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Francia, la rivolta delle gonne "Così sfidiamo le violenze"

Ultimo Aggiornamento: 14/04/2009 15:07
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dal nostro inviato ANAIS GINORI

RENNES - Nella città delle gonne le ragazze non partono per le vacanze. Aspettano sedute ad un tavolino nella piazza principale della Rennes vecchia. E vestono come ogni giorno, l'orgoglio è qualcosa che si può indossare anche a Pasqua.

Olivia è spavalda, è lei la più militante del gruppo. Abito bianco cortissimo con cinturone raso-vita, calze velate e ballerine con piccolo tacco. "Certo, i maschi mi dicono pétasse, zoccola. Ma sinceramente me ne frego".
Sotto alla minigonna Lisa porta invece dei pantacollant neri che coprono le gambe fino agli stivaletti. "E' solo per potermi sedere come meglio mi pare. E poi se c'è un colpo di vento... No, così è davvero più comodo".

Cominciò come una piccola protesta, un gesto spontaneo di sdegno organizzato da alcune compagne di classe. In un istituto agricolo del paesino di Vitré, a quaranta chilometri dalla capitale della Bretagna, una dodicenne "che vestiva sexy" viene stuprata da due suoi coetanei. Quando la notizia si diffonde, alla campanella delle 8 si presentano decine di ragazze che indossano una gonna. A fiori, svolazzante, mini, in jeans. Quattro anni dopo, la protesta silenziosa è diventata un film, un documentario, un progetto discusso in tutta la Francia, oggetto di decine di tentativi di imitazione.

Adesso è diventata una cosa quasi istituzionale, la "Primavera della gonna e del rispetto", e già dal titolo si capisce che il capo vestiario è un pretesto per parlare d'altro.
Di tolleranza e pregiudizi sessuali, di violenza, non solo fisica ma verbale, di autodeterminazione del proprio corpo. Forse non è un caso che le irriducibili della minigonna - o della sua libera interpretazione - abbiano avuto la loro illuminazione in un liceo intitolato a Giovanna d'Arco. A ogni epoca il suo simbolo. Per due settimane, le alunne sono invitate a venire in classe vestite come donne, abbandonando per una volta la divisa d'ordinanza pantaloni-felpa - scarpe da ginnastica.

"L'abbigliamento unisex che occulta le differenze" precisa Thomas Guiheneuc, il promotore del progetto. In questa vecchia scuola di inizio secolo si discute molto di quanto lungo debba essere l'orlo, che calze o scarpe indossare, se occorra esibire anche una profonda scollatura. Tutti insieme, maschi e femmine. Non si tratta di amene chiacchiere fra adolescenti, ma di educazione civica. Le discussioni si svolgono in classe nel normale orario di lezione, mettendo a confronto ragazze e ragazzi, e con la partecipazione dei professori che portano materiali didattici per orientare meglio il dibattito. "La gonna è un elemento che scardina il gruppo e fa uscire allo scoperto le discriminazioni".

Il moto spontaneo di quattro anni fa si è velocemente esteso ad altre scuole - oggi sono una trentina, con oltre ottomila giovani coinvolti - e dopo l'estate conquisterà altre regioni. Il gioco-provocazione dell'associazione bretone ha fatto proseliti in una prigione femminile e in due agenzie di collocamento di Rennes.

A celebrare le giovani neofemministe con la gonna quest'anno è arrivato anche un film, "La Journée de la Jupe", con Isabelle Adjani nei panni di un'insegnante di banlieue che prende in ostaggio i suoi alunni e chiede come riscatto al governo una giornata della gonna, affinché le ragazze "non vengano trattate come puttane quando la indossano". "Nei licei di banlieue - ha raccontato l'attrice - i pantaloni sono usati dalle ragazze come un'armatura, come un velo per coprirsi". Nel paese che ha sdoganato i calzoni al femminile, grazie alla stilista Coco Chanel, la gonna è diventata invece un tabù tra molte giovani.

Pare impossibile, ma è così. "Portarla può apparire un gesto insignificante. E' invece un potente rivelatore dei rapporti sociali tra maschi e femmine, e tra le stesse femmine" spiega il sociologo Philippe Liotard, venuto da Lione apposta per studiare il "caso" del liceo di Rennes.

Quando Guiheneuc parlò in classe dello stupro di Vitré, si rese conto che tra gli alunni c'era chi cercava giustificazioni ignobili, "ah, ma aveva la gonna, era una pétasse". "Senza scardinare questi pregiudizi non si potrà mai affrontare pienamente il tema della violenza nelle scuole" spiega il giovane psicologo. In classe mostra l'immagine di un giovane circondato da tre ragazze. "E se fosse il contrario, cosa pensereste?" chiede.

"Se è un maschio, è un figo. Se è una femmina, è una prostituta" risponde Lisa che al tema ha dedicato una sua poesia che comincia così: "Tollerare non è complicato, smettiamo questi fottuti pregiudizi".

Donne non si nasce, si diventa, sosteneva Simone de Beauvoir. L'infermiera del liceo di Rennes, Béatrice Moreau, ha visto molte ragazze subire quelle che definisce "violenze consensuali".

"Vorrebbero dire di no, ma non ne hanno il coraggio". Nella banlieue parigina è nata qualche anno fa l'associazione "Ni putes, ni soumises", ( ne puttane, ne sottomesse) che voleva appunto combattere una dicotomia per certi versi eterna: o prostitute o sottomesse. "L'obiettivo è rompere l'omertà, riuscire a far parlare la 'maggioranza silenziosa'" spiega Thomas Guiheneuc. Ecco dunque perché la gonna, che potrebbe essere anche una scarpa con i tacchi, una scollatura o il rossetto. "Spesso i maschi sono sollevati nel vedere le ragazze "al femminile". Il modello del maschio ultra-virile è pesante anche per loro". In questo angolo di Bretagna sono convinti che "l'orgoglio della gonna" potrebbe essere replicato anche tra gli adulti. "Un uomo deve farsi rispettare - conclude Guiheneuc - ma una donna deve innanzitutto imparare a rispettare se stessa. Purtroppo questo non è ancora così scontato". Ma donne, prima o poi, si diventa.

fonte: La Repubblica







Nounou
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Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce.
Blaise Pascal


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