un tempo sorgeva la clinica del dr. Weisberg. Gli impiegati aprono il container e lo trovano colmo di 500 feti immersi nella formaldeide. Ogni feto, a sua volta, era chiuso in un sacchetto di plastica che l'aveva fornito e la data della consegna. Del dr. Weisberg nessuna traccia. La clinica si era trasferita alla fine della primavera dell'anno precedente e del suo direttore non si era saputo più nulla.

Un fotografo dilettante scattò un rullino e tre foto vennero pubblicate dal <> del 1° settembre 1984. Vi si possono vedere una donna e quattro uomini, di cui uno di colore, che stanno trasferendo i feti in sacchi di plastica. Un'altra foto mostra al lavoro il dr. Joseph Wood, mentre procede all'autopsia di alcuni feti che avevano raggiunto, al momento dell'aborto, il sesto e il settimo mese di vita. Scoppiò una polemica. E lo stesso Ronald Reagan vi intervenne di persona precisando: <>.

In Tailandia i bambini e i feti umani morti si possono comprare da 50$ a 70$, si possono comprare anche negli ospedali...


Zuppa di feti? In Cina è possibile.

di Maurizio Blondet 29/03/2006

Due giorni dopo le affermazioni del premier il governo cinese reagisce: Siamo contrariati da queste affermazioni infondate, si legge in un comunicato del ministero degli Esteri cinese.In Cina bollivano i bambini, ha detto Berlusconi.
Apriti cielo.
La Repubblica interroga l'esperto: Giorgio Mantici, che insegna storia della Cina all'Orientale di Napoli.
L'esperto, debitamente, si indigna: è incommentabile. Mi sento a disagio come cittadino e come specialista; qui, se c'è un crimine, è l'ignoranza.
Durante la Rivoluzione Culturale, ammette, è possibile che qualche folle abbia mangiato un essere umano ma non era un dettame del partito comunista.
Ah beh, allora è tutto a posto.
Ma che esperto è?
Perché in Cina i bambini li mangiano eccome.
E non solo durante la Rivoluzione Culturale, dove la carestia prodotta dal miracolo comunista poteva giustificare atti estremi.
Uguali, del resto, a quelli che avvennero in Ucraina negli anni '30: quando la persecuzione dei coltivatori diretti (kulaki) ordinata da Stalin port alla fame nera, e vi furono casi di genitori che mangiarono i figli morti.

E' questa l'origine storica della frase i comunisti mangiano i bambini: non loro, ma le loro vittime disperate.
Ma in Cina, c'è il fondato sospetto che i bambini li mangino anche oggi.
In pieno capital-comunismo.
Lo rivelava, nell'aprile 1995, un'inchiesta del britannico Telegraph condotta nella provincia di Shenzen.
Per controllare se erano vere le voci, un reporter cinese di Hong Kong buss all'ospedale di maternità dello Shenzen e chiese ad una dottoressa se poteva avere un feto da mangiare.
Il giorno dopo, la dottoressa gli consegnava un flaconcino pieno di feti della grandezza di un pollice.
Ce ne sono dieci qui dentro, tutti abortiti stamattina, disse la dottoressa.
Freschi freschi.
E quanto costano?
Pu prenderli gratis. Siamo un ospedale di Stato, non facciamo pagare. Di solito noi medici li portiamo a casa per mangiarli. Lei non ha l'aria di stare molto bene, perci li mangi.

Perché in quelle zone cinesi c'è la convinzione che i feti siano ricostituenti.
Lo stesso giornalista del Telegraph intervist una dottoressa della clinica Luo Hu nello Shenzen, tale Zou Qin, che ammise senza esitare di aver mangiato un centinaio di feti nei sei mesi precedenti.
Sono nutrienti, fanno bene alla pelle ed ai reni.
Aggiunse che era un peccato sprecarli.
La fornitura di questo cibo è abbondante: nello Shenzen si fanno almeno 7 mila aborti forzati l'anno, milioni in tutta la Cina.
Sicchè nel privato, un feto da consumare costa meno di due euro.
Il dottor Warren Lee, della Hong Kong Nutrition Association, conferma: Mangiare i feti è una tradizione della medicina cinese, profondamente inserita nel folklore.
In Cina si vendono e consumano comunemente le placente umane, anch'esse ritenute curative: c'è un attivo contrabbando attorno agli ospedali, ogni placenta costa sui 2-3 euro.

Naturalmente, il consumo di feti non è un dettame del partito.
Il dettame del partito è semplicemente che donne che abbiano avuto già un figlio siano forzate ad abortire, anche al nono mese.
Ci produce una certa abbondanza di questi ricostituenti, che poi gli ospedali cinesi contrabbandano.
Come del resto reni, bulbi oculari, pelle e polmoni dei condannati a morte giustiziati: un grandissimo business della nuova Cina.
Ma non per dettame del partito, si capisce.
Il Telegraph parl con un altro dottore dello Shenzen, Cao Shilin, che neg il commercio.
I feti abortiti, disse, li mandiamo alle fabbriche che li usano per produrre medicinali.

Ovviamente, in fabbrica, la lavorazione del prodotto comincia con una bollitura per estrarne le sostanze ritenute curative.
Come si bolle la pelle dei giustiziati per estrarne collagene, che le signore bene occidentali poi si fanno iniettare dal chirurgo plastico per ingrossarsi le labbra ed attenuare le rughe.
La Cina fornisce collagene a prezzi stracciati.
Eh sì, Berlusconi ha ragione.
Anzi più di quanto creda.
Forse Repubblica dovrebbe cambiare esperto.
E il cosiddetto esperto dovrebbe farsi un giro sul sito laogai.org - il sito che denuncia le atrocità del business concentrazionario cinese - e cercare alla voce foetus: vedrà un buon numero di proteste ed accuse di Amnesty International al proposito.
Così, magari, avrà un vero motivo per indignarsi.
[Modificato da parliamonepino 24/09/2010 13:11]



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Discendiamo all'inferno fin che siamo vivi (cioè riflettendo su questa terribile realtà) - diceva Sant'Agostino - per non precipitarvi dopo la morte".
nell'aldilà

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E' L'ORA DELLA VERITA'!
E’ l’ora della Verità!
Padre Andrea D’Ascanio - animatore del Movimento Armata Bianca della Madonna finalizzato alla protezione della Vita nascente ed alla formazione della prima infanzia - è stato impedito da un provvedimento della Congregazione della Dottrina della Fede (Dipartimento della Curia Romana) di continuare ad essere l’assistente spirituale di detto Movimento Armata Bianca, che conserva la sua identità approvata dal defunto Arcivescovo di L’Aquila Mons.Mario Peressin e da molti altri Vescovi.

I componenti del Comitato internazionale pro Padre Andrea D’Ascanio hanno inutilmente presentato istanze per conoscere i reali motivi sottesi al menzionato provvedimento.

A fronte di questo silenzio, ed avendo avuto la disponibilità della documentazione perché resa di pubblico dominio, intendono fare uso di tale documentazione perché l’apostolato svolto da Padre Andrea rimanga non contraddetto nella mente e nel cuore di coloro che ne hanno beneficiato.

Questo essi vogliono fare con animo grato a Dio per aver dato la possibilità a questo umile frate cappuccino di essere missionario dell’Amore di Gesù e di Maria verso i piccoli, che soprattutto in questi momenti patiscono ogni forma di violenza fisica e morale.

Approvazioni e sviluppo del Movimento

Il Movimento Armata Bianca della Madonna è nato e si è sviluppato a L’Aquila, approvato e sostenuto dal defunto S.Ecc. Mons. Mario Peressin Arcivescovo. Successivamente si è sviluppato in molte diocesi in varie parti del mondo con l’approvazione dei rispettivi Vescovi, e continua ad espandersi e ad operare.


Chi è Padre Andrea D’Ascanio


Nato il 15 febbraio 1935. Sacerdote il 25 marzo 1962. Laurea in Lettere e Filosofia e Licenza in Teologia.
La base della sua attività è la preghiera e tale spirito comunica a chi gli sta attorno. Punti fermi della sua direzione spirituale sono la Consacrazione a Dio Padre con Maria, per Maria e in Maria; la Comunione e il Rosario intero quotidiani; la Confessione ogni otto o al massimo dieci giorni. Frutto di questa lineare azione di apostolato sono le famiglie cristiane e le vocazioni maturate in seno all'Armata Bianca.
Dal 1973 - sempre con il consenso dei Superiori e su mandato dei suoi direttori spirituali San Pio da Pietrelcina e il Servo di Dio Padre Pio Dellepiane dei Frati Minimi - P.Andrea ha fondato l’Armata Bianca della Madonna con la quale ha portato avanti diverse attività che sintetizziamo di seguito:

•la consacrazione dei bambini al Padre del Cielo nello spirito di Fatima ("I bambini salveranno il mondo!" aveva più volte ripetuto P.Pio da Pietrelcina); attualmente sono stati consacrati in tutto il mondo più di due milioni di bambini;


•i Nidi di Preghiera di bambini;


•la preparazione dei bambini alla prima Comunione al primo uso di ragione;


•la organizzazione di un’udienza speciale a 10.000 bambini dell’Armata Bianca concessa nel 1989 da Papa Giovanni Paolo II nella Sala Nervi in Vaticano: la prima nella storia di tali dimensioni per soli bambini;


•la realizzazione nel cimitero di L’Aquila, per la prima volta al mondo, del seppellimento dei bambini uccisi dall’aborto e la collocazione della statua di Maria Madre dei Bimbi non Nati, da lui fatta scolpire e divenuta un simbolo dei difensori della Vita, posta nei cimiteri di varie nazioni nelle quali si effettua ora il seppellimento dei bimbi non nati;


•la organizzazione - già dal 1990, subito dopo la caduta del comunismo - di Peregrinatio Mariae nei Paesi dell’Est Europa (Bulgaria, Romania, Polonia, Ucraina, Russia, Bielorussia);


•la Implantatio Ordinis dei Cappuccini in Romania da cui è nata l’attuale Custodia in Romania con 49 professi di cui 29 sacerdoti;;


•il reperimento del terreno ad Onesti in Romania per la realizzazione di una casa Ecumenica inaugurata nel 1995;


•la introduzione clandestina oltre cortina delle strumentazioni complete per la realizzazione di sette radioemittenti riuscendo ad ottenere dal Governo di Mosca – tramite Mons. Antonimi - una frequenza di rete per tutta la Russia sulla quale è stata poi impiantata l’attuale Radio Mosca Maria;


•la realizzazione di interviste filmate a sacerdoti e laici, veri martiri di questi tempi, che hanno vissuto l’orrore dei lager e delle carceri sotto il regime comunista;


•il sostegno alla costruzione di una grande chiesa, la prima dedicata a Dio Padre, a Zaporoze (Ucraina);


•la ristrutturazione della chiesina di San Pietro presso Assergi, (L’Aquila) ridotta allo stato di rudere e ricovero di animali e riportata alla sua dignità di luogo sacro;


•la ristrutturazione del complesso di Santa Maria delle Buone Novelle (Sant’Apollonia) a L’Aquila, comprendente chiesa, canonica, strada e piazza adiacenti;


•la diffusione del messaggio, dettato da Dio Padre a Madre Eugenia Ravasio e riconosciuto valido dalla Chiesa, tradotto e pubblicato in 25 lingue;


•l’organizzazione di veglie di preghiera notturne tra il 6 e il 7 di ogni mese in onore di Dio Padre in varie parti del mondo;


•la predicazione di ritiri e convegni, incontri e corsi di esercizi in Italia e all’estero sulla Persona di Dio Padre;


•la pubblicazione di periodici (Leonessa e il suo Santo, giunto ora al 47° anno; I Nidi di Preghiera dell’Armata Bianca; Dio è Padre), di numerosi libri di spiritualità e brevi biografie di santi.

Per maggiori approfondimenti sulla persona e sull’attività di Padre Andrea D’Ascanio


Come è possibile che questo religioso, figlio spirituale di San Pio da Pietrelcina e del Servo di Dio Padre Pio Dellepiane; tenuto in grande considerazione da un Papa della levatura di Giovanni Paolo II che ha concesso al suo Movimento l’udienza più grande della storia a soli bambini; che ha realizzato tante attività in Italia e nel mondo… improvvisamente sia stato coinvolto in una serie di processi nei quali è stato accusato di tutti i crimini possibili?

Esaminiamo brevemente la genesi e la conclusione di questi processi per giungere a delle conclusioni che rispondono a questo interrogativo.

Elenchiamo questi processi in ordine di tempo:


1.primo processo ecclesiastico presso la Congregazione per la dottrina della Fede (1998-2002)


2.primo e secondo processo penale (1999- 2003 e 2004-2006)


3.processo civile 2000-2004


4.secondo processo ecclesiastico 2003-2005




1. Primo processo ecclesiastico presso la Congregazione per la dottrina della Fede (1998-2002)



S.E.R. Mons.Peressin ha cessato la sua attività come Vescovo di L’Aquila nel maggio 1998 ed il 6 giugno successivo ha iniziato la sua missione episcopale il successore S.E.R. Mons. Giuseppe Molinari.

Il 9 giugno, tre giorni dopo la sua presa di possesso, convoca in Curia Padre Andrea D’Ascanio per consegnargli la notifica di un procedimento nei suoi confronti presso la Congregazione della Dottrina della Fede. Questo processo era stato già da lui avviato dal suo arrivo a L’Aquila come Vescovo Coadiutore nel 1996, alla totale insaputa del suo diretto Superiore.Tale procedimento, con ben 9 pesanti accuse, si è concluso il 16 aprile 2002 con il seguente dispositivo che riportiamo:

I sottoscritti Giudici, in data odierna, 16 aprile 2002, così hanno deciso per ognuno dei nove capi di accusa (cfr. can. 1614):


1.Sollecitazione ripetuta ai sensi del can 1387 (…) il Tribunale deve assolvere l'accusato (…)


2.Assoluzione di complice in peccato contro il sesto precetto del Decalogo (…)il Tribunale assolve l'accusato perché il fatto non sussiste.


3.Violazione del sigillo sacramentale, ai sensi dei can. 1388 §1. (…)il Tribunale considera che dagli atti della causa non risulta provata neanche la violazione indiretta del sigillo sacramentale e, quindi, assolve l'accusato.


4.Eresia (…) questo Tribunale assolve l'accusato dal delitto di eresia.


5.Incitazione esplicita al disprezzo contro la Chiesa e contro il Santo Padre, ai sensi del can. 1369. (…)il Tribunale assolve l'accusato perché il fatto non sussiste.


6.Peccati esterni contro il sesto precetto del Decalogo con scandalo permanente. il Tribunale assolve l'accusato perché i fatti non sussistono.


7.Celebrazione dei sacramenti e dell'Eucaristia fuori dal luogo consentito (…)l'accusato viene assolto (…)


8.Menzogne e calunnie continuate di speciale gravità ai danni dei fedeli, (…) il Tribunale assolve l’imputato perché i fatti non sussistono(…)


9.Attività affarisitica e commerciale. (…), il Tribunale assolve il P. Andrea D'Ascanio di questo delitto perché il fatto non sussiste.

Il 27 settembre 2002 è stata emessa la pubblicazione dei motivi per i quali il Padre Andrea veniva dichiarato innocente e si faceva comprendere l’accettabilità della tesi del “complotto” che i Giudici facevano propria.

Si riportano qui di seguito alcuni passi della sentenza contenenti le principali motivazioni con le quali è stata giustificata l’innocenza di Padre Andrea e la tesi del “complotto” a suo danno.

In data odierna, 16 aprile 2002, il Tribunale Apostolico, convocato a norma del can. 1609 presso la sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha discusso e così deciso (…)


Questo processo giudiziale è formalmente cominciato con la nomina e il giuramento dei membri del Tribunale (26 maggio 1998). Comunque, la Congregazione per la Dottrina della Fede si era occupata del caso sin dal novembre 1996, momento dal quale, dando credito alle gravi e numerose accuse presentate contro il P. Andrea D' Ascanio, aveva adottato diversi incisivi provvedimenti "cautelari" nei suoi confronti, sebbene tali provvedimenti non riguardassero direttamente il P. Andrea D'Ascanio (…) Di conseguenza, in seguito alla decisione del titolare dell'azione penale (l'Autorità "amministrativa" della CDF) di avviare il processo giudiziale mediante l'incarico dato al Rev.mo Promotore di Giustizia di presentare il libello di domanda, poteva sembrare che questo Tribunale dovesse soltanto "convalidare", in ambito giudiziario, dette accuse, difficilmente contestabili, e provvedere di conseguenza ad applicare le pene adeguate al P. Andrea D'Ascanio.


Invece, la realtà si è dimostrata molto diversa dalle iniziali aspettative. La CDF, nell'emettere i provvedimenti cautelari e, in pratica, fino all'inizio del processo giudiziario, aveva dato ascolto soltanto agli accusatori, la cui credibilità era fortemente avallata da S.E.R. Mons. Giuseppe Molinari, Arcivescovo Coadiutore de L'Aquila, amico di alcuni dei principali accusatori e, tramite loro, degli altri.


Il Tribunale - in applicazione del rispetto del diritto di difesa (…) ha dato ascolto per primo al P. Andrea D'Ascanio, il quale (…) ha presentato una abbondante documentazione (e un numeroso elenco di testi disposti a deporre a suo favore) volta a sostenere che era vittima di un complotto ordito da alcuni degli accusatori con la complicità, non particolarmente dolosa in alcuni casi, degli altri. Tale materiale difensivo era stato presentato, sostanzialmente, alla CDF da S.E.R. Mons. Mario Peressin - allora Arcivescovo di L'Aquila (…), senza che fosse stato preso in considerazione da S.E.R. Mons. Giuseppe Molinari.(…)(p.3)


In realtà, il libello di domanda teneva in considerazione soltanto una parte dell'indagine previa, quella "di accusa" (cfr. atto del processo, n. 15). Invece, presso la CDF vi era un'altra documentazione "di difesa" (presentata da S.E.R. Mons. Mario Peressin, in data 24 giugno 1997) di cui il Tribunale ha avuto conoscenza formale soltanto in occasione della deposizione come teste di S.E.R. Mons. Mario Peressin (27 marzo 1999). In tale data il Presidente ha intimato al Notaio del Tribunale (…) d'incorporare tale fascicolo difensivo, di natura pre-giudiziaria, agli atti del processo penale giudizia1e, assieme agli atti "di accusa" provenienti dall'indagine previa (cfr. atti del processo, nn.15 e 158.1). (…) (p.24)


Il «fumus culpae» ha cominciato ad incrinarsi allorché il P. Andrea D'Ascanio ha avuto, formalmente, l'opportunità di difendersi, in occasione della sua iniziale dichiarazione davanti a questo Tribunale. In tale circostanza, dopo aver negato tutti i delitti di cui era accusato (…), ha consegnato 20 allegati in cui tracciava un profilo dei principali denuncianti, (…), dimostrava la sua formale adesione al Magistero pontificio e tentava di dimostrare la sua tesi del complotto contro di lui e l' «Armata Bianca» (27 novembre 1998, atto del processo,n.48)


Questa linea difensiva del P. Andrea D'Ascanio (l'essere vittima di un complotto) è stata adoperata sin dall'inizio della vicenda (novembre 1996). (…) Da questo punto di vista, il P. Andrea D'Ascanio è stato pienamente lineare e coerente: tutta la sua attività processuale, e quella del suo Patrono, è stata volta a dimostrare sia la falsità delle accuse, sia il complotto. Sempre in modo pienamente convinto e, alla fine di questo processo e per quanto riguarda la materia del contendere, convincente per il Tribunale.


Inoltre, durante la sua prima dichiarazione al Tribunale, il P. Andrea D'Ascanio, con una forza e spontaneità che difficilmente potevano essere fittizie (d'altra parte vi sono molti documenti che dimostrano la verità di tali affermazioni), ha parlato della sua formale e profonda adesione al Magistero pontificio (…), in particolare sulle questioni morali più controverse e delicate: intensa vita di preghiera e di penitenza, ricorso frequente al sacramento della riconciliazione, grande devozione eucaristica e mariana (…), sentita stima verso la Persona e l'insegnamento del Santo Padre, specialmente per quanto riguarda la difesa operativa del diritto alla vita e l'autentico senso dell' esercizio (generoso e talvolta eroico) della paternità responsabile, ecc. (…)(p.50)


Ex actis et probatis (can. 1608 § 2) Don Gabriele Nanni può essere ritenuto fra gli orditori del complotto contro il P. Andrea D'Ascanio, motivo per il quale (evitare un possibile spergiuro) il Presidente - Istruttore non gli chiese di emettere il giuramento «de veritate dicenda». (…)


Il Sig. Domenico Pelliccione ha agito in mala fede. ha giurato il falso, ha indotto altri testi a giurare il falso. Quindi. è lecito parlare di "complotto" ordito, inizialmente (1996) almeno da lui, contro il P. Andrea D'Ascanio, E' successiva l'incorporazione della propria moglie, la Sig.ra Rosa Pelliccione, fra gli orditori del complotto. (…)(p.78) Una persona (Domenico Pelliccione) che - con un passato come quello descritto da sua moglie - va a Messa ogni giorno e si comunica, che si confessa spesso, che è legatissimo all'Arcivescovo S.E.R. Mons. Giuseppe Molinari, ecc., o ha avuto una profonda conversione a Dio, o strumentalizza i sacramenti per attrarsi la fiducia dell'Autorità ecclesiastica ... Le menzogne conclamate del Sig. Domenico Pelliccione, (…). portano ad avere certezza morale sulla natura fittizia di tale vita cristiana, come affermava sua moglie nelle dichiarazioni 1996-1997.(…)


Come abbiamo segnalato, in realtà, le prime vittime del complotto contro il P. Andrea D'Ascanio sono state S.E.R. Mons. Giuseppe Molinari e le Autorità della CDF e di altri Dicasteri della Curia Romana, tratte in inganno dagli orditori del complotto e dalle persone da loro strumentalizzate come accusatrici. (…)


L'impostazione dolosa del Sig. Domenico Pelliccione è ampiamente dimostrata da abbondanti fatti certi, come le palesi sue falsità giurate, le molteplici intimidazioni portate a termine nei confronti dei membri dell' «Armata Bianca (… ). (p.88)


Vi è un tradizionale criterio di discernimento, con radici evangeliche («se non altro, credetelo per le opere stesse» Gv 14,11): «gli alberi si conoscono per il loro frutti». Le testimonianze dei coniugi Pelliccione (e di altri testi di accusa da loro portati al Tribunale) sono palesemente piene di menzogne e di odio nei confronti del P. Andrea D' Ascanio, i due figli che sono rimasti con loro si sono allontanati dalla vita cristiana, i medesimi coniugi Pelliccione minacciano di lasciare la "Chiesa istituzionale" qualora il Tribunale non condanni il P. Andrea D'Ascanio, ecc. Non sono buoni frutti. Invece, i pochi testi accolti dal Tribunale fra quelli proposti a sua difesa dal P. Andrea D'Ascanio meritano grande credibilità. (p.101)


Ex actis et probatis (can. 1608 §2) risulta accertato quanto sostenuto da Padre Andrea D’Ascanio (…) (p.110)




2. Primo e secondo processo penale (1999- 2003 e 2004-2006)



Il Comitato Internazionale si è chiesto il perché di questi processi.
Prima che terminasse il processo ecclesiastico, visto che presso quel Tribunale si intravedeva una soluzione positiva per Padre Andrea D’Ascanio, gli stessi accusatori hanno trasferito le loro denunce, notevolmente aggravate e estendendole a tutto il Movimento, presso la Magistratura italiana a L’Aquila.

Il procedimento, portato avanti con grandissimo risalto dai mass media italiani ed esteri, prevedeva addirittura il progetto dell’arresto di Padre Andrea D’Ascanio e di 8 altri membri dell’Armata Bianca della Madonna. L’arresto fu evitato solo per il buon senso del Giudice delle Indagini Preliminari che ne riconobbe l’assoluta mancanza di fondamento e non avallò la richiesta del Pubblico Ministero.

Il processo penale davanti alla Magistratura italiana si è svolto in primo e secondo grado presso i Tribunali di L’Aquila. Le due sentenze (2003 e 2006) hanno escluso qualsiasi comportamento criminoso da parte degli accusati (Padre Andrea D’Ascanio e i suoi collaboratori) e dichiarano che “i fatti non sussistono”. La tesi della Corte d’Appello è ormai definitiva perché passata in giudicato.

Durante questo procedimento, la Magistratura italiana ha disposto tra l’altro il controllo dell’utenza telefonica della famiglia Pelliccione e le intercettazioni sono state acquisite tra gli atti del processo penale. Da queste risulta come tutte le accuse siano state preparate da Rosa Ciancia e da suo marito Domenico Pelliccione che - dal suo ufficio presso l’Università di L’Aquila - concertava al telefono con la moglie che si trovava a casa quali dovessero essere gli accusatori da contattare e quali le accuse da far loro sottoscrivere.

Da queste intercettazioni emerge evidente l’esistenza di un complotto.




3. Primo e secondo processo civile (2000-2004)



Il Comitato internazionale si è informato da chi sono stati attivati i processi civili.
Nel 1993 S.Ecc. Mons. Mario Peressin aveva dato in comodato ventennale all’Armata Bianca della Madonna il rudere della chiesa e canonica di Santa Maria delle Bone Novelle (Sant’Apollonia) a L’Aquila, perché l’Armata Bianca lo restaurasse a sue spese e ne facesse la propria sede. Nel 1998 sono terminati i lavori di ristrutturazione, ma nel 2000 Mons. Giuseppe Molinari inizia un’azione legale contro Padre Andrea e l’Armata Bianca per la restituzione degli immobili.
La sentenza ultima del 2004 ha confermato il comodato di Mons. Peressin lasciando quindi all’Armata Bianca la disponibilità dei locali fino al 2013 e ha dichiarato “falsi e inattendibili” i testimoni presentati dal Vescovo Molinari (Rosa Ciancia, Domenico Pelliccione e il cancelliere della Curia, Mons. Sergio Maggioni).





4. Secondo processo ecclesiastico 2003-2005


Dopo l’assoluzione di prima istanza, inopinatamente lo stesso Promotore di Giustizia di primo grado, Mons. Piergiorgio Marcuzzi sdb, nonostante avesse rinunciato alle sue tesi accusatorie, come risulta dal dispositivo della prima sentenza canonica, ha proposto appello contro di questa ed a riguardo si è saputo che il suo appello è stato sollecitato perché la sentenza di primo grado “non piaceva a qualcuno”…, come già il Presidente del primo Collegio Giudicante aveva previsto:

(..) il Collegio è arrivato alla presente sentenza perché sin dall'inizio del processo ha cercato soltanto di appurare la verità per fare giustizia, malgrado (…) la consapevolezza del Collegio che una eventuale sentenza assolutoria del P. Andrea D'Ascanio difficilmente sarebbe stata recepita con soddisfazione dalle diverse Autorità che sono intervenute nell'indagine previa e nell'avvio dell'azione penale giudiziaria. (pag.37)

Mons. Marcuzzi veniva a morire prima che venisse costituito il Tribunale di Seconda Istanza ed è stato sostituito con Don Janusz Kowal sj il quale, appena nominato, pur avendo dichiarato esplicitamente di non aver letto gli atti del processo, ha fatto suo l’appello del Promotore di Giustizia deceduto come risulta dagli Atti del processo.

Avviata l’Istruttoria, i Giudici hanno circoscritto la loro indagine alla sola deposizione di Rosa Ciancia Pelliccione, evitando poi di contestare in contraddittorio il contenuto di questa deposizione.

La Ciancia ripete le accuse fatte davanti al Tribunale di L’Aquila, in totale difformità dalle sue precedenti dichiarazioni davanti al Tribunale Ecclesiastico di prima istanza presso il quale era stata convocata quattro volte e aveva rilasciato ben 11 ore di deposizioni per varie centinaia di pagine.

Al riguardo di questa unica teste si era già pronunciata la sentenza del Tribunale Ecclesiastico di primo grado:


Vi è la prova oggettiva della falsità di gravi affermazioni dette dalla Sig.ra Rosa Pelliccione, (…) dopo essere passata dalla parte di suo marito contro il P. Andrea D'Ascanio. La più grossolana è quella dichiarata alla Magistratura italiana, con dovizia di dettagli, (…) (atto del processo, n. 643). Invece, nei molteplici interventi dinanzi a questo Tribunale volendo danneggiare il P. Andrea D'Ascanio, la Sig.ra Rosa Pelliccione aveva negato di aver subito lei il pur minimo attentato alla sua castità. (…) Quindi emerge la chiara certezza morale (…) dell'esistenza del complotto ordito contro il P. Andrea D'Ascanio, sin dal 1996, dal Sig. Domenico Pelliccione, con l'aiuto di altre persone. (p.89)

In conclusione il Tribunale di appello irrogava le sanzioni canoniche sottoelencate:

1.l'obbligo di residenza in una casa dell'Ordine dei Cappuccini determinata dal Ministro generale dell’Ordine, escluso il territorio di Abruzzo e Lazio, con il divieto di uscire dai confini della diocesi di dimora senza il permesso dell' Ordinario del luogo:

2.Interdizione dei rapporti di qualsiasi genere, anche solo epistolari o telefonici, con i membri dell'Associazione Armata Bianca e di altre Associazioni connesse;

3.Revoca all'imputato della facoltà di ascoltare le confessioni sacramentali;

4.Divieto della celebrazione in pubblico della Ss.ma Eucaristia, di ogni sacramento e Liturgia della Parola;

5.Proibizione della predicazione e delle funzioni di guida spirituale.
Il Comitato SI CHIEDE come sia possibile che il Collegio di secondo grado abbia potuto emettere questa sentenza di CONDANNA, DIFFICILMENTE CONFIGURABILE SOTTO IL PROFILO GIURIDICO e comunque in contrasto con più canoni del Codice di Diritto Canonico (canoni 1620 e 1628):

1. circa il negato diritto di difesa
Perché il Padre Andrea D’Ascanio non è mai stato convocato dal Tribunale di Appello, non ha avuto formalmente la possibilità di difendersi e non gli è stato permesso di controbattere alle dichiarazioni della teste d’accusa?

2. circa il diritto di appello al Tribunale Superiore
Perché al Padre Andrea D’Ascanio non è stato permesso di fare appello al Tribunale Superiore della Segnatura Apostolica, come previsto da tutte le legislature e contemplato anche per disposizione costituzionale?


Il Tribunale infatti:
- non ha ascoltato alcun altro teste oltre la Ciancia, già dichiarata “falsa e inattendibile” da più Tribunali;
- non ha convocato mai Padre Andrea D’Ascanio, togliendogli così ogni possibilità di difesa;
- ha ignorato l’Istruttoria e la conseguente assoluzione dei Giudici di prima istanza;
- non ha preso in considerazione la dichiarazione dei Giudici italiani che i fatti non sussistono;
- ha rifiutato le intercettazioni telefoniche effettuate dai Carabinieri di L’Aquila su ordine della Magistratura italiana, che sono la più chiara prova legale del complotto contro Padre Andrea D’Ascanio;
- ha unicamente estrapolato alcune frasi dalle deposizioni di alcuni testi del primo processo, già vagliate e stimmatizzate nella loro assoluta non credibilità nella precedente sentenza assolutoria.

La sentenza è stata pubblicata il 16 luglio 2005 e sono entrate così in vigore le sanzioni contro di lui. Copia di questa sentenza è stata inviata dalla CDF a numerosissime Curie diocesane e ai Superiori religiosi di varie Nazioni.

Nel febbraio 2009 la Congregazione per la Dottrina della Fede ha nuovamente inviato il dispositivo di questa sentenza di secondo grado canonico
- a tutte le Curie vescovili;
- ai Superiori Religiosi di varie parti del mondo;
- a tutti i Parroci del Lazio;
- agli organi di stampa ufficiali della Chiesa dando ordine di pubblicarla con la massima diffusione possibile.
PERCHE'?


Sono tanti gli interrogativi. Il Comitato internazionale ha indagato sui vari perché, li ha conosciuti e di volta in volta li manifesterà.
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E' L'ORA DELLA VERITA'! PARTE II
Un processo programmato!

Il 9 giugno 1998, tre giorni dopo la sua nomina ufficiale ad arcivescovo dell’Aquila, S.E. Mons. Giuseppe Molinari convoca in Curia il cappuccino Padre Andrea D’Ascanio e gli consegna un plico della Congregazione della Dottrina della Fede, ex Sant’Uffizio, con il quale viene ufficialmente indetto un pesante processo a suo carico.

Il Comitato Internazionale pro Padre Andrea D’Ascanio ne ha ricostruito l’iter del quale offre una sintesi stralciando alcuni brani dagli Atti processuali.

Dalla sentenza assolutoria di primo grado canonico:

“La CDF (Congregazione per la Dottrina della Fede n.d.r) fino all'inizio del processo giudiziario, aveva dato ascolto soltanto agli accusatori, la cui credibilità era fortemente avallata da S.E.R. Mons. Giuseppe Molinari, Arcivescovo Coadiutore de L'Aquila, amico di alcuni dei principali accusatori e, tramite loro, degli altri.”

“In realtà, il libello di domanda teneva in considerazione soltanto una parte dell'indagine previa, quella "di accusa" (cfr. atto del processo, n. 15). Invece, presso la CDF vi era un'altra documentazione "di difesa" (presentata da S.E.R. Mons. Mario Peressin, in data 24 giugno 1997) di cui il Tribunale ha avuto conoscenza formale soltanto in occasione della deposizione come teste di S.E.R. Mons. Mario Peressin (27 marzo 1999). In tale data il Presidente ha indicato al Notaio del Tribunale (…) d'incorporare tale fascicolo difensivo, di natura pre­giudiziaria, agli atti del processo penale giudizia1e, assieme agli atti "di accusa" provenienti dall 'indagine previa.




L’azione di Mons. Molinari


Marzo 1996: Mons. Molinari giunge a L’Aquila come Coadiutore. Riceve alcune persone che si sono riunite per accusare padre Andrea D’Ascanio e le indirizza all’Arcivescovo in carica Mons. Mario Peressin che, ben conoscendole, non crede alle loro parole e le definisce “persone senza scrupoli e di dubbia fede cristiana” (lettera che Mons. Peressin scrive alla CDF il 24 giugno 1997)





Mons. Molinari non concede un legittimo confronto


Padre Andrea D’Ascanio, avuto sentore dell’azione che si sta complottando contro di lui, il 27 novembre 1996 si reca da Mons Molinari, gli chiede un confronto con gli accusatori e gli lascia una lettera nella quale tra l’altro scrive:

“Eccellenza Rev.ma e cara, (…) Non Le chiedo di prendere le mie difese, ma di esigere chiarezza. Mi ritenga a sua disposizione per qualunque confronto (…).

Il Vescovo Mons. Flavio Roberto Carraro, ex Superiore Generale dei Cappuccini, che ben conosce Padre Andrea, suggerisce anch’egli un confronto, come Mons. Molinari dichiara al Tribunale della CDF:

Teste Molinari: “Incontrai nell’assemblea della CEI, proprio in quell’anno incontrai Mons. Flavio Carraro, ex Superiore Generale dei Cappuccini e dissi anche a lui “Forse dobbiamo far qualcosa per…”, però anche lui – tanto bravo Padre Carraro – disse “Ma queste persone che hanno qualcosa contro Padre Andrea, facciano un confronto, lo dicano”. Ho visto che non era una strada percorribile neppure quella…”.

Lo stesso consiglio gli dà ancora il suo superiore mons. Peressin:

Teste Molinari: “(…) mi disse mons. Peressin, fai un confronto con lui…” (ib.)

Mons. Molinari non concede il confronto. Ignorando le direttive del suo superiore e il Codice di Diritto Canonico (can. 1419: “In ciascuna diocesi… giudice di prima istanza è il Vescovo diocesano”) si reca alla Congregazione per la Dottrina per la Fede.





La “strada percorribile” secondo Mons. Molinari


(Dalla deposizione di Mons. Molinari alla CDF):

Teste Molinari: ”Venni a chiedere un consenso, un aiuto, devo anche ringraziare, perché in quel contesto non potevo fare niente io come Vescovo coadiutore a meno di non avere uno scontro con Mons. Peressin…”

Presidente: Bene, quindi in pratica diciamo la decisione di rivolgersi alla Dottrina della Fede l’ha presa Lei?

Teste Molinari: … Ho detto io forse la strada potrebbe essere questa… un po’ così mi venne l’idea.”

(Dalla sentenza assolutoria)

“S.E.R. Mons. Mario Peressin protestò dinanzi alla Congregazione per la Dottrina della Fede, per scritto e in un’udienza concessagli dal Segretario della CDF, S.E.R. Mons. Tarcisio Bertone, SDB, (…). Mons. Mario Peressin si lamentava veemente di non essere stato consultato, pur essendo lui il Vescovo diocesano, e del fatto che non fosse stata concessa al P.Andrea D’Ascanio la minima opportunità di difendersi”.





Mons. Molinari in cerca di denuncianti


Mons. Molinari si attiva per reperire i denuncianti, all’insaputa del suo Superiore:

La teste Alessia Zimei dichiara al Tribunale della CDF:

- “Quel giorno (il 7.11.1996) Mons. Molinari era venuto a trovarci a casa perché mi aveva detto: ti vengo a trovare a casa, non ti preoccupare di venire qui in Curia… l’8 novembre presentai al vescovo la mia accusa”.

La teste Anna Rita Belisari conferma al Tribunale della CDF:

- “Allora Molinari venne a casa mia, perché preferì non incontrarmi in Curia, venne a casa mia.





Gabriele Nanni


Padre Andrea D’Ascanio, nella lettera scritta a Mons. Molinari e consegnatagli personalmente il 27 novembre 1996, aveva scritto anche:

(….) C'è caso che tra i vari "accusatori" si presenti un certo Gabriele Nanni… è stato con noi 3 anni e poi si è inserito nella Pro Deo et Fratribus, una nuova struttura che riteneva più confacente. Pochi giorni fa ne è uscito per il "dovere di coscienza" di "denunciarmi", pur avendogli detto i suoi Superiori che non era giusto né opportuno quanto faceva...”.

Mons. Molinari, quattro giorni prima, aveva ricevuto e accolto in diocesi Gabriele Nanni.

Il pomeriggio del 23 novembre infatti Annarita Bellisari e Alessia Zimei erano andate a Civitella del Tronto per prelevarlo dall’istituto della Pro Deo nel quale si trovava da tre anni per presentarlo a Mons. Molinari:

Dalla deposizione di Annarita Bellisari al Tribunale della CDF).

“Io gliene parlai il 23 novembre (…) andammo a Civitella a prendere Gabriele che fu accettato da Molinari perché era stato in sostanza licenziato dalla Pro Deo la mattina… e fu accolto da Molinari e mandato a casa Zimei”

Dalla dichiazione di Gabriele Nanni al Tribunale della CDF:

“Senza bisogno di parlare molto di più mi chiese: “Che intenzioni hai?” “Io credo ancora nella mia vocazione” e mi chiese se volevo stare lì a L’Aquila. Io ero felicissimo. Quindi il giorno stesso cacciato da una parte, preso dall’altra”.

Il Vescovo manda il Nanni in casa Zimei, dove resta circa tre mesi (“lasciai di abitare a casa Zimei nel febbraio 1997”, dal verbale di Gabriele Nanni alla CDF), durante i quali vengono alla luce le sue due denunce e quelle di altre persone.

Mons. Molinari manda poi Gabriele Nanni presso il parroco di Sassa e dopo nemmeno due mesi - non rivelando la sua vera identità al Superiore Mons. Peressin - il giorno 31 marzo 1997 lo ordina diacono:

Dalla dichiarazione di Mons. Molinari al Tribunale della CDF:

- “Allora io ho detto a Don Gabriele “che dici, ti ordino domani oppure aspettiamo”, e lui mi ha detto: “forse se aspettiamo non capiterà più questa occasione”. L’ho ordinato… Dopo Mons. Peressin mi ha detto: “Mi hai tradito, io scriverò a Roma. Io farò annullare questa ordinazione…”.





La Legge della Chiesa dice:


Can. 407 – §1. Il Vescovo diocesano, il coadiutore e il Vescovo ausiliare si consultino tra di loro nelle questioni di maggiore importanza.

§3. Il Vescovo coadiutore e il Vescovo ausiliare, in quanto sono chiamati a partecipare alla sollecitudine del Vescovo diocesano, esercitino i loro compiti in modo da procedere insieme con lui di comune accordo”

Can. 1051 - §1. Vi sia l’attestato del rettore del seminario e della casa di formazione sulle qualità richieste per ricevere l’ordine…

Non c’è nessun attestato.

Can.1029 - Siano promossi agli ordini soltanto quelli che sono mossi da retta intenzione.

L’unica “retta intenzione” che Gabriele Nanni dichiara ai suoi superiori della Pro Deo è quella di andare a L’Aquila a denunciare Padre Andrea.





Mons. Molinari e i vertici della Chiesa


Dalla deposizione di Mons. Molinari alla CDF:

“E so che alla Congregazione della Fede hanno fatto delle indagini, penso che Mons. Bertone si sia rivolto anche al Card. Sodano…”

“Io alla Congregazione ho detto: posso assicurare la credibilità di queste persone.”

Nel novembre 1996 la teste Alessia Zimei viene ricevuta dal card. Angelo Sodano, Segretario di Stato, molto vicino a mons. Molinari, come dichiara il card. Bernardino Echeverria dell’Ecuador:

“Dichiaro che il 12 novembre 1996 venne a trovarmi Alessia Zimei (…) presso la Casa Generalizia dei Frati Minori a Roma in Via Santa Maria Mediatrice, 25. Mi disse che voleva accusare Padre Andrea e l’Armata Bianca alla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede e che sarebbe andata dal Cardinal Sodano Cercai di dissuaderla, ricordandole quanto aveva lavorato per questo Movimento mariano e l’affetto che aveva sempre dimostrato per Padre Andrea. La trovai irremovibile e mi sembrò strano come in pochi giorni si potesse cambiare in tale maniera e ancor più strano che si rivolgesse al Cardinale Segretario di Stato che non aveva nulla a che fare con la Congregazione per la Dottrina della Fede.(…) Bernardino Card. Echeverría Ruiz, OFM, Arcivescovo Emerito di Guayaquil”

Dopo l’incontro con il card. Sodano, la teste Alessia Zimei viene indirizzata a Mons. Tarcisio Bertone, segretario della CDF. Vi si reca accompagnata da Domenico Pelliccione, elemento di spicco nel complotto organizzato contro Padre Andrea e l’Armata Bianca:

Dalla dichiarazione di Alessia Zimei al Tribunale della CDF:

Presidente: “Lei è venuta in Congregazione”

Teste Zimei: “Don Aldo Bollini accompagnò il Pelliccione e me…

Da questo incontro viene fuori una denuncia perfetta, corredata da tutti i canoni, che viene inserita nel fascicolo in sostituzione della prima denunzia di Alessia Zimei.

Solo in seguito alla richiesta dell’Avvocato difensore, accortosi della sostituzione, la prima denuncia verrà reinserita tra gli Atti.

In egual maniera verrà reinserito negli Atti, su speciale richiesta del Presidente del Collegio, un ponderoso dossier di documentazione a difesa del Padre D’Ascanio da parte di Cardinali, Vescovi, Sacerdoti e laici che Mons. Peressin aveva prodotto a suo tempo e che era stata messa da parte proprio perché favorevole a Padre Andrea.





Ingerenza di S.E. Mons. Tarcisio Bertone


Il Tribunale convoca Mons. Bertone che non si presenta perché “era già intervenuto nell’indagine previa e nell’avvio della causa giudiziaria” (dalla sentenza assolutoria di primo grado).

Quindi Mons. Bertone ha “avviato” il processo e ulteriore conferma ne dà Mons. Edoardo Davino, Presidente del tribunale di appello ed estensore della sentenza di condanna:

“Va ancora aggiunto che certamente la Teste Alessia Zimei in Congregazione ha avuto anche un colloquio con l’allora segretario S.E. Tarcisio Bertone”.

Il Segretario della CDF Mons. Tarcisio Bertone, nell’aprile 1997 non rimanda Alessia Zimei dal suo Arcivescovo - come vorrebbe il can. 1419 - ma dà inizio alla causa giudiziaria contro Padre Andrea D’Ascanio.

L’azione congiunta di Mons. Molinari e Mons. Bertone continuerà anche durante il processo come risulta dalle intercettazioni telefoniche disposte dai Carabinieri per l’indagine penale:

Vescovo Molinari: “Io ieri sera ho visto il Segretario della Congregazione …Bertone (…) e gli ho detto di affrettarsi il più possibile… io gli ho detto che gli mando copia dei documenti (…). Lui ha detto bè mandaci un po’…, vediamo il modo (…) Io ho detto: io voglio agire, e vi faccio sapere…” (19.12.99 ore 22.30. Nastro 3, telefonata n. 184 tra Rosa Pelliccione e Mons. Molinari).

Così si comprendono meglio le parole della sentenza assolutoria di primo grado:

Il Collegio sin dall'inizio del processo ha cercato soltanto di appurare la verità per fare giustizia, malgrado la consapevolezza del Collegio che una eventuale sentenza assolutoria del P. Andrea D'Ascanio difficilmente sarebbe stata recepita con soddisfazione dalle diverse Autorità che sono intervenute nell'indagine previa e nell'avvio dell'azione penale giudiziaria.





L’azione di mons. Molinari continua nei tribunali civili e penali


Nel 2000, prima che termini il processo ecclesiastico, Mons. Molinari attiva contro Padre Andrea D’Ascanio un altro processo presso il tribunale civile di L’Aquila per togliere all’Armata Bianca la struttura di Sant’Apollonia concessa in comodato ventennale dal suo predecessore Mons. Peressin.

Presenta come testimoni i soliti Domenico e Rosa Pelliccione ai quali affianca il cancelliere della curia Mons. Sergio Maggioni.

La sentenza condanna la Curia e dichiara i testi “falsi e inattendibili”.

Nel processo penale Mons. Molinari non si espone direttamente ma la sua azione affiora dalle intercettazioni telefoniche dei carabinieri e dalle dichiarazioni dei testimoni nel processo:

- Dalle intercettazioni telefoniche:

(19. 12. 99 ore 22.33 Nastro 3 telefonata n. 184 tra Rosa Pelliccione e Mons. Molinari)

Vescovo: Comunque… (…) io farò tutto il possibile, il più presto possibile… (contro Padre Andrea ndr)… Se serve anche la mia testimonianza, io sò disposto a venire”

(3.2.2000 ore 17.26 Nastro 23 telefonata n. 1794 tra Rosa Pelliccione e Mons. Molinari)

Rosa Pelliccione: Eccellenza le voglio dire che da Roma dal Sant’Ufficio mi hanno chiesto, Padre Ramos…

Vescovo: Sì (…)

Rosa Pelliccione: Eh, e mi ha chiesto vari indirizzi Eccellenza, anche di… ma questo resta tra di noi, anche di… di padre Candido…

Vescovo: Ho capito

Rosa Pelliccione: …delle suore di Anzio…

Vescovo: E quelle della Sardegna?

- Dal verbale dell’udienza penale del giorno 27.1.2003, testimonianza di Gabriella Parisse:

Parisse: Io sono stata invitata dal vescovo a fare la testimonianza

Avvocato: Da quale vescovo?

Parisse: Molinari

Avvocato:Dunque lei è stata invitata da Molinari a presentarsi spontaneamente (…)

Parisse: Si

Mons. Molinari delega altri a procacciare accusatori, soprattutto Padre Elia Giacobbe, ex passionista che ha accolto in diocesi e al quale fanno capo i denuncianti. Con loro e su loro indicazione Padre Giacobbe si reca a Foggia, a Potenza, a Napoli, in Sardegna. L’Arcivescovo viene costantemente informato:

(12.1.2000 Nastro 14 Telefonata n. 1101 tra Rosa Pelliccione e P. Giacobbe)

P. Giacobbe: “ Ho parlato con il Vescovo e lui vuole andare avanti con questo fatto vostro, per le cose, anche per conto suo.”

(19 1 2000 ore 10.05 Nastro 17 Telefonata n. 1361 tra Rosa e Domenico Pelliccione)

Rosa Pelliccione: “Così lui (il Vescovo) sa tutto, hai capito?… anche perché lui deve sapere tutte le cose nostre (...)”

TENENDO CONTO DELLE ASSOLUZIONI CHE SONO SEGUITE, DELLO SCANDALO CREATO, DEL DANNO PROCURATO AD UN INNOCENTE E ALLA CHIESA IL COMITATO INTERNAZIONALE CHIEDE LE DIMISSIONI DI S.E. MONS. GIUSEPPE MOLINARI
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E' L'ORA DELLA VERITA'! PARTE III (leggere attentamente l'agghiacciante "autodenuncia" di don Gabriele Nanni)
Don Gabriele Nanni, "l’Esorcista"!

«Gabriele Nanni ha fatto scopo della sua vita distruggere Padre Andrea e l’Armata Bianca»
(L’Arcivescovo Mario Peressin a mons. Piero Vergari)

Dalla sentenza assolutoria di Padre Andrea D’Ascanio del primo processo ecclesiastico:
“Dagli atti e da quanto è stato dimostrato (can. 1608 §2) Don Gabriele Nanni può essere ritenuto fra gli orditori del complotto contro il P. Andrea D'Ascanio, motivo per il quale (evitare un possibile spergiuro) il Presidente – Istruttore non gli chiese di emettere il giuramento «de veritate dicenda» (di dire la verità)”




Chi è Don Gabriele Nanni?
Dalla sentenza di assoluzione:
“Don Gabriele Nanni nacque il 9 marzo 1959 a Forlì. Dopo gli studi medio-superiori entrò nel seminario diocesano di Bologna, ma dopo circa un anno ne uscì. Laureato in Storia della Filosofia a Bologna. Dopo una crisi interiore si riavvicinò alla pratica religiosa e voleva diventare sacerdote in una congregazione mariana e missionaria. Nel 1987 conobbe il P. Andrea D'Ascanio e diventò membro dell'«Armata Bianca». Nel 1990 si trasferì da Modena a L'Aquila per dedicarsi completamente all' «Armata Bianca» e per ottenere il Baccellierato in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense, in vista della sua futura ordinazione sacerdotale.

Ebbe con la Dott.ssa Alessia Zimei alcuni episodi sentimentali. Anche se formalmente era uno dei candidati dell'«Armata Bianca» al sacerdozio (quando ciò sarebbe stato possibile), in realtà, vi erano delle reciproche perplessità sulla sua vocazione e idoneità. Finalmente, in occasione di una missione a Mosca (autunno 1993), intrapresa di sua iniziativa e per conto dell' «Armata Bianca» (per studiare il russo, asserendo che la conoscenza di questa lingua sarebbe poi tornata utile per l'apostolato nell'Est), decise di lasciare formalmente l' «Armata Bianca» (…)”

A Mosca infatti incontra due suore della Congregazione Pro Deo et Fratribus (ora Famiglia di Maria) che operano a Novosibirsk in Siberia, e va in aereo a trascorrere il periodo natalizio con loro. In breve decide di lasciare definitivamente l’Armata Bianca e si trasferisce in Slovacchia, nella casa di formazione teologica della Pro Deo et Fratribus:

Dalla sentenza di assoluzione:

“Incorporato alla «Pro Deo et Fratibus» in Slovacchia (inizi marzo 1994), vi rimase fino al 13 dicembre 1994, data in cui si trasferì alla sede della «Pro Deo et Fratibus» di Civitella del Tronto (Teramo-I) e dove rimase fino alla sua uscita definitiva (verso la fine di novembre 1996). Presso la «Pro Deo et Fratibus» non vi erano certezze sulla sua ordinazione sacerdotale (…)”

Il suo trasferimento a Civitella del Tronto, casa di probandato, è per lui una profonda umiliazione e ha il timore che in quella struttura difficilmente sarà ordinato sacerdote.

Non pensa minimamente che i superiori abbiano bloccato la sua ordinazione perché non idoneo al sacerdozio; si convince invece che tutto sia stato provocato da una ipotetica cattiva presentazione di Padre Andrea D’Ascanio. Comincia a covare nei suoi confronti un astio che nel tempo diventerà odio feroce che trasmette a tutte le donne alle quali “apre gli occhi”: da estimatrici diventano tenaci accusatrici di Padre Andrea D’Ascanio. Cominciando da Alessia Zimei.

La sua difficile situazione viene conosciuta in casa Zimei, il centro operativo del “pool” contro Padre Andrea D’Ascanio. Una delegazione aquilana va a trovarlo a più riprese nell’estate ’96 a Civitella del Tronto e gli lascia intravedere la possibilità di entrare nel seminario di L’Aquila. Il Vescovo Molinari si dichiara disponibile ad accoglierlo. E’ la soluzione a tutti i suoi problemi.




Il primo successo da "esorcista": la “apertura degli occhi” di Alessia Zimei
Dalla sentenza di assoluzione:

“La Dott.ssa Alessia Zimei è stata battezzata dal padre Andrea D’Ascanio ed ha conservato sempre con lui un rapporto di fiducia e di amicizia (…) Si è inserita nell’Armata Bianca nell’89, in occasione dell’Udienza speciale concessa da S.S. Giovanni Paolo II all’”Armata Bianca” nell’Aula Paolo VI, ma la sua partecipazione è divenuta più intensa poco dopo (…). La collaborazione con l’«Armata Bianca» assunse, senza particolari formalità, carattere “vocazionale” di piena dedizione (in qualche occasione Alessia si firma Alessia di Dio e di Maria”). All’inizio del 1996 il Padre Andrea D’Ascanio invitò Alessia a partecipare ad una missione in Ecuador. Vi fu una dura opposizione familiare (…) Rientrò a L’Aquila dall’Ecuador il 31 ottobre 1996 con l’intento di ritornare nel Paese Latino americano dopo pochi giorni (15 novembre) e continuare la sua missione con l’«Armata Bianca» (…)

La Dott.ssa Alessia Zimei afferma che, prima dal suo rientro dall'Ecuador, «nella famiglia [di lei] avevano avuto contatti con Gabriele Nanni». Inoltre, dice: «arrivai all'aeroporto di Fiumicino. Tornai dall'Ecuador il 31 ottobre 1996, furono a ricevermi i miei fratelli (…). I miei fratelli intravedevano qualche speranza di "recuperarmi", anche se il piano era che io ritornassi in Ecuador circa 20 giorni dopo (…)».

Vi è certezza morale che i fratelli parlarono ad Alessia dell'opportunità di andare a trovare Don Gabriele Nanni, il quale si era precedentemente incontrato con la famiglia ed era nota la sua amicizia con Alessia. Infatti, il giorno successivo, 1° novembre, Alessia chiama Don Gabriele e si danno appuntamento per il 2 novembre e trascorrono l'intera giornata insieme. (…).

Dopo aver passato con lui quasi tutta una giornata nel Seminario in cui questi abitava (“Pro Deo et Fratribus” a Civitella del Tronto TE) il successivo 2 novembre, gli occhi di Alessia si “aprirono” (…)”

Dopo dieci ore di pressione psicologica Gabriele Nanni la convince che Padre Andrea è stata la sua rovina:

Dall’interrogatorio di Alessia Zimei al tribunale ecclesiastico:

Presidente: “Questo racconto quando avvenne?”

Alessia Zimei: “Quel giorno, sempre quel giorno il 2 novembre.”

Presidente: “All’inizio della giornata? Alla fine della giornata?”

Alessia Zimei: “No, alla fine, alla fine, dopo ore che parlavamo, che non ero mai convinta.”

Rientra a L’Aquila a notte inoltrata e assicura i parenti che si distaccherà dall’Armata Bianca. Di fatto uscirà di scena senza neanche consegnare ai responsabili del Movimento alcuni documenti importanti che l’Arcivescovo di Quito le aveva affidato. Porta con sé una lunga lista di accuse contro Padre Andrea D’Ascanio, compilate da Gabriele Nanni, che lei dovrà presentare al Vescovo Molinari.

Questi, il 6 novembre, si reca in casa Zimei e chiede di preparare al più presto una denuncia: l’8 novembre ha in mano la dichiarazione firmata da Alessia Zimei sulla base della quale sarà impiantato il processo ecclesiastico contro Padre Andrea D’Ascanio.




Gabriele Nanni torna a L’Aquila
Il 24 novembre 1996 Alessia Zimei e Annarita Bellisari vanno a prelevarlo a Civitella del Tronto e nel pomeriggio lo accompagnano alla cattedrale dell’Aquila dove Mons. Molinari sta celebrando. Dopo la Messa si presenta in sacrestia e il Vescovo lo accoglie senza esitazione assicurandolo che lo ordinerà sacerdote: “Io ero felicissimo - dichiara nella sua testimonianza al Tribunale Ecclesiastico - il giorno stesso cacciato da una parte, preso dall’altra.”

Gli chiede però di scrivere subito una dichiarazione contro Padre Andrea D’Ascanio e di cercare altri accusatori. Lo fa ospitare in casa Zimei, dove c’è il clima più idoneo per adempiere a questo mandato. (cfr: 2 - La storia di un processo)

Dalla sentenza di assoluzione:

“Lo strumento di detta «apertura degli occhi», Don Gabriele Nanni, lasciò la «Pro Deo et Fratibus» e si trasferì a L'Aquila: «mi sono trovato a L'Aquila senza casa, per cui sono stato ospitato a casa Zimei», (…) Lì si venne a costituire un "pool" per accusare il P. Andrea D'Ascanio, come è stato riconosciuto (…) dai protagonisti in occasione delle loro deposizioni come testi. Casa Zimei fu frequentata, più o meno intensamente, dal Sig. Domenico Pelliccione, dalla Sig.ra Pierina Mirka Manfredi, dalla Dott.ssa Anna Rita Bellisari, ecc.: tutti ex-membri dell' «Armata Bianca». Con la collaborazione di Alessia, dei suoi fratelli e di Don Gabriele Nanni furono redatte alcune accuse e trascritti diversi nastri contenenti interventi orali del P. Andrea.”

Dall’interrogatorio di Alessia Zimei al Tribunale Ecclesiastico:

Presidente: “Lei pensa di aver aiutato Gabriele Nanni a diventare sacerdote?”

Alessia Zimei: “(…) lo mandarono via dalla Pro Deo. Non sapeva dove andare e… io parlai di lui ("lo raccomandai", nella prima versione) a Mons. Molinari.”

Dall’interrogatorio di Annarita Bellisari al Tribunale Ecclesiastico:

“Allora Molinari venne a casa mia (…) e io gliene parlai il 23 novembre e Gabriele fu accettato da Molinari perché era stato in sostanza licenziato dalla Pro Deo la mattina, venne a L’Aquila e fu accolto da Molinari e mandato a casa Zimei”

Dalla sentenza di assoluzione:

“Mons. Molinari, che non lo conosceva ma sapeva di lui tramite Alessia, lo accolse sotto la sua diretta protezione in vista di una non lontana ordinazione sacerdotale: don Gabriele diventò suo autista e suo figlio spirituale (…)”

Perché Don Gabriele Nanni fu cacciato dalla Pro Deo?

Dalla lettera di S.E. Mons. Paolo Hnilica a Padre Andrea D’Ascanio:

“Lui lasciò la comunità perché noi lo abbiamo posto dinanzi ad una scelta: o restare nella nostra comunità missionaria lasciando in pace Padre Andrea – perché crediamo nella tua integrità e nella meravigliosa missione dell’Armata Bianca – oppure di lasciare la nostra comunità.”




Entra immediatamente in azione
Non sono passate 24 ore e il Nanni contatta Mirka Pierina Manfredi di Modena - altra sua antica conoscenza che Padre Andrea D’Ascanio aveva aiutato a terminare gli studi ed a sistemarsi come insegnante - ed è subito pronta la seconda denuncia:

Dall’interrogatorio di Pierina Manfredi al Tribunale Ecclesiastico:

“Ho deciso di scrivere il documento di denuncia quando ho avuto una telefonata di Gabriele Nanni, spiegandomi come Mons. Molinari stava raccogliendo testimonianze per fare luce circa Padre Andrea. L’ho scritto quella stessa sera della telefonata, il 24 novembre 1996. Credo averlo poi spedita a posta ad Alessia Zimei, ma non sono certa.”

Due giorni dopo, il 26 novembre, Nanni presenta la sua prima denuncia contro Padre Andrea a Mons. Molinari ma questi gliene chiede un’altra più consistente e lo sprona ad attivarsi per procurare ancora nuove testimonianze. Prende così corpo la sua seconda denuncia, che il Vescovo trasmette a Roma con un foglietto di presentazione:

Dal verbale di interrogatorio di Gabriele Nanni al Tribunale ecclesiastico:

Presidente: “La seconda denuncia di lei (Nanni) è arrivata il 7 marzo 1997 alla CDF, quindi è di prima di quella data. Mons. Molinari scrive in essa: “Questo testo lo ha fatto Nanni perché glielo ho chiesto io”.”

Nei giorni successivi Gabriele Nanni farà sottoscrivere denunce contro Padre Andrea D’Ascanio ad Anna Rita Bellisari e ad una signora albanese che da poco era giunta in Italia. Alla Congregazione per la Dottrina della Fede hanno materiale sufficiente per attivare il primo processo.




Diacono e sacerdote
Gabriele Nanni, dopo tre mesi di permanenza in casa Zimei e dopo aver presentato al Vescovo le altre denunce richieste, viene inviato presso il Parroco di Sassa (AQ). Due mesi dopo viene ordinato diacono e inserito ufficialmente nella diocesi. Cinque mesi dopo, il 30 agosto 1997, è ordinato sacerdote:

“Diacono”

Con quale spirito si prepara ad essere ordinato Diacono, l’ultimo gradino prima del sacerdozio?

Dalla dichiarazione di Mons. Molinari al Tribunale Ecclesiastico:

“Allora (il 30 marzo 1997 n.d.r.) io ho detto a Don Gabriele “che dici, ti ordino domani oppure aspettiamo”, e lui mi ha detto: “forse se aspettiamo non capiterà più questa occasione”. L’ho ordinato… Dopo Mons. Peressin mi ha detto: “Mi hai tradito, io scriverò a Roma. Io farò annullare questa ordinazione…”.

Ben conscio di ingannare l’Arcivescovo titolare, il 31 marzo 1997 si fa ordinare diacono, con poche ore di preavviso, prendendo al volo questa buona “occasione” che forse “non capiterà più”. Mons. Mario Peressin così commenta questa ordinazione nella lettera da lui inviata al card. Ratzinger il 24 giugno 1997:

“Mi sorgono molte perplessità sull’intenzione e la vera vocazione del Diacono Gabriele Nanni… forse questo Nanni è la chiave per intendere tutte le recenti difficoltà con il P. Andrea e con l’Armata Bianca. Pare che sia proprio lui, il Nanni, a tessere le fila dell’opposizione.”

“Sacerdote”

Con quale spirito si prepara ad essere ordinato Sacerdote? Lo dice lui stesso il 2 marzo 1999 nelle sue dichiarazioni al Tribunale Ecclesiastico:

“Io non volevo farmi ordinare, lo dissi a Mons. Molinari, lui mi chiese più volte di lasciar fare. L’ho fatto in obbedienza a Mons. Molinari e per devozione.”

Sorge il legittimo dubbio sulla validità della ordinazione sacerdotale di Gabriele Nanni, dubbio supportato dal Codice di Diritto Canonico:

Can. 1026:“Chi viene ordinato deve godere della debita libertà; non è assolutamente lecito costringere alcuno, in qualunque modo, per qualunque causa a ricevere gli ordini”.

Gabriele Nanni dichiara che “non voleva”; l’obbedienza alla quale ricorre il Vescovo è una pesante “costrizione” morale. Cosa significa “per devozione”? Devozione a chi?

Can. 1029: ““Siano promossi agli ordini soltanto quelli che (…) sono mossi da retta intenzione”.

L’“intenzione” con la quale Gabriele Nanni è passato alla diocesi dell’Aquila era quella dichiarata ai suoi Superiori della Pro Deo:

“…disse che doveva, in coscienza, andare a L’Aquila per accusare Padre Andrea D’Ascanio perché indemoniato e pericoloso per la Chiesa” (dalla lettera di S.E. Mons. Paolo Hnilica a Padre Andrea D’Ascanio).

Ma, nella sua ultima lettera dalla Slovacchia datata 13 maggio 1994, si era rivolto a padre Andrea D’Ascanio con queste espressioni:

“Ti ringrazio infinitamente… non ho un contraccambio uguale da donarti se non tanta riconoscenza e la mia preghiera quotidiana per te. Con affetto Gabriele”

In base a quali elementi, non avendo avuto più alcun contatto con lui, lo dichiara ora “indemoniato e pericoloso per la Chiesa”?

Don Gabriele Nanni nel cammino sacerdotale che intraprende non è mosso da una “intenzione retta”: pur di salvare se stesso non esita ad uccidere moralmente un sacerdote e a scagliarsi contro un’Opera di Maria accolta da decine di Cardinali e Vescovi e da Sua Santità Giovanni Paolo II che ha concesso a 10.000 piccoli dell’Armata Bianca la più grande udienza, riservata a soli bambini, della storia della Chiesa.




“Canonico” della Cattedrale
Dopo tre anni e mezzo, il 5 febbraio 2001, Mons. Giuseppe Molinari, lo nomina canonico della cattedrale, carica onorifica che si conferisce “solo a sacerdoti che si distinguano per dottrina e integrità di vita e che abbiano esercitato lodevolmente il ministero” (can. 509 del Codice di Diritto Canonico).



“L’Esorcista”
Internet è pieno di siti nei quali si parla di Don Gabriele Nanni come esorcista o, meglio, come formatore di esorcisti.

Chi è l’esorcista? L’esorcista, nella Chiesa cattolica, è il sacerdote che libera dal potere del demonio le persone che ne sono possedute.

Chi è il demonio? La personificazione dell’odio e della menzogna, giacché è l’opposto di Dio che è Amore e Verità. Gesù lo chiama “omicida sin dall’inizio… padre della menzogna” (Gv 8,44)

Il più autentico “posseduto” dal demonio è colui che ha il cuore carico di odio che lo porta a scagliarsi contro il fratello (“chiunque odia il proprio fratello è omicida”- 1Gv 3,15) colpendolo a volte fisicamente, nella maggior parte dei casi con la calunnia che è frutto di menzogna.

Vediamo – in quattro casi testimoniati e giurati – i frutti che Don Gabriele Nanni produce con i suoi “esorcismi”. Il primo è quello effettuato su Alessia Zimei il 2 novembre 1996: dopo dieci ore di scontro (“dopo ore che parlavamo, che non ero mai convinta” dice la Zimei) l’“esorcista” vince la sua battaglia: caccia dal cuore di Alessia l’Amore e lo riempie di odio spietato facendone la più tenace accusatrice di Padre Andrea. Lo stesso farà con le altre testimoni sulle dichiarazioni delle quali sarà impiantato il processo.

1° caso: Alessia Zimei:

Questa “liberazione” lascia disorientati e perplessi quanti, fino a pochi giorni prima, la hanno frequentata durante i mesi di missione in Ecuador.

Dalla dichiarazione di S.Em. Card. Bernardino Echeverria Ruiz, Arcivescovo Emerito di Guayaquil:
“Dichiaro che il 12 novembre 1996 venne a trovarmi Alessia Zimei con il fratello Francesco presso la Casa Generalizia dei Frati Minori a Roma, in Via Santa Maria Mediatrice, 25. Mi disse che voleva accusare Padre Andrea e l’Armata Bianca alla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede e che sarebbe andata dal Card. Sodano. Cercai di dissuaderla, ricordandole quanto aveva lavorato per questo Movimento mariano e l’affetto che aveva sempre dimostrato per Padre Andrea. La trovai irremovibile e mi sembrò strano come in pochi giorni si potesse cambiare in tale maniera e ancor più strano che si rivolgesse al Card. Segretario di Stato che non aveva nulla a che fare con la Congregazione per la Dottrina della Fede. Pochi giorni dopo incontrai Padre Andrea e lo avvertii dell’accaduto. Gli dissi di essere forte perché questa era solo una prova per lui e la sua opera, voluta da Padre Pio da Pietrelcina. Bernardino Card. Echeverria Ruiz, OFM”

Dalla testimonianza giurata di Patricia Puccini de Raad rilasciata all’Arcivescovo di Guayaquil (Ecuador) su richiesta del Presidente del Tribunale Ecclesiastico:

“Para ella Armada Blanca lo era todo, desde pequeña hizo parte del movimiento (…) Yo era feliz de oírla hablar de Armada Blanca y sobre todo me emocionaba ver el profundo respeto y amor con que siempre hablaba del Padre Andrea y de su obra. Lo llamaba “Pa mio” porque me decía que para ella él era como otro padre” (“Per lei l’Armata Bianca era tutto, faceva parte del movimento sin da bambina (…) io ero felice di sentirla parlare dell’Armata Bianca e soprattutto mi emozionava vedere il profondo rispetto e amore con il quale sempre parlava di Padre Andrea e della sua opera. Lo chiamava “Pà mio” perché diceva che per lei era come un altro padre”)

Questa l’ultima lettera che dall’Ecuador Alessia Zimei indirizza a Padre Andrea il 2 ottobre 1996:
“Pà mio carissimo, ti comunico che la riunione di oggi è andata a meraviglia. La lettura del tuo fax è stata una specie di sollievo per ognuno. Tutti sono molto contenti (…) Oggi giocherellando con la calcolatrice ho fatto il conto di quanti bambini ho incontrato sola soletta. Indovina quanti sono? 28.682 (…). Ti abbraccio forte forte come all’aeroporto. Alessia”

2° caso . Mirka Pierina Manfredi

L’effetto di questo secondo esorcisma è immediato, “apre gli occhi” dopo una telefonata con Gabriele Nanni (il 24 novembre 1996), come leggiamo dalla sua denuncia al Tribunale Ecclesiastico:
“Fino a poco tempo fa scrivevo a P. Andrea lettere di gratitudine (…) oggi accuso Padre Andrea di plagio”.

3° caso. Anna Rita Bellisari.

Dalla sua testimonianza al Tribunale Ecclesiastico:
“Il 3 XI Gabriele Nanni, con una telefonata di due ore e mezza, incominciò ad aprirmi gli occhi”

4° caso. Rosa Pelliccione.

Dall’interrogatorio della figlia Maria Gabriella Pelliccione:
“Mio padre l’ha portata (la mamma) subito da Gabriele, tanto da volermici portare anche a me; più volte mi ha ripetuto: “Lella, vieni da Don Gabriele, lui potrà aiutarti ad aprire gli occhi, a capire”. Al mio no mi disse che mia madre c’era già stata e aveva aperto gli occhi…”

Uno stesso fenomeno che si ripete più volte, nelle stesse condizioni, acquista validità scientifica.

Il vero potere esorcistico di don Gabriele Nanni è quello di togliere l’Amore dai cuori delle persone che “esorcizza” e riempirli di odio; di togliere dalla loro mente la Verità e mettervi la menzogna.

Queste testimonianze sono state considerate false ed inattendibili dai Giudici che hanno assolto Padre Andrea D’Ascanio.




Il vero volto di Gabriele Nanni
Dalla sentenza di assoluzione:

“Sul carattere, i sentimenti più intimi e profondi di Don Gabriele Nanni vi è un suo documento manoscritto, inviato al P. Andrea D'Ascanio quando Don Gabriele era ancora nell' «Armata Bianca» (2 settembre 1992, atto del processo. n.116. allegato). (…) Don Gabriele Nanni dice di se stesso (i commenti sono superflui)”

“Autodenuncia"
Desidero, nel profondo, affermare me stesso: esercitando un potere sottile, fascinoso, sulle persone e creare una dipendenza; raggiungendo un potere istituzionale atto a modificare e a strutturare a mio piacimento realtà quanto più grandi possibili.

Desidero essere amato, avere un posto nel cuore degli altri, possibilmente il primo. Siccome non mi è mai piaciuta la violenza e il plagio perché non determinano una venerazione sincera o vera cerco il modo di ottenere tutto questo facendomi amare per quello che sono: ovviamente occorre essere il più perfetto possibile: l’imposizione di questa “realtà” dovrebbe convincere gli altri in modo evidente, di per sé. Questa perfezione dell’essere di per sé esclude ovviamente un percorso, una maturazione, perché l’essere è.

Se un tempo pensavo che ciò che domina il tutto è l'unica attività sintetica, cioè la filosofia, ho poi scoperto che lo spirito, specie se unito all’Unico e Vero è assai più potente. Ho intrapreso allora un cammino per potere entrare e conoscerne i segreti, per poter potenziare me stesso e poter esercitare quell'attività di sintesi della realtà e di governo di essa.

Dio può essere un rivale, anzi un aiuto, tanto rimane in disparte. Il mio cruccio è dato dal non ottenere poteri straordinari da Dio.

Nel quotidiano il cruccio, ovviamente, è quando ciò che faccio non mi sembra corrispondere ad una dignità più alta. Tutto faccio perché spero che in futuro le cose cambieranno. (…)

Quello che cerco non è la carica ecclesiastica (se arriva,ben venga) quanto una carica di spirito tale da poter esercitare un potere sconfinato. Sarei disonesto se tacessi anche un vero, se pur raro, desiderio di purificazione. Ma poi prevale il desiderio di purificazione fatta da solo, o da Dio, per il mero desiderio di essere quale vorrei, per me stesso.

Come ho detto, non mi interessa impormi agli altri con la menzogna o i camuffamenti. Agogno ad essere perfetto per essere il dio per gli altri (Dio è così grande che spero mi lasci un po' di spazio).

Delirio? Con un esame di realtà la risposta è affermativa. Ma io so che, paradossalmente, con lo spirito non vi sono limiti, confini, ostacoli e tutto è possibile. Penso che questo sia demoniaco. Una coscienza di cosa è il demonio ce l'ho chiara perché pensiamo le stesse cose, illudendoci con noi stessi di operare per il meglio, meglio di Dio oppure lui nonostante.

E’ il momento di chiedermi e dichiarare da che parte stare. So perfettamente che non c’è una via di mezzo e che questi desideri mi brucerebbero in qualsiasi situazione.

Se non scegliessi Dio non sopporterei l’inerzia e la mediocrità. D’altronde è come avere un’arma senza impugnatura. Qualora la trovassi o mi fosse data partirei all'attacco e, sono certo, se non al servizio di Dio sarebbe contro Dio, in una insopprimibile, insopportabile spinta ad esercitare il potere. (…)

La sintesi è che la mia non è una "santa vocazione"; il mio desiderio non è di servire Dio ma me stesso

Gabriele.”

Dalla sentenza di assoluzione:

“Questa «autodenuncia» (che potrebbe essere servita per una profonda conversione) è importante e non sembra aver perso attualità, considerato il modo di comportarsi di Don Gabriele Nanni in questa causa”.

Profilo di Gabriele Nanni fatto da uno psicologo.

Dalla lettera scritta dal dott. Andrea Alfonsi, psicologo, a Padre Andrea D'Ascanio, agli atti del processo ecclesiastico:

"Caro Padre Andrea…

Sento il dovere di esprimerle un parere credo assai oggettivo circa le persone di Gabriele Nanni, Alessia Zimei, Annarita Bellisari.

Sono persone - in particolare Gabriele - che come lei ben sa ho avuto modo di conoscere a fondo, frequentandole continuamente (nel caso di Gabriele, vivendo con lui nella stessa casa) e condividendo con loro tutte le difficoltà (ma anche le gioie!) che la vita all'Aquila ci presentava di giorno in giorno.

Il senso di questa mia lettera è molto semplice e lo esprimo con una frase, forse un po' amara ma credo chiara al punto giusto e per niente esagerata: "non mi stupisce affatto che persone come Gabriele, Alessia e Anna Rita abbiano potuto, incuranti di ogni verità e dimentichi di ogni buon affetto che le legava a lei, riversare su di lei un odio violento ed assolutamente ingiustificato". Forse questo a lei può tornare un po' nuovo....

Ricordo a questo proposito una delle prime frasi dette a me da Gabriele sul suo conto: "Padre Andrea ha più doni di Gesù Cristo!". E ancora "Padre Andrea non ha una personalità definibile, è impossibile inquadrarlo secondo criteri umani".

A sproloqui di questo genere si alternavano - anche nel corso di una singola giornata - le più basse e violente accuse nei suoi confronti che emergevano ogni qual volta si infrangeva un suo (di Gabriele) sogno di grandezza. I miraggi di Gabriele trovavano una parvenza di realtà nella sua adesione ad una persona come lei sulla quale - secondo Gabriele - Dio in Prima Persona si stava giocando il destino del mondo.

La sua aspirazione al sacerdozio non ben si conciliava con l'atteggiamento che aveva nei confronti della vita stessa dalla quale si aspettava ogni riconoscenza.... Né le sue aspirazioni si fermavano al sacerdozio! Lui aspirava sicuramente all'Episcopato, diceva lui: "Per avere la pienezza del Sacramento"; correggo io: "per avere la pienezza di sé"…

La sua adesione all'Armata Bianca era una narcisistica adesione (perdoni il tecnicismo psicologico) a quel Padre Andrea che doveva essere il suo trampolino di lancio… Lui voleva Vescovi amici e potenti, doni dall'Alto, potere e gloria.

Povero Gabriele dai sogni infranti, povero eterno adolescente innamorato di sé fino al punto di ingannarsi sulle motivazioni del suo agire. E' quello che sta facendo ora rivestendo di zelo per la verità la sua crudele vendetta verso colui che non è stato all'altezza dei suoi insaziabili desideri, non ne è stato l'artefice e neppure il tacito e consenziente collaboratore.

Lo andai a trovare in visita nella casa di formazione a Civitella, dove si rifugiò, scappando da L'Aquila: diceva di starci benissimo mentre invece "scoppiava" e si contorceva ancora di più nel suo groviglio di passioni. Ora si trova nella condizione miserrima di chi imposta la sua vita sulla menzogna, una menzogna che non risparmia neppure se stesso.

Questo è Gabriele: una miscela esplosiva di immaturità, squilibrio, ambizioni grandiose, risentimenti ed odi covati e alimentati, passioni sregolate."

Profilo di una sua ex compagna di studi:

“Riguardo Gabriele Nanni ho notato ciò: passa da momenti di sincera ricerca di Dio e delle cose di Dio, a momenti di confusa ricerca di se stesso e della propria realizzazione.

In diverse occasioni, quando si è trattato di far morire il proprio io, ha cercato di distruggere chi gli si opponeva piuttosto che se stesso.

Esercita un grande fascino nel campo femminile, ma soprattutto ama vedere che c’è chi subisce questo fascino. Passa da momenti di stima verso una persona fino a cercarla frequentemente a momenti di rigetto della sua presenza, fino a calpestarla moralmente e, se fosse possibile, anche fisicamente. Ho sperimentato ciò a mie spese…” (Testimonianza di Paola Cirillo, Modena)



L’“esorcista” continua nella sua azione di diffamazione
E’ proprio vero quello che disse l’Arcivescovo Mons.Mario Peressin a Mons. Piero Vergari: “Gabriele Nanni ha fatto scopo della sua vita distruggere Padre Andrea e l’Armata Bianca”.

Dopo 13 anni Don Gabriele Nanni continua la sua azione diffamatoria in qualunque parte del mondo lo porti la sua “carriera” di esorcista, con menzogne sempre più grandi, con calunnie sempre più pesanti. L’odio è duro a morire e si rafforza nel tempo.

Ma l’odio non è compatibile con il Sacerdozio.

Il Comitato Internazionale pro Padre Andrea D’Ascanio consiglia a Don Gabriele Nanni di ripensare seriamente alla sua ordinazione sacerdotale che “non voleva” e che non ha ricevuto con “intenzione retta”.

Il Comitato Internazionale pro Padre Andrea D’Ascanio si propone di rivelare al mondo l’altro volto della giustizia ecclesiale.
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MA PERCHE' HANNO ARCHITETTATO QUESTO IGNOBILE COMPLOTTO PER COLPIRE PADRE ANDREA D'ASCANIO ED IL MOVIMENTO ECCLESIALE DELL'ARMATA BIANCA?
ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/12/29/ora-bambini-mai-nati-hanno...

E ORA I BAMBINI MAI NATI HANNO IL LORO MONUMENTO

Repubblica — 29 dicembre 1991 pagina 17 sezione: CRONACA

L' AQUILA - Nevica fitto sulla prima tomba dei bambini mai nati. Monumenti ce ne sono già altri nel mondo, ma una tomba collettiva, un sacrario, una sorta di fossa comune no: questa, fra le montagne innevate dell' Aquila, è la prima. E' schierata al gran completo l' Armata Bianca. Cantano i bambini dell' asilo mentre un prete in giacca a vento e fisarmonica dirige il coro; alza il braccio a benedire tuonando contro "il massacro" l' arcivescovo metropolita; si indigna, si accalora e avrebbe "quasi voglia di gettarsi in ginocchio di fronte a questo tragico incantesimo" il regista famoso. Tutti stringono in mano un garofano bianco; un bambino si confonde e scoppia in lacrime quando, alto e torreggiante, il vescovo lo invita a deporre il suo fiore sulla tomba "dei fratellini mai nati". La cerimonia comincia alle undici e mezzo nel cimitero centrale dell' Aquila, ma il concentramento di fedeli e di bambini guidati da mamme e da suore avviene con anticipo solerte. Il giorno non è scelto a caso: il 28 dicembre la chiesa commemora la strage degli innocenti, il sangue versato da Erode. Di fronte al cancello del camposanto, accanto alla duplice iscrizione che ricorda "memorie e lagrime", "preghiere e speranze", i bambini della scuola materna di Paganica provano un' ultima volta il loro coro, ognuno suonando la sua clavietta, una sorta di piccolo pianoforte a fiato. Ai canti si alternano le preci: Angelo di Dio che sei il mio custode. Fa molto freddo. "Mettetevi a semicerchio, che sta per arrivare la madonnina", dispone padre Quirino Salomone, francescano in tonaca con macchina fotografica a tracolla. "Gesù mio, preservaci dal fuoco dell' inferno". Arriva, chiuso nel suo saio, scalzo nella neve, la lunga barba grigia al vento, padre Andrea D' Ascanio, cappuccino di Santa Chiara, a capo del "Movimento per la vita aquilano, Armata Bianca", colui che più di ogni altro si è battuto per questa tomba comune, per questo monumento. "Abbiamo raccolto le firme, abbiamo sensibilizzato la gente, abbiamo ottenuto il permesso per la sepoltura, per dare a queste piccole vittime del nostro egoismo un minimo di rispetto: un posticino nella terra dei morti, visto che non li abbiamo ammessi in quella dei vivi", spiega. E' dall' 89, precisa, che va recuperando feti all' ospedale cittadino, finora una quarantina. Ogni mese circa, qui al cimitero, tiene piccole funzioni funebri, in attesa di potere finalmente disporre di una tomba comune. ' Una polemica inutile' "L' uso che si fa di questi corpicini è agghiacciante: buttati nelle discariche, bruciati negli inceneritori, surgelati nei containers, usati dalle fabbriche di cosmetici... non licet!" Sì, informa cortese, è la prima tomba collettiva di questo genere al mondo: "Monumenti ce n' è uno ad Ascoli Piceno, e so che negli Stati Uniti hanno dato sepoltura ad alcuni feti, ma fu una cosa episodica, e non così solenne". E solenne è davvero l' insolito rito. L' arcivescovo dell' Aquila monsignor Mario Peressin, grande, autorevole, guida la processione, circa 200 persone, verso il sacrario. Una croce di madreperla con l' effigie della Madonna gli scintilla sul petto. "Il nostro è un atto d' amore verso Dio - sussurra - una protesta verso un gesto esecrando, anche legalizzato, che si va compiendo in tante parti del mondo. Sia lodato Gesù Cristo". E allunga il passo. Non mostra imbarazzo, stretto dai giornalisti, il sindaco dell' Aquila Enzo Lombardi, democristiano, a capo di una giunta Dc-Psi: "Si sta sollevando una polemica inutile e vergognosa, che denota scarsa civiltà, imbarbarimento, mancanza di rispetto verso le idee altrui. Che problema c' è? Non vedo perché avrei dovuto dare il mio diniego". E allunga il passo anche lui. Ma quello non è Zeffirelli? Ragazzini e mamme si danno di gomito. "Ho letto stamattina la notizia sui giornali e sono corso qui - dirà dopo la cerimonia il regista - Avete avuto un' idea stupenda. In ogni cimitero d' ora in poi dovrà esserci una tomba che accolga questi bambini". Svetta sulla processione una portantina con sopra una statua velata e traballante. La statua viene finalmente sistemata su un basamento che è un' antica macina di mulino. Quando, fra canti e preghiere, viene fatto cadere il lenzuolo, compare una Madonna bianca e gessosa senza volto, che stringe al seno cinque bambini appena abbozzati, anche loro senza volto, senza forma. Alle spalle un muro a semicerchio, su cui è scolpita una carta geografica dei due emisferi ed è scalpellata una dedica: "Ai 50 milioni di bimbi che ogni anno nel mondo vengono uccisi dall' aborto". Il vento fa rotolare a terra i vasi di stelle di natale, l' erba si ghiaccia sotto le scarpe. Parlano le autorità. Per l' arcivescovo "questo è un atto di riparazione verso il crimine più orrendo che un uomo possa compiere: sopprimere una creatura che non si può difendere". Legge un salmo, con un ramo d' ulivo asperge d' acqua benedetta la statua, canta il "Salve Regina" in latino. La parola a Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, venuto a definire questo monumento "un monumento scomodo", e a lanciare un appello affinché "le madri non vengano troppo colpevolizzate, quasi sempre, infatti, i veri responsabili di un aborto sono i padri, sono gli uomini". Parla un prelato arrivato dalla Romania, padre Justin. Parla il sindaco: "Credo che abbiamo fatto bene a essere presenti, sbaglia chi è assente". Sventola contro il cielo opaco il grande vessillo dell' Armata Bianca, riproduzione policroma dell' Annunciazione del Beato Angelico. L' ha dipinta a mano la scultrice che ha realizzato la statua della Madonna, "Una statua che ho fatto con molta sofferenza ma anche con infinito amore", dichiara commossa al microfono Magda Matteucci, una donna tutta in grigio arrivata da Modena. Parla per ultimo padre Andrea, il cappuccino, e il suo discorso, distribuito in copia alla stampa, è tutto un grazie: "Grazie papà del cielo perché ci hai donato la vita. Grazie signor sindaco perché hai avuto pietà di noi. Grazie operatori sanitari per averci permesso di trovare qui finalmente un lembo di dignità. Grazie fratelli giornalisti: non strumentalizzateci. Grazie, piccoli fratellini del coro, cantate, cantate sempre la gioia e la vita. Per noi oggi è festa grande: essere ignorati e disprezzati è peggio che essere uccisi". Zeffirelli definisce il monumento "di una bellezza impressionante", confessa che questo è per lui "il giorno più bello degli ultimi anni", e che prova "la stessa emozione e lo stesso desiderio di cadere in ginocchio" che provò ad Auschwitz; infine consegna a una bambinetta in montgomery verde il suo fascio di garofani da deporre sulle dieci piccole croci bianche allineate in terra accanto alla statua. L' ultima fotografia Ancora canti, ancora salmi e preghiere, battimani, sventolare di bandierine, qualche timida richiesta di autografo a Zeffirelli - "maestro, maestro!" - che si concede sul piazzale del cimitero per un' ultima foto ricordo prima di sparire su una Mercedes 300 grigio metallizzato. Nessuna contestazione ai cancelli, nessuna voce contro. Soltanto, nel pomeriggio, un documento delle donne aquilane Cgil, Uil, Pds, Psi, Rifondazione, un comunicato un po' fiacco per la verità, improntato più all' incredulità che allo sdegno: "Non potevamo immaginare che a qualcuno venisse in mente di erigere un monumento al bambino mai nato, in un cimitero pubblico, ricordando la strage degli innocenti di Erode... E' un episodio di tale violenza da lasciarci esterrefatte". -
dal nostro inviato LAURA LAURENZI


E' UN ATTO DI VIOLENZA INAUDITA MASSACRARE IL FIGLIO CHE SI PORTA IN GREMBO!
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Caro Actarus-70,

Era sufficiente un tuo commento scritto, evitando di riportare dei copia/incolla che difficilmente legge qualcuno.

Questa discussione che ha come tema i feti abortiti, è una denuncia agghiacciante sul fatto che oltre a praticare l'aborto, alcuni "centri organizzati" fanno un uso commerciale dei feti.

L'argomento tocca aspetti spaventosi dove si comprende quanto poco rispetto c'è per la vita umana.

Questi fenomeni criminali si combattono con la denuncia, l'informazione e la cultura.
[SM=g2093951]



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forse mi sfugge qualche cosa ..... [SM=g27995]

l'aborto è in vigore in parecchie nazioni occidentali ,dunque è più che legale .

se è legale vuol dire che il parlamento o vari sistemi democratici l'hanno avallata ,su richiesta del popolo.

non capisco questo assurdo attacco all'aborto ,
se uno è contrario non lo fa ,ma non va ad interferire altri che lo desiderano fare

vi scrivo questo ,perche nel sud degli USA vi è una forte organizzazione anti abortista che arriva anche ad uccidere i medici che la praticano negli ospedali federali .

mi sembra paranoico un atteggiamento del genere ,non vogliono che si applichi l'aborto ,perchè è un assassinio ...e poi uccidono un individuo per questo ....

non c'è logicità....

lo so il mondo è pieno di illogicità ...
e questo è una dei tanti ....

cmq,diciamo tutti che dobbiamo lasciare che l'uomo sia libero ,ma poi quando non fa quello che dovrebbe fare secondo il nostro credo ,siamo pronti a toglierli subito la libertà ,dicendo che non è in grado di capire il problema e dunque deve delegare chi è preposto a questo ...

un caso per tutti

5 anni fa ,in Baviera ,i verdi volevano che si votasse contro lo stanziamento delle centrali atomiche ,dopo le elezioni ,logicamente perse ,hanno detto che era un tema dove non bisognava mandare il popolo a votare ,ma risolverlo politicamente in parlamento ...

questo è l'indole umana ....
prevalicare con ogni mezzo sull'altro ....

forse se ci facessimo meno paturnie ,divertendoci di più ,magari facendo più sesso ...sicuramente non penseremmo a tutte queste cose ...
la vita è breve ,come dicevano i nostri avi ,ogni lasciata è persa ..

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quoto in tutto il tuo pensiero però è ovvio che chi pensa all'aborto come ad un omicidio ovvio che non può restare indifferente a questa azione (parli di credo e su questo non posso essere d'accordo)

però dal tuo post comunichi questo "iniziamo a fregarcene di tutto e di tutti" ed anche se non nego che sarebbe bello, ci sono persone che non riescono a chiudere gli occhi, orecchie e bocca davanti a certe cose e aggiungo PER FORTUNA altrimenti non esisterebbero leggi a salvaguardare le persone, le famiglie, le donne, i bambini....

quindi ti quoto e aggiungo, sarebbe bello essere egoisti e magari vivere più sereni.... ma chi ha una coscienza?



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04/10/2010 09:22
 
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Non discuto su chi voglia decidere di abortire. E' una decisione che, in certi casi, può essere motivata da situazioni di salute o di casi deilicati e controversi.

Il punto in questione, come dice il tema di questa discussione, è la commercializzazione dei feti.

Rimango sconcertato dall'uso che viene fatto sui feti abortiti.

Sono queste le cose che vanno denuciate, cioè, la speculazione indiscrimata dei feti per trarre guadagni, senza tenere conto del rispetto per la vita.

Pino


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