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lunedì 2 febbraio 2009
Quel rispetto del medico per il paziente
IL SIGNOR Formigoni, nella sua intervista a Repubblica, afferma: «La gente sa che Eluana morirà con una lunghissima e dolorosissima agonia? Morirà di fame e di sete, con dolori, crampi muscolari, generalizzati e dolorosi, le mucose si seccheranno e ci saranno ulcere, il corpo subirà crisi convulsive generalizzate». Queste affermazioni sono assurde e rivoltanti. Quale medico potrebbe tollerare che un suo paziente morisse in simili condizioni? Nelle cure palliative è nostro compito accompagnare i malati nel loro ultimo cammino col più grande rispetto per la loro volontà. Non è nostro compito sindacare sulle decisioni dei malati, che spettano solo a loro o a chi è autorizzato a farle in loro vece (in Germania, la nomina di un amministratore di sostegno è già stata effettuata da milioni di persone, assieme al testamento biologico). Certamente Formigoni è digiuno delle più elementari nozioni di medicina palliativa. Dal punto di vista neurologico parlare di fame e di sete è un controsenso: le parti del cervello necessarie a creare la sensazione soggettiva di fame e sete non funzionano più. La morte di questi malati, poi, è una delle più pacifiche possibili. In uno studio americano su oltre 100 malati morti per interruzione della nutrizione artificiale, chi li accudiva ha classificato la loro morte come pacifica su un livello di otto in una scala da zero a nove. La nostra esperienza clinica conferma questi dati. Infine, è compito del medico che accompagna un malato in fase terminale utilizzare tutte le sue risorse per evitare sofferenze. Lo scenario descritto da Formigoni non ha attinenza colla realtà. Le cure palliative dispongono di tutti gli strumenti per prevenire e curare la sofferenza dei morenti. Dopo aver assistito migliaia di malati terminali, e parlato coi loro familiari, una certezza emerge: non è compito dei medici imporre le proprie convinzioni etiche o religiose a chi si affida alle loro cure. Il malato ha diritto a un’assistenza competente e al rispetto delle sue decisioni. Come scrisse il filosofo Kierkegaard: «Se vogliamo aiutare qualcuno, dobbiamo prima capire cosa desidera. Questo è il segreto dell'assistenza».
Gian Domenico Borasio (Cattedra di cure palliative, Università di Monaco di Baviera), la Repubblica, 1 febbraio 2008.
Postato da Chiara Lalli alle 21:57 8 commenti