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LA TURCHIA IN EUROPA ?

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2009 22:20
10/06/2009 20:39
 
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Pro e contro l'ingresso della Turkia nella Comunita' europea.
LA TURCHIA IN EUROPA ? DI FRANCO CARDINI

 È un paese europeo, la Turchia? È plausibile annetterla pertanto nel novero degli aderenti all’Unione Europea? La questione si organizza a tre differenti livelli: etnografico, storico e politico.

Esaminiamoli brevemente, con una necessaria premessa. La premessa è questa: noi europei ci siamo incamminati sulla via della costruzione di un nuovo soggetto storico e giuridico.

Tale soggetto è la costruzione, entro tempi che saranno forse anche molto lunghi, di una nuova Grande Patria Comune, che non annullerà le identità precedenti ma che dovrà anzi esaltarle e sintetizzarle. Non c’è dubbio che, nella storia del nostro continente, siano evidenti le linee di una «comunità di destino», ben visibili fin dalle profonde radici cristiane dell’Europa medievale e modernamente avvertita da Grotius a Kant, da Napoleone ad Adenauer e oltre.

Ma è non meno indubbio che nella storia non esiste nessun cammino necessariamente, determinatamente segnato. L’Europa non si sta unendo e non si unirà perché così è scritto da qualche parte, ma perché lo hanno voluto e lo stanno volendo gli europei. E, lungo il suo processo di unificazione, riscriverà di continuo la storia della sua coscienza identitaria, ridiscuterà di continuo i suoi confini. Essa è frutto di volontà: non si è mai nazione, se non nella misura in cui si vuole esserlo.

Dopo tale premessa, ecco i tre livelli del discorso che ha come oggetto la Turchia. A livello etnografico, i tradizionali confini d’Europa oscillano tra il Caucaso, come voleva Erodono, e il Bosforo, come li indicava la prevalente tradizione antica e medievale. Erano i confini di una delle tre parti del mondo, dette «continenti», in cui i greci e i romani vedevano distinto l’insieme delle terre emerse e abitate, l’ecumène. Era questa una visione culturale e convenzionale, non obiettiva. Altre culture –come l’araba e la cinese- consideravano l’ecumène distinta non già in «continenti», bensì in fasce climatiche: distinzione altrettanto plausibile.

È evidente che noi europei non stiamo costruendo un processo politico di unificazione per verificare e attualizzare un’antica convenzione geografica. È non meno evidente tuttavia che fino al XIV secolo un popolo uvaloaltaico, i turchi appunto, si sono insediati nel margine di sudest del continente europeo, dai Balcani alla regione che gli antichi chiamavano Tracia, costituendo la cosiddetta Turchia europea. Del resto, in Europa sono già presenti altri gruppi uvaloaltaici linguisticamente e culturalmente parlando affini ai turchi: i finlandesi e gli ungheresi.

A livello storico, la nostra Europa si riconosceva sostanzialmente, fino a pochi mesi fa, nei confini tradizionali determinati storicamente dall’espansione medievale della Chiesa latina: erano –grosso modo, e con la quasi-eccezione della Grecia- i confini della «Cristianità europea» cattolica e riformata e del vecchio Sacro Romano Impero. Era ancora l’Europa di Kant e del Congresso di Vienna, che dal Quattro-Cinquecento conosceva un preciso limite orientale sudorientale costituito dai confini dei due imperi a diverso titolo successori ed eredi di quello bizantino: il turco ottomano e il russo czarista.

Ma l’estensione dell’Europa «dei venticinque» ha definitivamente superato questi confini, obbligandoci a ridefinire in modo rivoluzionario la nostra coscienza identitaria: oggi, come giustamente ha osservato il Santo Padre, l’Europa ha «due polmoni»: uno occidentale, di radice religiosa controprotestante ed etnica latino-celto-germanica, e uno orientale, cioè di radice ortodossa e greco-illirico-slava, con in più una non trascurabile componente musulmana (già balcanica prima che turca: a parte che “l’Islam europeo” dei convertiti e dei neocittadini).

Oltre a ciò, la Turchia ha nella sua storia un profondo e articolato rapporto con l’Europa. Un rapporto fatto di guerra e d’inimicizia, certo. Mai però assoluto e totalizzante. Le guerre non sono mai state estranee al continente europeo: se la loro memoria storica fosse un fattore in grado di ostacolare il processo d’unificazione, tanto varrebbe non provarci neppure.

Per secoli inglesi e francesi, spagnoli e inglesi, francesi e spagnoli, tedeschi e francesi si sono odiati e combattuti. Quanto alla Turchia, per circa quattro secoli (dal XV al XVIII) essa si è opposta non tanto all’Europa quanto al Sacro Romano Impero nei Balcani, a Venezia nell’Adriatico e nell’Egeo, alla Spagna sul Mediterraneo. Va da sé che, in tempi nei quali il «processo di laicizzazione» era già avviato ma non così perentorio come in seguito, questi episodi militari assumessero una forte connotazione religiosa. Tuttavia non divennero mai «guerre di religione» alla stregua di quelle combattute tra cattolici e ugonotti nella Francia del Cinquecento e fra cattolici e protestanti nell’Europa della «guerra dei Trent’anni». L’Europa cristiana non combatteva la Turchia per convertirla: né viceversa. E, del resto, la cristianissima Francia e Inghilterra furono costantemente alleate del sultano contro Spagna e impero.


D’altronde, l’impero turco ottomano aveva per l’Europa un forte interesse culturale, soprattutto teologico, che fece cominciare per tempo fra Balcani e Anatolia, e soprattutto a Istanbul, un processo di europeizzazione che si tradusse in un forte afflusso di tecnici, di diplomatici, di capitali. Anche sotto il profilo giuridico l’impero, pur senza rinunziare al suo connotato islamico, guardava all’Europa. Il più grande sultano del Cinquecento, quel Solimano che noi conosciamo come «il Magnifico», è conosciuto nei paesi musulmani come «al-Kanuni», cioè come il restauratore di Kanun. Ch’altro non è se non il Canon, la legge imperiale giustinianea, sia pur con gli adattamenti musulmani del caso. È da queste radici profonde che ha preso l’avvio la riforma occidentalizzatrice ed europeizzatrice di Mustafà Kemel Atatürk, che ha espunto l’Islam dalla vita pubblica e istituzionale turca con una decisione e un rigore paragonabili a quelli che la Francia della Terza Repubblica o il Messico del primo Novecento hanno usato nei confronti della Chiesa cattolica.

Ma l’Islam, che manca d’istituzioni ecclesiali, ha potuto opporre un’ancor minore resistenza; per quanto non manchino oggi, com’era logico prevedere, forti contraccolpi fondamentalisti. Quanto abbiamo detto è, ci pare, sufficiente a permetterci di concludere che le preclusioni nei confronti dell’ingresso della Turchia nell’Unione Europea fondata su ragioni contrabbandate come storico-religiose o storico-culturali sono inconsistenti, ridicole e inammissibili. Il problema, come si vede, va ben al di là della più semplice e ovvia obiezione che l’Europa non è un «club cristiano» e che nell’Unione vi sono già in gran numero cittadini musulmani. Resta il problema politico. Esso è da considerarsi a due livelli: i diritti umani e i rapporti della Turchia con potenze extraeuropee. Non si tratta di nodi inestricabili: certo però ci vorrà tempo per scioglierli. I diritti umani riguardano delicati problemi connessi con la legislazione penale e la prassi poliziesca e carceraria, ma anche il trattamento delle minoranze etniche: non si può far la politica dello struzzo nei confronti della questione curda. Esiste poi il problema relativo ai rapporti diplomatici, economico-finanziari e militari fra Turchia e Stati Uniti d’America.

Essi sono, allo stato attuale delle cose, tanto stretti da far capire molto bene che le insistenze dell’attuale governo statunitense affinchè l’ingresso della Turchia nell’Unione sia facilitato e accelerato il più possibile sono motivate da una volontà di stringere al massimo il controllo statunitense sull’Unione. Ciò è del tutto comprensibile: in politica nessun altro, neppure al migliore alleato. È ovvio che gli U.S.A. non vedano di buon occhio la crescita politica dell’Unione Europea da essi davvero indipendente e cerchino di ostacolarla. Se hanno fatto e continuano a fare la guerra all’euro, figurarsi se non la faranno alle prospettive d’un’Europa che possa in futuro condurre una sua politica estera e pensare autonomamente da essi alla propria difesa.

Ma, a questo livello e in quest’ordine di problemi, è non meno legittimo e comprensibile che gli europei si provvedano per quanto ciò è possibile di quelle garanzie atte a evitare che la Turchia funga da «cavallo di Troia» di Washington all’interno dell’Unione. Precauzioni queste, peraltro, sacrosante ma che nascono già compromesse o addirittura velleitarie.

In termini di autonomia, la vita dell’Unione è ohimè già compromessa sul nascere. Date un’occhiata al Progetto di trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa adottato per consenso della Convenzione europea il 13 giugno e il 10 luglio 2003 e trasmesso al Presidente del Consiglio Europeo a Roma il 18 successivo.

L’edizione italiana è curata a Lussemburgo nel medesimo 2003. si tratta del progetto del trattato per la Costituzione trasmesso alla riunione del Consiglio europeo a Salonicco il 20 giugno 2003. a prescindere dall’errata traduzione d’un passo di Tucidide (p. 5), che gli fa dire il contrario di quello che dice e della pietosa inconsistenza del Preambolo, se andate alla Parte I, Titolo V (Esercizio delle competenze dell’Unione), Capo II (Disposizioni particolari), Articolo 40 (Disposizioni particolari relative all’attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune) Comma 2, pagina 38, vi rendete conto che la politica di difesa comune dell’Unione viene collegata e subordinata ai rapporti con la NATO, cioè con un’organizzazione politico-militare in parte extraeuropea e gli Alti Comandi della quale sono gestiti da una potenza extraeuropea.

Se ponete questo dato testuale di fatto con il parallelismo fra l’ingresso dei nuovi stati euro-orientali nell’Unione Europea e della NATO e con le dichiarazioni dei consiglieri politici del Presidente Bush, secondo i quali il ruolo che la NATO sarà chiamata ad assumere nel futuro sarà sempre più politico, nonché –per l’Italia- con il dettato del trattato di pace, che istituisce l’extraterritorialità delle basi statunitensi sul territorio metropolitano italiano, vi renderete conto che l’articolo 40 del Progetto di Trattato corrisponde a una vera e propria «Dichiarazione di Dipendenza».

Come vedete, ce n’è di lavoro da fare prima di veder nascere un’autentica Libera Patria Comune.
[Modificato da @nounou@ 10/06/2009 21:01]
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10/06/2009 21:03
 
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Nevio, ho dato un pò di a capo per facilitare la lettura.

[SM=g1660863]






Nounou
*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*
Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce.
Blaise Pascal


10/06/2009 21:41
 
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La Turchia in Europa fortemente voluta dagli Usa e non da Francia e Germania. Motivazioni storiche, economiche e politiche si uniscono pro e contro per integrazione nell'UE.

Le recenti posizioni di Obama a favore dell’ingresso repentino della Turchia nell’UE contrastano enormemente con le sue posizioni filo-armene espresse durante la campagna elettorale
A volte, le resistenze sono dovute alle “opportunità diplomatiche”, agli interessi economici, alla geopolitica.Le ultime vicende di politica estera, che vedono protagonista il presidente degli USA, Barak Obama, offrono lo spunto a ripercorrere le tappe della memoria storica che tende da quasi 100 anni a cancellare il genocidio armeno.

Le recenti posizioni di Obama a favore dell’ingresso repentino della Turchia nell’Unione Europea, senza che Ankara faccia i conti con la sua storia, senza che continui nel negazionismo sul genocidio armeno (purtroppo in linea con la precedente amministrazione Bush jr.), contrastano enormemente con le sue posizioni filo-armene espresse, invece, durante la campagna elettorale per le presidenziali.
Da un anno e mezzo, gli Stati Uniti (Risoluzione H106 della Commissione esteri del Congresso) hanno riconosciuto formalmente che oltre alla Shoah degli ebrei, allo sterminio dei 6 milioni di “figli di Israele” da parte dei nazi-fascisti, c’è stato anche un altro genocidio: quello del popolo cristiano armeno, tra il 1915 e il 1916, ad opera dei turchi, mentre in Europa infuriava la Prima guerra mondiale. In termini percentuali, quello armeno fu uno sterminio ancora più tragico, se si possono fare raffronti in questo orrendo conteggio:1,5 milioni di morti su meno di 2 milioni di persone.L’Unione Europea aveva riconosciuto a sua volta nel 1999 questo genocidio del popolo armeno e nel 2000 lo stesso ha fatto il Parlamento italiano. E così, da qualche anno, anche nel nostro paese si commemora quest’altra Shoah il 24 aprile, seppure non in forma ufficiale.
Ma non ancora per tutta l’Europa, dove appunto la comunità armena ha trovato scampo nella sua “diaspora” di inizio Novecento. Nonostante queste prese d’atto, però, gli Stati Uniti, anche con la nuova presidenza Obama, ritardano a riconoscere sia in Congresso e sia come “atto presidenziale” il genocidio armeno come “fatto storico” incontrovertibile.Il 24 aprile del 1915, il governo turco fece arrestare e decapitare circa 600 fra le personalità di spicco della comunità armena di Costantinopoli, la moderna Istanbul: medici, avvocati, deputati, scrittori, prelati, poeti, insomma il “cervello” del popolo armeno, mal visto più che per la loro religione, per la propria indipendenza culturale e politica e l’influenza socio-economica.
Lo sterminio, però, era iniziato già alcuni anni addietro, durante l’ultimo periodo dell’Impero ottomano. Tra il 1894 e il 1896, Abdul Hamid, soprannominato il “sultano rosso”, aveva già ucciso 300 mila armeni. Da allora in poi, ci fu una serie di massacri durata per 30 anni (nel 1909 c’è un'atroce prova generale con lo sterminio di 30 mila armeni della Cilicia), durante la costruzione della moderna repubblica turca ad opera del movimento dei “Giovani turchi”, guidato da “padre della patria” Kemal Ataturk. Il Metz Yeghern, cioè il “Grande Male”, come lo definiscono gli armeni, è proseguito fino al 1923. Allo scoppio della Prima guerra mondiale, nel 1914, la Turchia, alleata dei tedeschi e degli austro-ungarici, subisce una disfatta sul fronte caucasico, dove gli armeni, che conoscono meglio il territorio, sono in maggioranza. In seguito, però, i soldati armeni arruolati nell'esercito ottomano, ritenuti possibili traditori e collaborazionisti con la nuova Repubblica sovietica di cui fa parte la neonata Repubblica di Armenia, vengono disarmati e sottoposti a immani fatiche, fino a stremarli, per poi fucilarli in gruppi di 100. Alla fine della guerra non ci saranno più armeni nella parte turca del Caucaso!
Fu, stando agli studi più recenti degli storici, una specie di “prova generale” delle tecniche di sterminio poi attuate dai nazisti, cui si ispirò lo stesso Hitler, come lui stesso sostenne. Non a caso, in Turchia allora erano presenti massicciamente ufficiali prussiani come consiglieri delle forze armate ottomane, in quanto alleati storici di Istanbul.I pochi che riuscirono a scampare alle "marce della morte" nel deserto siriano, agli stupri, alle torture quotidiane, si rifugiarono prima nel Libano e a Venezia, poi in Francia e quindi negli Stati Uniti, dando vita ad una diaspora che ancora dura tutt’oggi (sarebbero 8 milioni gli esuli nel mondo) e che ha dato tanto lustro a questa etnia con artisti, storici, intellettuali, registi e musicisti (si pensi solo al regista americano Elia Kazan e al cantante francese Charles Aznavour), che tutto il mondo apprezza. E fu proprio per volontà di Ataturk che furono bloccati i primi processi contro i responsabili delle stragi, tutti militari appartenenti al suo movimento, poi prosciolti e molti dei quali reintegrati nei posti di potere al suo fianco. Da allora, nei libri di storia turchi è scritto solo di massacri di turchi ad opera degli armeni e ancora oggi parlare della strage degli armeni equivale ad un “insulto all'identità turca » secondo l'articolo 301 del codice penale turco.Ma perché la Turchia non vuole ancora riconoscere il genocidio armeno?
La risposta l’ha data uno storico turco, Taner Akçam: “è il nazionalismo della Turchia a non permetterle di riconoscere il proprio passato. La Turchia di oggi, quella rifondata da Kemal Ataturk, non può e non vuole riconoscere che la fondazione del proprio stato sia sporcata da una così grande macchia di sangue.
Ataturk è stato il primo negazionista: ha “salvato” molti responsabili dell’eccidio e lo ha cancellato dai libri di scuola, ha riscritto la storia. I turchi oggi imparano che sono stati gli armeni a massacrare i loro antenati”.

E solo l’impegno per contrastare il “negazionismo”, per squarciare il velo dell’oblio storico e ufficiale sul genocidio armeno, può portare ancora oggi alla morte in Turchia. Il 19 gennaio del 2007, il giornalista armeno Hrant Dink, fondatore della rivista bilingue turco-armena Agos, è stato assassinato a Istanbul, per aver parlato appunto del genocidio.Un altro caso emblematico è quello dello scrittore Orhan Pamuk (premio Nobel 2006 per la letteratura), nel dicembre del 2005 finito sotto processo per “aver offeso l’identità turca”.
Pamuk, autore di romanzi tradotti in venti lingue come Neve e Il mio nome è rosso, vincitore alla Fiera del Libro di Francoforte del Premio della Pace 2005, è stato denunciato da alcune autorità locali turche per le sue prese di posizione sul massacro degli armeni e le vessazioni contro i curdi. Da Francoforte, Pamuk, riferendosi all’ultima campagna elettorale tedesca che aveva mostrato atteggiamenti spiccatamente contrari all’entrata della Turchia in Europa, ha precisato: “Una cosa è criticare lo stato turco per i suoi deficit di democrazia e un’altra cosa è umiliare tutta la cultura turca e i turchi che vivono in Germania in condizioni molto più difficili dei tedeschi”.
Secondo l’intellettuale, l’antieuropeismo nei confronti della Turchia non potrà che finire per incoraggiare quelle espressioni più integraliste e retrive del nazionalismo turco antieuropeo. “Chi crede nell’Unione europea – ha concluso Pamuk - deve riconoscere che qui si tratta dell’alternativa fra la pace e il nazionalismo. Una Turchia che trovasse la sua forza solo nella religione, proprio come un’Europa che si appoggiasse solo al suo cristianesimo, sarebbe una fortezza che riconosce solo le realtà del passato e non quelle del futuro”. Pamuk ora vive negli Stati Uniti, colpito da una “fatwa”, una condanna degli integralisti turchi, che per le sue posizioni anti-negazionistiche lo hanno condannato a morte.Certo è che la questione armena rischia di bloccare l’accettazione della Turchia nell’Unione europea. Finora, sola la Francia e la Germania hanno posto una dura opposizione all’ingresso della Turchia moderna nell’Unione Europea, se prima il governo, lo stato e la potente lobby militare turca non riconosceranno le proprie responsabilità storiche per quel genocidio. Come spiega Aldo Ferrari, docente esperto di Caucaso e collaboratore dell’Ispi, un osservatorio di geopolitica internazionale che ha sede a Milano: “Per l’Armenia, l’apertura dei negoziati tra l’Unione europea e la Turchia ha una grande rilevanza.
Tra i due paesi pesano il genocidio armeno del 1915, che il governo di Ankara rifiuta di riconoscere, e la chiusura da parte turca delle frontiere con l’Armenia dal 1994, in seguito alla guerra del Nagorno Karabah. Il presidente armeno ha chiesto che l’UE imponga alla Turchia la riapertura frontaliera, ritenendo inaccettabile che un paese che sta trattando il suo ingresso in Europa mantenga chiusa la frontiera con un altro stato che fa parte della Politica europea di Vicinato”.
Nel luglio del 2003, infatti, la nomina di un rappresentante speciale dell’Unione europea per il Caucaso meridionale e l’inclusione (giugno 2004) del Caucaso meridionale nella Politica europea di Vicinato hanno ufficialmente sancito l’interesse dell’Europa per questa regione, con il grande allargamento verso Est, compiuto nel 2004, e la prospettiva di spostare le frontiere europee direttamente fino al Caucaso, appunto con la Georgia e l’Armenia.Per gli Usa e per l’Eruopa, la Turchia è da sempre considerata l’ultimo baluardo occidentale ad Est, un moderno “Vallo di Adriano”, a difesa dalla crescente marea dell’integralismo islamico medio-orientale. In Turchia ci sono le più attrezzate basi militari della NATO ( da sempre Ankara fa parte dell’alleanza) e degli Stati Uniti.
Da qui partono gli aerei con truppe e rifornimenti strategici per le guerre in Iraq e in Afghanistan.
La Turchia ha sempre goduto di una "strabica benevolenza" dall'Occidente per i suoi "affari interni". Basti pensare all'aggressione militare di Cipro negli anni Settanta e alla presenza di suoi militari in quell'isola ancora oggi, nonostante la parte greca sia entrata a far parte dell'Unione europea!C’è poi il “problema” dell’integrazione europea di quasi 6 milioni di turchi immigrati nel nostro continente, la maggior parte in Germania, oltre agli sforzi di quel paese di restare ancorato agli stili di vita occidentali, senza farsi risucchiare dalle “sirene” dell’integralismo islamico, nonostante al governo e a capo della Repubblica ci siano oggi esponenti di un forte partito confessionale. Il popolo tedesco da sempre, e subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, ha preso atto delle sue responsabilità a vari livelli nel genocidio degli ebrei.
E’ ora che anche il popolo turco faccia altrettanto e che la Comunità europea ne chieda conto, prima di affrontare definitivamente il suo ingresso nell’Unione, previsto entro il 2014.
Non si possono praticare “scoricatoie” storiche e politiche, come sembrano fare il governo Usa con Obama e quello italiano con un Berlusconi addirittura “mediatore”, per far entrare la Turchia nell’Unione europea. Ci vuole un pronunciamento politico e culturale di tutta l’Europa, perchè la “questione turco-armena” sia risolta con trasparenza. Anche perchè ne andrebbe dei rapporti geopolitici tra la stessa europa e il turbolento Medio Oriente, con l’irrisolta situazione della convivenza tra lo stato d’Israele e i territori palestinesi. Uno degli argomenti delle prossime elezioni europee del 4 e 7 giugno dovrebbe, dunque, essere proprio il riconoscimento del genocidio armeno da parte della Turchia.
Non solo, ma i movimenti democratici europei (intellettuali, storici, scrittori, artisti, politici) dovrebbero proprio per questa “comunanza storica” tra i due popoli sterminati, ebrei ed armeni, battersi affinché anche lo stato di Israele, l’unica democrazia occidentale in Medio Oriente, entri a buon diritto nell’Unione Europea, rompendo così l’accerchiamento in cui viene antistoricamente isolato. Sarebbe questa una mossa diplomatica, e non solo, per costringere gli stessi governanti di Tel Aviv ad assumere comportamenti meno belligeranti nei confronti dei palestinesi e difendere così questo stato dall’aggressione dei fondametalisti islamici e dei paesi arabi più oltranzisti, come Siria ed Iran.In questa stagione di rinnovato vigore internazionale per la difesa dei diritti fondamentali dell'uomo e dei popoli e di riscoperta delle nostre radici storiche, come europei, come eredi di un Novecento travagliato e, comunque, ricco di fermenti innovatori, vorremmo che anche in Italia si facesse qualche atto concreto per far conoscere ad un’ampia opinione pubblica la follia di quel genocidio, decretando ufficialmente il 24 aprile “giornata nazionale della memoria del genocidio armeno”.
E proprio per ricordare questa tragedia, il 22 aprile, alla Casa della Memoria e della Storia, in via S. Francesco di Sales 5, a Roma, si terrà un convegno dal titolo « Storie senza storia: gli Armeni ; e qualche settimana più tardi, dal 6 maggio si aprirà una mostra fotografica « Armin T Wegner e gli Armeni in Anatolia, 1915 », fino al 16 maggio
[Modificato da nevio63 10/06/2009 21:48]
10/06/2009 22:19
 
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In Turchia è vietato portare il velo, per la donna che viene sorpresa in strada con il velo, sono previste 20 frustate nella pubblica piazza.

Nel resto dei paesi mussulmani, la donna che non porta il velo è condannata alla lapidazione nella pubblica piazza (se è di una famiglia povera e sia il marito che i figli sono i primi a lanciare le pietre), se invece è di una famiglia ricca, viene murata viva in casa dai propri familiari.

Non dimentichiamoci poi, del sapere che finalmente potremo attingere da uno degli imperi più illuministi e liberi del Mediterraneo ammettendo la Turchia nell'Europa.

Un'ultima considerazione, che ce ne facciamo di aver allargato le frontiere per avere la Romania e parte degli albanesi? E' vero, che con loro due, si è avuto un'incremento economico nei confronti della prostituzione, pedofilia e droga, ma ne avevamo realmente bisogno in Europa?


[SM=g1660865] [SM=x1061921] [SM=g1660865]


Paxuxu


[Modificato da Paxuxu 10/06/2009 22:20]
11/06/2009 09:44
 
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Re:
Paxuxu, 10.06.2009 22:19:

In Turchia è vietato portare il velo, per la donna che viene sorpresa in strada con il velo, sono previste 20 frustate nella pubblica piazza. Nel resto dei paesi mussulmani, la donna che non porta il velo è condannata alla lapidazione nella pubblica piazza (se è di una famiglia povera e sia il marito che i figli sono i primi a lanciare le pietre), se invece è di una famiglia ricca, viene murata viva in casa dai propri familiari. Non dimentichiamoci poi, del sapere che finalmente potremo attingere da uno degli imperi più illuministi e liberi del Mediterraneo ammettendo la Turchia nell'Europa. Un'ultima considerazione, che ce ne facciamo di aver allargato le frontiere per avere la Romania e parte degli albanesi? E' vero, che con loro due, si è avuto un'incremento economico nei confronti della prostituzione, pedofilia e droga, ma ne avevamo realmente bisogno in Europa? [SM=g1660865] [SM=x1061921] [SM=g1660865] Paxuxu



Belle riflessioni Paxuxu, il fatto e' che i segnali di laicita' in Turkia sono fortissimi ma nell'entroterra sperduto dei piccoli villaggi, soprattutto curdi si applica la tradizione coranica in modo barbaro da tutti i punti di vista. Bisognerebbe che il governo turco si desse da fare per garantire un cambiamento. Grazie Pax 
11/06/2009 10:43
 
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Io personalmente concordo con le parole di Mu‘ammar Abū Minyar al-Qadhdhāfī che ho sentito in una sua rivista, già un bel po' di tempo fa.

"Se l'Europa aprira le porte alla Turchia sarà questo il cavallo di Troia degli estremisti islamici."

Ciao
[Modificato da Luteranamanier 11/06/2009 10:46]
11/06/2009 12:30
 
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Re:
Luteranamanier, 11/06/2009 10.43:

Io personalmente concordo con le parole di Mu‘ammar Abū Minyar al-Qadhdhāfī che ho sentito in una sua rivista, già un bel po' di tempo fa.

"Se l'Europa aprira le porte alla Turchia sarà questo il cavallo di Troia degli estremisti islamici."

Ciao




Questa è un'intervista ad hoc perchè sanno perfettamente gli arabi, leggi bene gli arabi non i turchi, non saranno MAI accettati in Europa, mi ripeto parlo degli arabi!


[SM=x1061912] [SM=x1061912] [SM=x1061912] [SM=x1061912] [SM=x1061912]


Paxuxu





11/06/2009 12:34
 
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Re: Re:
nevio63, 11/06/2009 9.44:



Belle riflessioni Paxuxu, il fatto e' che i segnali di laicita' in Turkia sono fortissimi ma nell'entroterra sperduto dei piccoli villaggi, soprattutto curdi si applica la tradizione coranica in modo barbaro da tutti i punti di vista. Bisognerebbe che il governo turco si desse da fare per garantire un cambiamento. Grazie Pax 




Ero nel lontano 1984 a sud di Ankara circa 300 km, in uno sperduto paesino turco, dove la polizia pattugliava di continuo le strade per obbligare le donne a togliersi il velo.

Ed a tuttoggi, dato che ho ancora ottimi rapporti con le autorità turche della zona, anche nei più sperduti paesini turchi, il divieto di portare il velo è tuttora in vigore, poi se vuoi leggere quello che dicono gli altri, fai te!


[SM=g1380260]



Paxuxu





11/06/2009 15:48
 
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Re:
Paxuxu, 10/06/2009 22.19:

In Turchia è vietato portare il velo, per la donna che viene sorpresa in strada con il velo, sono previste 20 frustate nella pubblica piazza.



[SM=g1660865] [SM=x1061921] [SM=g1660865]


Paxuxu





Scusa ma questo è una barzelletta o cosa?
Primo cosa intendi per velo?
Il copri capo?
Allora ti dico che non è cosi.
Secondo sta storia con le frustate nella pubblica piazza ma sta informazione dove l'hai preso?


Ciao


[Modificato da Luteranamanier 11/06/2009 15:48]
11/06/2009 16:36
 
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Re: Re:
Luteranamanier, 11/06/2009 15.48:



Scusa ma questo è una barzelletta o cosa?
Primo cosa intendi per velo?
Il copri capo?
Allora ti dico che non è cosi.
Secondo sta storia con le frustate nella pubblica piazza ma sta informazione dove l'hai preso?


Ciao





C'è invece la legge che non si può portare il copricapo nelle scuole, università e negli edifici pubblici, ma non per le strade.


Bye


11/06/2009 16:45
 
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Re: Re:
Paxuxu, 11/06/2009 12.30:




Questa è un'intervista ad hoc perchè sanno perfettamente gli arabi, leggi bene gli arabi non i turchi, non saranno MAI accettati in Europa, mi ripeto parlo degli arabi!


[SM=x1061912] [SM=x1061912] [SM=x1061912] [SM=x1061912] [SM=x1061912]


Paxuxu









Nn credo che si tratti di gelosia, per me sono parole sagge. [SM=g1667468]

bye




11/06/2009 21:57
 
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Comunque la porta per l'europa dei turchi esiste gia' ed e' la Germania dove sono milioni, mi pare 4 e moltissimi di loro sono naturalizzati e i loro figli, anche tanti da matrimoni misti con tedeschi, si sono integrati bene. Attendo conferme e consulenza dalla nostra tedescona Veronika.
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11/06/2009 22:11
 
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Re: Re:
Luteranamanier, 11/06/2009 15.48:



Scusa ma questo è una barzelletta o cosa?
Primo cosa intendi per velo?
Il copri capo?
Allora ti dico che non è cosi.
Secondo sta storia con le frustate nella pubblica piazza ma sta informazione dove l'hai preso?


Ciao






me lo domando anch'io [SM=g1660865]
che io sappia addirittura in alcune Regioni le donne non poissono indossare nemmeno i tacchi alti..







Nounou
*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*
Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce.
Blaise Pascal


12/06/2009 09:36
 
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Re:
nevio63, 11/06/2009 21.57:

Comunque la porta per l'europa dei turchi esiste gia' ed e' la Germania dove sono milioni, mi pare 4 e moltissimi di loro sono naturalizzati e i loro figli, anche tanti da matrimoni misti con tedeschi, si sono integrati bene. Attendo conferme e consulenza dalla nostra tedescona Veronika.



Do la risposta all'italianone:

Confermo i numeri ma non il fatto dell'integrazione, il turcho o dovrei dire la maggior parte dei turchi non amo le generalizzazione non si integra affatto c'è un abbisso tra un "Gastarbeiter" turco e uno italiano per esempio, i gastarbeiter italiani si sono fatti amare dai tedeschi i turchi no... voglio fare un piccolo esempio visto che tu parli di matrimoni misti... è molto raro ancora oggi che un turco si sposi con una tedesca magari comincia una storia ma poi alla fine sposerà una sua compaesano ( le eccezioni ci sono sempre ovviamente) perché è costretto dalla tradizione famigliare, ecco se questo vale per il turco maschio potete immaginare per la componente femminile... è impensabile che una turca possa avicinarsi ad un tedesco ed il tedesco lo sa ed è anche cauto altrimento è facile che si ritrovi con qalche coltello fra l costole.
Solo un amore folle possa far si che si celebri il matrimonio misto.
Soprattutto tra una turca ed un tedesco al contrario ci sono più casi.


Ciao


[Modificato da Luteranamanier 12/06/2009 09:38]
12/06/2009 10:20
 
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Re: Re:
Luteranamanier, 12.06.2009 09:36:

Do la risposta all'italianone: c'è un abbisso tra un "Gastarbeiter" turco e uno italiano per esempio, i gastarbeiter italiani si sono fatti amare dai tedeschi i turchi no... voglio fare un piccolo esempio visto che tu parli di matrimoni misti... è molto raro ancora oggi che un turco si sposi con una tedesca magari comincia una storia ma poi alla fine sposerà una sua compaesano. ecco se questo vale per il turco maschio potete immaginare per la componente femminile... è impensabile che una turca possa avicinarsi ad un tedesco ed il tedesco lo sa ed è anche cauto altrimento è facile che si ritrovi con qalche coltello fra l costole.

VeroniKa, amore mio biondo, hai ragione a dire che i lavoratori italiani, per la stragrande maggioranza meridionali si sono fatti amare, non tanto dai tedeschi maschi, che,  personalmente trovo ripugnanti, quanto dalle, oserei dire, meravigliose, tedeschefemmine che hanno nell'italico valore amoroso ritrovato l'amore autentico e gioia di vita. Non ho mai capito perche' il Padreterno abbia regalato molto di piu' all'italiano, soprattutto meridionale, questo dono di saper donare il proprio amore senza ritegno ma ne sono fiero. Purtroppo per le mie remore religiose non posso partecipare al "bengodi" che anche qui in Ost Schweiz , sarebbe a portata di mano. Per non allontanarci dal tema del 3d, ti dico che se, come la tedesca, anche la turca non si avvicina ai tedeschi uomini e' perche', consentimi, andrebbero a perderci enormemente. Guarda VeroniKa che anche il turco maschio e' un buon competitore dell'inarrivabile emigrante
 italiano, solo che reca in se, il turcazzo, anche un risentimento e un maschilismo di coranica matrice, che gli impedisce di estrinsecarsi con completezza affettiva e galanteria propria del toro italiano.
nevio63
[Modificato da nevio63 12/06/2009 10:22]
12/06/2009 13:00
 
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Re: Re:
Luteranamanier, 11/06/2009 15.48:



Scusa ma questo è una barzelletta o cosa?
Primo cosa intendi per velo?
Il copri capo?
Allora ti dico che non è cosi.
Secondo sta storia con le frustate nella pubblica piazza ma sta informazione dove l'hai preso?


Ciao






Vedo che non leggete, nessun problema aumento i caratteri:




In Turchia è severamente VIETATO portare il velo, pena la prigione e le fustigazioni in piazza!

Non ho scritto nei paesi arabi, ma ho scritto in TURCHIA!



Poi se siete così sicuri, basta mandare un'email in TURCHIA e farsi spedire la legge islamica che applicano LORO non gli arabi, ma i TURCHI!


Spero di essere stato chiaro, ma incomincio a nutrire seri dubbi in proposito!


[SM=g1660865]



Paxuxu




12/06/2009 22:20
 
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Re: Re: Re:
nevio63, 12/06/2009 10.20:

Luteranamanier, 12.06.2009 09:36:

Do la risposta all'italianone: c'è un abbisso tra un "Gastarbeiter" turco e uno italiano per esempio, i gastarbeiter italiani si sono fatti amare dai tedeschi i turchi no... voglio fare un piccolo esempio visto che tu parli di matrimoni misti... è molto raro ancora oggi che un turco si sposi con una tedesca magari comincia una storia ma poi alla fine sposerà una sua compaesano. ecco se questo vale per il turco maschio potete immaginare per la componente femminile... è impensabile che una turca possa avicinarsi ad un tedesco ed il tedesco lo sa ed è anche cauto altrimento è facile che si ritrovi con qalche coltello fra l costole.

VeroniKa, amore mio biondo, hai ragione a dire che i lavoratori italiani, per la stragrande maggioranza meridionali si sono fatti amare, non tanto dai tedeschi maschi, che,  personalmente trovo ripugnanti, quanto dalle, oserei dire, meravigliose, tedeschefemmine che hanno nell'italico valore amoroso ritrovato l'amore autentico e gioia di vita. Non ho mai capito perche' il Padreterno abbia regalato molto di piu' all'italiano, soprattutto meridionale, questo dono di saper donare il proprio amore senza ritegno ma ne sono fiero. Purtroppo per le mie remore religiose non posso partecipare al "bengodi" che anche qui in Ost Schweiz , sarebbe a portata di mano. Per non allontanarci dal tema del 3d, ti dico che se, come la tedesca, anche la turca non si avvicina ai tedeschi uomini e' perche', consentimi, andrebbero a perderci enormemente. Guarda VeroniKa che anche il turco maschio e' un buon competitore dell'inarrivabile emigrante
 italiano, solo che reca in se, il turcazzo, anche un risentimento e un maschilismo di coranica matrice, che gli impedisce di estrinsecarsi con completezza affettiva e galanteria propria del toro italiano.
nevio63




Bla bla bla bla bla balla balla

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