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Negli Usa È un successo il telefonino costruito recuperando le bottiglie di plastica
I nuovi consumi: prodotti riciclati
Mobili, scarpe, cellulare, lampade: mercato in crescita. Il boom delle vendite «verdi» nelle aziende hi-tech
A Botticino (Brescia) in alcuni supermercati si usano carrelli fatti riciclando tappi di plastica
A Botticino (Brescia) in alcuni supermercati si usano carrelli fatti riciclando tappi di plastica
Potrebbe essere la rivoluzione che cambierà il mondo dell’industria e del commercio, quella degli eco-consumi, con l’eco-consumatore protagonista assoluto. Non si tratterà più di comprare un prodotto qualsiasi ma «solo» quel prodotto, che non utilizza nuove risorse ma usa quelle già esistenti (riciclo), che non produce rifiuti perché tutti i suoi pezzi sono riciclabili, che non inquina perché il processo di produzione è completamente sostenibile.
Fantascienza? Nel mondo sta diventando realtà, ed è evidenziata dai dati, in sensibile aumento soprattutto nelle nazioni più avanzate, delle quantità di rifiuti che non vanno più a finire in discarica ma che vengono riciclati. L’Europa dei 15 ricicla il 54 per cento della spazzatura e ne manda all’inceneritore quasi il 18 per cento. Il resto va in discarica. Ma anche in Italia, che pure resta un po’ indietro rispetto ad altri Stati europei, la tendenza sta diventando abitudine. Perché anche da noi la quantità di rifiuti non più indirizzati verso la pattumiera ma riutilizzati nel ciclo produttivo è aumentata negli ultimi anni. «Le aziende italiane stanno cominciando ad interessarsi ad una nuova grande frontiera — spiega Ermete Realacci, deputato Pd, presidente onorario di Legambiente —. L’incrocio tra qualità e design, propri del made in Italy, e i comportamenti virtuosi nella produzione. Chi avrebbe mai pensato, solo dieci anni fa, che la Fiat potesse acquisire un terzo della Chrysler praticamente a costo zero perché è un’azienda portatrice di tecnologie a bassissimo impatto ambientale su automobili di piccola cilindrata, che hanno anche un marchio di qualità e di design? Inoltre, cosa non meno importante, le aziende stanno comprendendo come il prodotto eco-sostenibile e riciclato di alta qualità crei una sorta di barriera doganale virtuosa che va oltre i dazi. I dazi sono impensabili in un’economia globale ma le barriere doganali 'naturali' create dal prodotto eco-sostenibile possono configurare una forma di difesa dei nostri prodotti e di rilancio della competizione».
Dalla moda all’hi-tech. Il massiccio ricorso alla salvaguardia dell’ambiente nella pubblicità veicola un messaggio capovolto rispetto al passato. Non un prodotto qualsiasi ma quello biologico ed ecologico. Mobili riciclati, tessuti naturali, prodotti biologici. Biciclette riciclate (Cial), scarpe di carta riciclata (Puma), alberghi ecologici in legno naturale. Persino (per ora solo in America, prezzo 60 dollari) un telefonino fatto di bottiglie di plastica e per giunta carbon neutral, cioè a zero emissioni di CO2 per la sua produzione. Tutta una vasta gamma di eco-prodotti hanno convinto anche l’eco-consumatore italiano che si può. Si può trovare sul mercato il primo telefonino full touch screen ad alimentazione solare, un cordless che riduce i consumi dell’80 per cento a 19 euro e 90, un climatizzatore fatto al 95 per cento con materiali di riciclo. Il settore dei prodotti hi-tech, in particolare, un tempo considerato fortemente inquinante, si è lanciato nel sostenibile. Perché l’eco-consumatore non compra più semplicemente un frigorifero ma un frigorifero classe A o non lo compra affatto. Il consorzio ReMedia, creato da oltre 1000 aziende di hi-tech, e che per conto di queste aziende in Italia si occupa della raccolta e del trattamento dei rifiuti tecnologici ed elettronici, gestisce un terzo di tutto l’hi-tech italiano: nel 2008 ha trattato 20.300 tonnellate di rifiuti tecnologici, delle quali 17.150 sono state recuperate e solo 3100 sono andate in discarica. Il riciclo ha consentito di risparmiare qualcosa come il consumo annuo di un comune di 2650 abitanti o il consumo annuo di 245 mila tv al plasma. Dalle fabbriche del riciclo, che sono fabbriche al contrario, escono le materie prime a pezzettini, plastica, vetro, carta, alluminio, «con un grosso vantaggio per l’ambiente — spiega il direttore generale di ReMedia Danilo Bonato — perché non bisogna prendere le materie prime in natura con grande dispendio di energia, si utilizzano quelle che ci sono già, ottenute dal differenziato».
L’Italia è un po’ in ritardo ma facciamo progressi. «Almeno il 30 per cento dei prodotti ormai è verde — continua Bonato —. Le industrie si muovono, il consumatore è diventato più sensibile, manca ancora un intervento deciso dello Stato. In Danimarca, per fare un esempio, tutte le aziende verdi sono detassate». L’eco-prodotto ha un traguardo da raggiungere, quello del completamente riciclabile o riutilizzabile. «Il vero obiettivo finale è ottenere un prodotto che non dà rifiuti — sottolinea Massimiliano Varriale del Wwf —. La ricerca e alcune aziende all’avanguardia ci lavorano già. Oggi almeno il 40 per cento del prodotto è fatto dal suo imballaggio che finisce direttamente in discarica. Negli eco-sistemi naturali non esistono i rifiuti, tutto si riutilizza, tutto rinasce sotto nuova forma. Il rifiuto è un prodotto interamente umano. Tornare ad un sistema ecologico vero significa arrivare ad un prodotto senza rifiuti che ritorna nel ciclo come avviene in natura. Questo non significa demonizzare la plastica, per esempio, ma cambiare il cattivo uso che ne facciamo. No ai prodotti usa e getta non biodegradabili, la plastica per sua natura è un materiale duraturo, deve essere usata per beni durevoli. Da qui il grandissimo successo dei prodotti alla spina, anche nei supermercati, che non producono rifiuti».
Mariolina Iossa
17 aprile 2009
[Modificato da pyccolo 17/04/2009 13:13]