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Suicidio assistito senza chine scivolose

Ultimo Aggiornamento: 01/10/2007 14:48
01/10/2007 14:48
 
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da lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Suicidio_assistito_senza_chine_scivolose...


Bioetica

Suicidio assistito senza chine scivolose

I timori circa l'impatto sui gruppi particolarmente vulnerabili avevano dominato il dibattito sul suicidio medicalmente assistito Un gruppo di ricercatori dell'Università dello Utah ha condotto uno studio sulle conseguenze della legalizzazione del suicidio assistito nei Paesi Bassi e nello Stato dell'Oregon rilevando che in entrambi i paesi non si è assistito a un numero sproporzionato di morti fra nove dei dieci "gruppi vulnerabili" presi in esame: anziani, poveri, donne, minoranze, privi di assistenza sanitaria, minori, malati cronici, persone di basso livello culturale e pazienti psichiatrici. Solamente fra i pazienti affetti da AIDS si è riscontrato per un certo arco di tempo un tasso elevato di soggetti che sono ricorsi al suicidio assistito.
"I timori circa l'impatto sulle persone vulnerabili hanno dominato il dibattito sul suicidio medicalmente assistito", ha dichiarato Margaret Battin, la bioeticista e docente di medicima interna all'Università dello Utah che ha coordinato lo studio. "Non abbiamo trovato prove che suffraghino questo timore là dove la pratica è già legale."

Lo studio apparirà sul numero di ottobre del Journal of Medical Ethics. Battin ha condotto la ricerca in collaborazione con i medici Agnes van der Heide, dell'Erasmus Medical Center a Rotterdam, Gerrit van der Wal dell'University Medical Center ad Amsterdam e Linda Ganzini della Oregon Health & Science University a Portland.

La ricerca ha inteso affrontare il cosiddetto argomento della "china scivolosa" avanzato dai critici della legalizzazione del suicidio medicalmente assistito nei due Stati e che costituiva fonte di apprensione anche fra i sostenitori della sua introduzione. L'argomento avanza l'ipotesi che se viene legalizzata la possibilità per i medici di aiutare certi pazienti a porre fine ai propri giorni, le persone appartenenti a categorie vulnerabili vi ricorreranno in misura maggiore e sproporzionata.

I ricercatori si sono chiesti "se questi pazienti siano stati sottoposti a pressioni, manipolati o forzati a richiedere o ad accettare una morte medicalmente assistita da parte di familiari particolarmente oppressi, medici insensibili o assicuratori preoccupati per i loro profitti".

In Oregon nei primi nove anni dall'entrata in vigore della legge sono 456 i pazienti che hanno ricevuto prescrizioni di farmaci da usare in modo letale e 292 di essi li hanno effettivamente utilizzati, una cifra pari allo 0,15 per cento del totale dei decessi verificatisi in quel periodo.

Nei Paesi Bassi, dove dal 2002 la legge consente la prescrizione di farmaci a fini suicidari o per eutanasia volontaria attiva, in caso di "sofferenza intollerabile", l'1,7 per cento dei 136.000 decessi annui è avvenuto per eutanasia volontaria attiva, lo 0,1 per cento per suicidio medicalmente assistito, mentre lo 0,4 per cento è stato "extralegale", coinvolgendo pazienti che, divenuti incapaci di intendere e volere, non avevano fatto al momento richiesta esplicita di morte pur avendola fatta prima di cadere in quello stato o erano considerati affetti da sofferenze intollerabili.

Nel rapporto i ricercatori scrivono "Quelli che hanno ricevuto morte medicalmente assistita. .. appaiono piuttosto godere comparativamente di privilegi sociali, economici, culturali, professionali o di altro tipo". In entrambi i paesi, chi è ricorso a questa pratica aveva in media un'età intorno ai 70 anni e per l'80 per cento soffriva di cancro. Quanto ai pazienti affetti da AIDS, in Oregon il numero assoluto di pazienti che è ricorso a questa pratica è estremamente basso, ma, come viene scritto nello studio, le persone affette da AIDS "erano30 volte più propense a ricorrere alla morte assistita" di un gruppo confrontabile di pazienti deceduta a causa di gravi disturbi respiratori cronici. Ad Amsterdam in una coorte di 131 pazienti colpiti da AIDS fra il 1985 e il 1992 e morti entro il 1995, la percentuale di quanti sono ricorsi al suicidio assistito o all'eutanasia ha toccato il 22 per cento, per calare successivamente in seguito allo sviluppo di terapie che consentono di guardare a quella malattia come a una patologia cronica a lunga termine.

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(27 settembre 2007)
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