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Conferenza della storica svizzera Nathalie Tami:La caccia alle streghe nella valle di Blenio tra il XVI e il XVII secolo.

Ultimo Aggiornamento: 29/09/2007 15:26
28/09/2007 14:17
 
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La caccia alle streghe nella valle di Blenio tra il XVI e il XVII secolo.
Nathalie Tami
Testo della conferenza tenuta da Nathalie Tami all'Assemblea dell'Associazione Archivi
Riuniti delle Donne Ticino, ottobre 2006
La persecuzione delle streghe ebbe luogo in tutta Europa sull’arco di quattro secoli, al partire dal
Quattrocento fino al Settecento, con un aumento notevole di processi nel periodo tra la fine del
Cinquecento e l’inizio del Seicento. Essa si effettuò in modo differenziato sia nello spazio che nel
tempo: in alcune zone questo fenomeno fu meno violento che in altre, e durante i quattro secoli in
questione vi furono periodi più intensi di altri. In ogni modo si registrò un numero incredibile di
persone arse al rogo poiché ritenute colpevoli di essere streghe e di agire nel nome del Diavolo. La
violenza e la vastità della persecuzione delle streghe nel periodo tra la fine del Cinquecento e
l’inizio del Seicento è riscontrabile anche nella Valle di Blenio.
Per quel che riguarda i fautori della caccia alle streghe nell’allora baliaggio di Blenio, lo sterminio
vide fronteggiarsi le due istituzioni che ne detenevano la giurisdizione, quella temporale e quella
ecclesiastica: i Cantoni Svizzeri di Uri, Svitto e Untervaldo Sottoselva da un lato, la Curia
Arcivescovile di Milano dall’altro. Entrambe volevano essere partecipi attivamente alla caccia alle
streghe e avere il diritto di giudicare e punire il terzo involontario protagonista dell’evento: le
vittime di tale follia collettiva, cioè i membri della popolazione alpina.
Contesto storico, politico e religioso
L’odierna valle di Blenio, come del resto l’intero Canton Ticino, nel periodo in esame non era una
regione autonoma e indipendente. Da un lato il territorio bleniese era baliaggio dei Signori Svizzeri,
e più precisamente di Uri, Svitto e Untervaldo che, tramite un rappresentante (denominato
Landvogt) inviato nelle terre soggette, controllavano il territorio sottomettendolo alle loro norme
civili. Da un altro lato la giurisdizione ecclesiastica era nelle mani della Curia Arcivescovile di
Milano, alla quale spettava il governo spirituale della popolazione. Va sottolineato come la moralità
del clero e del popolo lasciassero a desiderare. Il clero locale, lontano dalla vigilanza dei suoi
superiori, si era allontanato dalla sacralità delle sue mansioni e il popolo si sentiva quindi
abbandonato a sé stesso.
Per quel che concerne le condizioni di vita nel baliaggio di Blenio, contesto rurale e di dimensioni
ristrette, le disgrazie e la miseria erano realtà che facevano parte di un microcosmo povero e la terra
con i suoi prodotti erano la sola risorsa in grado di garantire la sopravvivenza. La morte di un capo
di bestiame, condizioni meteorologiche avverse e altre disavventure erano disgrazie che
comportavano conseguenze disastrose. Va inoltre ricordato come il periodo in analisi fosse
caratterizzato da ricorrenti carestie, risultanti da condizioni meteorologiche avverse che
determinavano la perdita del raccolto, nonché dall’avvento della peste e di molte altre epidemie ed
infezioni.
Le difficili condizioni di vita unite al fatto che il popolo si sentisse abbandonato a sé stesso, lasciava
grande spazio al concretizzarsi di superstizioni varie. Tutti i mali della società, tutte le disavventure
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e le disgrazie furono addossate a presunte streghe, adepte di Satana, che possedute dal Diavolo,
agivano per nuocere .
Le presunte streghe
Le streghe erano persone considerate possedute dal Demonio e si inserivano in un contesto di magia
e di terrore. Per essere adepta di Satana la condizione primaria era di aver rinnegato Dio e di aver
accettato il Diavolo come padrone. Il patto con il Diavolo era alla base dell’essere strega. Il Diavolo
le utilizzava per nuocere sulla terra. Il sospetto di essere strega, non riguardava solo il genere
femminile, anche se la maggioranza restano donne adulte, ma anche uomini e bambini. Non è
quindi possibile tracciare un ritratto di una tipica strega: dimentichiamoci lo stereotipo della vecchia
e brutta signora, la strega era una persona che non possedeva alcun tratto caratteristico. Aveva solo
avuto la sfortuna di essere oggetto di sospetti da parte dei membri della comunità, sospetti che
troppo spesso facevano avviare un meccanismo processuale che era difficile, se non impossibile,
arrestare.
Tutte le streghe erano accomunate dal fatto di essere andate almeno una volta al barlott, luogo ove
si riunivano e ove si intrattenevano con il Diavolo, presente nelle testimonianze di tutti i processi.
Durante queste riunioni notturne, le streghe rifiutavano Dio e accettavano il Diavolo quale loro
padrone, poi la riunione acquistava le parvenze di una festa popolare, nel corso della quale si
ballava, si cantava, si mangiava.
È stato interessante trovare conferma negli atti dei processi di come le streghe fossero accusate della
totalità delle disavventure che venivano a turbare l’equilibrio della valle e di come le stregonerie
subite dai vallerani non uscissero mai dal contesto rurale: a volte ad essere danneggiato era un
raccolto, altre volte un capo di bestiame.
L’impatto sociale della credenza nelle streghe fu devastante. La popolazione viveva nel terrore di
essere accusata di stregoneria, di conseguenza le singole azioni quotidiane erano effettuate con
timore: il timore di coltivare relazioni con persone che, in caso di malattia, avrebbero potuto far
scattare l’accusa, il timore di guardare qualcuno o qualcosa in maniera che poteva risultare sospetta,
il timore di toccare qualcuno che avrebbe poi potuto avere un malessere, il timore di donare un
prodotto casereccio che poteva essere giudicato avvelenato. La paura regnava sovrana sulla
comunità alpina, ed accanto ad essa la consapevolezza che, in caso di sospetti da parte della
comunità, l’intero nucleo familiare ne avrebbe risentito: da un punto di vista umano sarebbe stato
isolato e marchiato d’infamia, da un punto di vista economico sarebbe stato ridotto sul lastrico.
D’altra parte la credenza nel potere malefico delle streghe era così radicata nella cultura di quei
tempi, per cui era sufficiente che un’ulteriore disgrazia o disavventura sopraggiungesse ad
aumentare questo malessere esistenziale per far scattare immediatamente il sospetto. La strega era il
capro espiatorio: in un contesto di terrore e di rabbia vi era la necessità di designare il colpevole di
una vita tanto dura.
Procedura giudiziaria adottata nella Valle di Blenio
Il primo passo che conduceva dritto al processo per stregoneria erano i sospetti: bastava che il
sospetto nato all’interno della comunità giungesse fino al Landfogt per far avviare un’indagine volta
a raccogliere il maggior numero di informazioni possibili sulla persona sospettata. I semplici
sospetti erano recepiti dalle autorità come indizi della colpevolezza, in un secondo momento tali
informazioni sarebbero diventate vere e proprie prove. Quali indizi valevano l’aver augurato il
male, l’essere litigioso o invidioso, l’aver danneggiato persone animali o cose. Quando gli indizi
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erano ritenuti soddisfacenti dalle autorità, si procedeva all’arresto della sospettata e veniva
convocato il tribunale.
La procedura divideva i processi di stregoneria in tre momenti principali: in un primo momento si
ascoltavano le testimonianze, seguiva l’interrogatorio dell’accusata, dopo il quale veniva rilasciata
la sentenza finale. Le testimonianze venivano ascoltate in gran segreto e i testi non subivano un
interrogatorio ma si limitavano a raccontare l’episodio nel corso del quale erano stati vittima di
stregoneria: per citare un esempio nel 1626 un testimone afferma che l’accusata ha messo la mano
sopra la spalla di una sua mucca che era rimasta paralizzata1. Sulla base di queste testimonianze
risultava chiaro e indiscutibilmente provato che la sospettata fosse una strega. Bastava che due
ulteriori testimoni confermassero i sospetti di tale persona all’indirizzo della stessa presunta strega e
la macchina infernale del processo era avviata. Sebbene le prove fossero basate sulle dicerie di
paese, le autorità competenti non mettevano in dubbio la veridicità delle accuse, il tribunale veniva
convocato e si decretava l’arresto della sospettata in attesa del processo. La persona sospettata non
era al corrente che il processo a suo carico fosse in atto e che dei testimoni avessero deposto contro
di lei. La presunta strega entrava in scena dopo le deposizioni dei testimoni, quando i giudici erano
già convinti della sua colpevolezza e volevano unicamente ottenere la sua confessione. L’accusata
non era chiamata a dare una sua versione dei fatti, né poteva difendersi dalle accuse poiché non era
a conoscenze né dell’identità dei testi né del contenuto delle loro deposizioni. Non si trattava di un
processo ove l’accusata veniva giudicata per un crimine davanti a una giuria imparziale: l’accusata
era già stata giudicata colpevole prima di ascoltarla.
Durante la prima parte dell’interrogatorio l’accusata doveva rispondere a domande incalzanti poste
senza l’ausilio della tortura che vertevano sulla sua partecipazione al barlott . Ricercavano poi il
cosiddetto marchio diabolico: marchio fatto dal Diavolo al momento del patto sul corpo della
presunta strega.
In ogni modo, qualsiasi fossero state le risposte dell’accusata, qualunque fosse stato l’esito della
ricerca del bollo, se la confessione non era ancora avvenuta si passava alla seconda fase
dell’interrogatorio dove la procedura prevedeva il ricorso alla tortura, prassi legale, anzi normale e
ordinata. Il metodo era sempre lo stesso: l’accusata veniva condotta al patibolo e le venivano legate
mani e piedi dietro la schiena. Tramite una corda passata attorno ai polsi essa veniva ripetutamente
alzata e interrogata, dapprima senza pesi poi le si attaccavano ai piedi due pesi la cui mole
aumentava fino a settantacinque libre. Gli esaminatori aumentano la durezza del supplizio
sollevandola e lasciandola ricadere più volte, infliggendole la cosiddetta “strappata”.
Le domande poste erano sempre le stesse e le risposte risultano essere molto simili, avvalorando la
convinzione che gli interrogatori fossero pilotati: gli esaminatori non avevano dubbi sulla
colpevolezza dell’accusata, l’unico scopo del processo era ottenere la confessione per fare in modo
che le autorità secolari potessero decretare la sentenza finale e inappellabile. Le torture erano
crudeli e difficilmente sostenibili. Nella maggior parte dei casi la confessione avveniva. La stessa
doveva poi essere confermata de plano, cioè senza l’ausilio della tortura. Chi ritrattava e si rifiutava
di confermare de plano affermando di aver confessato unicamente a causa dei tremendi supplizi,
veniva nuovamente condotto al patibolo e sottoposto alla tortura. Appare evidente il motivo per cui
i casi ove le accusate non confessavano erano rari.
Le sentenze dei processati per stregoneria comportavano tre esiti possibili: la scarcerazione quando
l’accusata non aveva confessato nemmeno sotto il patibolo, il bando se l’imputato non avesse
presenziato al processo, la condanna a morte nel caso in cui l’accusata confessava.
1 Asti , Diversi 1758, Cianzono Martino (Blenio 1626)
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In caso di condanna a morte, prima dell’esecuzione, le presunte streghe avevano la possibilità di
confessare i loro peccati. A processo avvenuto, quando le sorti dell’imputata erano già sentenziate,
venivano chiamati i membri del clero. La mancata confessione ai membri del clero, modificava
unicamente il loro modo di morire. Infatti, se confessavano il loro peccato venivano dapprima
decapitate e poi i loro corpi bruciati, in caso contrario venivano arse vive.
La giustizia temporale aveva fatto il suo corso: istituito il processo, ascoltato i testimoni, interrogato
l’imputata, emanato ed eseguito la sentenza. Anche il potere ecclesiastico aveva fatto il suo dovere:
occuparsi della salvezza dell’ anima della presunta strega.
Conclusione
Sin dal XIV secolo è appurata l’esistenza del fenomeno della caccia alle streghe in tutta Europa, nel
XIV secolo le sospette streghe venivano processate e condannate per mano dell’Istituto
ecclesiastico che aveva creato l’istituzione dell’Inquisizione per ricercare e punire chi si macchiava
del peccato di eresia. Nel corso del XVI e del XVII secolo la persecuzione fu intensificata e passò
nelle mani del potere temporale. In ogni modo, i due fori, Signori Temporali nei Cantoni Svizzeri e
Signori Ecclesiastici a Milano, durante tutto il periodo in esame, si scontrarono continuamente al
fine di delimitare il loro campo d’azione senza subire interferenze: l’autorità civile riteneva la
materia di stregoneria di sua totale competenza, visto che le questioni penali erano nelle loro mani e
non tollerava intromissioni; d’altro canto l’autorità ecclesiastica voleva invece avere voce in
capitolo e la sua ferma convinzione trovava la motivazione nel fatto che ogni presunta strega, per
diventare tale, aveva rinnegato la fede e stretto un patto con il Demonio, fatti che andavano contro i
principi spirituali e che danneggiavano la salute delle anime, campo che era di loro competenza. In
comune i due fori avevano la volontà di sterminarle.
È tuttavia sbagliato cercare un colpevole di quanto avvenne. Se è vero che i processi avvenivano nel
Tribunale del maleficio di Lottigna, ove non sedeva nessun membro dell’autorità ecclesiastica, è
altrettanto vero che nessun documento a nostra disposizione attesta la protesta della Curia milanese,
né la sua indignazione per quanto avveniva. D’altra parte anche i membri della comunità alpina si
univano a loro nella convinzione dell’esistenza di streghe che agivano nel nome del male e che
procuravano danni, morte e disgrazie.
La folle credenza nel potere malefico delle streghe aveva invaso tutta la regione e i suoi abitanti.
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è vero che i processi avvenivano nel Tribunale del maleficio di Lottigna, ove non sedeva nessun membro dell’autorità ecclesiastica

Il resto sono solo congetture integriste con il solito pizzico di anticlericalità.



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Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)
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ps.
Erano tutti giù nell'atrio!!! [SM=x1061910] [SM=x1061912]
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Se la vita ti sorride,ha una paresi.(Paco D'Alcatraz)

Il sonno della ragione genera mostri. (Goya)

Apocalisse Laica

Querdenker evangelico anticonvenzionale del 1° secolo. "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam!" g.b.--In nece renascor integer ./Satis sunt mihi pauci,satis est unus,satis est nullus. Seneca-Ep.VII,11


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