Prendendo spunto da articoli di giornale che mettevano in risalto l'incontro di Rimini di CL,in cui ad un certo punto si citava il filosofo agazzi e sulla sua forte convinzione del perfetto connubio ragione e fede,ho iniziato a spulciare vecchi articoli dell'enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche.
Nel rapporto tra Ragione e Fede trovo questo interessante confronto con Emanuele Severino: ---->
www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=88#links
In questo confronto si parla di due orientamenti,uno che va da Tertulliano a Dostoevsksij sulla netta separazione di Ragione e Fede considerando la fede stessa un credere nell'assurdo,paradossale,e uno che invece e' quello dell'odierna Chiesa Cattolica secondo la quale non c'e' incompatibilita' tra le due.
Estrapolo due interessanti passaggi:
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STUDENTE: Abbiamo visto nella scheda due giovani discutere del rapporto tra ragione e fede oggi. Com'è cambiato nella storia il rapporto tra la filosofia e la fede?
SEVERINO:
Penso sempre che sia opportuno prendere le mosse dal modo in cui oggi la cristianità intende questo rapporto. Non perché non siano interessanti altre prese di posizione, ma perché la Chiesa oggi ha una forza che va presa in considerazione anche in quanto forza sociale, e non soltanto in quanto forza culturale. La teoria della Chiesa, soprattutto cattolica, risale agli inizi del pensiero cristiano. C'è una linea che va da Tertulliano su fino a Dostoevskij, per cui la fede è il paradosso, la fede è ciò che è assolutamente altro dalla ragione. Non è di Terulliano l'espressione: "Credo qui absurdum", però esprime bene la posizione di Tertulliano: "Credo perché è assurdo". Quando l'attrice del filmato diceva: "Potessi credere", auspicava qualcosa di non assurdo, ma esiste questa linea perdente nell'ambito della cristianità ufficiale, la linea che accentua il carattere paradossale della fede. Si potrebbe risalire all'apostolo Paolo, ma il discorso sarebbe lungo. Invece teniamo fermo questo, da Tertulliano a Dostoevsksij. C'è poi la linea vincente, quella che si aggancia ad una grande espressione di Paolo, per cui la fede è "rationabile obsequium". Dico spesso ai cattolici di non dimenticare questo carattere di razionalità che la cristianità cattolica intende dare alla propria fede. E' un "sì" detto a Dio, ma secondo ragioni che non riguardano la ragione. La ragione vuole essere qualche cosa di inconfutabile. La fede ha bisogno di una rivelazione soprannaturale, perché, negli intenti della cristianità, la fede enuncia qualcosa che l'uomo con i propri mezzi non potrebbe mai raggiungere. Allora si impone questa linea che chiamo vincente, la linea dei Padri della Chiesa e poi di Tommaso, che è tuttora importantissimo per il catechismo cattolico. La tesi qui è che la fede non può essere in contrasto con la ragione. Vorrei proporre questa possibilità, che la ragione sia anche Cesare, cioè il potere politico razionale. Allora la tesi della chiesa cattolica, - che poi sentiremo anche enunciata da un grande amico, che purtroppo è scomparso, padre Cornelio Fabro-, è che, se la ragione non può essere in contrasto con la fede, lo Stato non può essere in contrasto con la fede cattolica. E di qui discendono conseguenze sulle quali varrà la pena di riflettere.
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STUDENTESSA: Nell'intervista si parlava anche di San Tommaso. Qual'è la Sua posizione a questo proposito?
SEVERINO:Non ci può essere opposizione tra ragione e fede, dice Tommaso, e sono abbastanza d'accordo con Fabrosulla sua vicinanza a Kierkegaard. Il motivo è che entrambe le cose provengono da Dio. La ragione proviene da Dio, le verità di ragione provengono da Dio, e il kerigma, cioè la rivelazione, proviene da Dio. Quindi due verità che hanno la stessa fonte non possono essere in contraddizione tra di loro. La domanda che ho sempre fatto alla cultura cattolica, ed alla quale a mio avviso questa cultura non ha ancora risposto, è questa: questa tesi dell'armonia di ragione e fede è una affermazione della ragione o della fede? Se il dire che c'è armonia tra ragione e fede è un atteggiamento di fede esso stesso, allora non si può escludere che, da un momento all'altro, emerga l'incompatibilità tra ragione e fede. Perché la fede non è un'evidenza, non garantisce. Paolo dice: la fede è "argumentum non apparentium", è l'argomento che la volontà umana dà alle cose che non appaiono, e quindi che non sono evidenti. Se invece la tesi dell'armonia di ragione e fede è una verità di ragione, allora la fede perde quel carattere soprannaturale che essa intende avere, e cioè il messaggio di Cristo diventa filosofia. Se la tesi dell'armonia di ragione e fede, ripeto, è una verità di ragione, allora il cristianesimo si tramuta nella superfilosofia, nella super-razionalità, smentendo quell'intenzione di soprannaturalità della quale parlavamo prima. Ecco, questo sarebbe il nucleo da discutere.
STUDENTESSA: Quando si parla di ragione nell'ambito della fede, si può parlare di vera ragione? O vengono posti comunque dei limiti?
SEVERINO:E' quello che dicevamo prima, ho sottolineato proprio questo aspetto.
STUDENTESSA: E da cosa sono posti questi limiti?
SEVERINO:
Se continuiamo a parlare dal punto di vista della dottrina cattolica, questi limiti sono posti dalla fede, che è la protagonista che dice alla ragione: tu sei libera, però non puoi andare contro di me. Allora succede proprio quello che stavamo dicendo prima: una ragione che è libera, ma che non può oltrepassare i limiti stabiliti dalla fede, non è una ragione libera. Quindi alla fine ciò che decide è la fede. E in campo politico - è questo il risvolto, a mio avviso, particolarmente interessante -, se la ragione autentica non può andare contro la fede, lo Stato autentico non può andare contro la fede. Detto in parole povere: perché la Chiesa condanna divorzio, aborto, eutanasia, contraccezione? Perché il concetto è questo: ciò che va contro la fede, non è semplicemente contro la fede, ma è contro la ragione umana. Se noi sviluppiamo questo punto, arriviamo a questa conclusione, con la quale credo che il nostro mondo sociale dovrà fare i conti, che uno Stato razionale, uno Stato di ragione, un vero Stato, non può essere uno Stato che oltrepassa i limiti della fede, e quindi deve essere uno Stato conforme alla fede, cioè uno Stato cristiano. Ma uno Stato cristiano è uno Stato solo se ha un sistema di leggi, la cui violazione implica la sanzione. Ma allora chi viola le leggi dello Stato deve essere perseguito socialmente e penalmente. Viene fuori lo Stato teocratico. Se lo Stato deve seguire la verità e se la verità è la verità di fede, allora chi pratica l'aborto, la contraccezione, eccetera, viola non semplicemente la fede, ma viola le leggi dello Stato, ed è perseguibile penalmente secondo queste leggi.
STUDENTESSA: Un individuo, nelle sue decisioni, deve sottostare ai valori che gli vengono imposti dalla religione, o può crearsi una propria etica decisionale?
SEVERINO:
Oggi, l'attenzione è richiamata soprattutto sulla fede cristiana, e quindi, come sempre accade, c'è una enfatizzazione a proposito della fede cristiana, che non è giusta. Perché quello che diciamo della fede cristiana lo dovremmo dire di tutte le altri fedi. Anzi la fede cristiana ha questo pregio rispetto a tante altre fedi, di sapere molto bene in che cosa consista la propria struttura. Quando Paolo dice che la fede è "argumentum non apparentium", dà da pensare parecchio. Ora noi siamo arrivati ad un tipo di mondo, in cui tutto è fede. Quei due protagonisti del primo brano di Bergmann, sembrano l'uno il sostenitore della ragione e l'altro il sostenitore della fede. Ma propriamente sono i sostenitori di due fedi. Il primo non è il rappresentante della modernità, perché oggi il concetto di ragione non è quello che Bergmann sembra ammettere, una razionalità rigorosa senza cedimenti. Oggi la scienza di sé dice: "non sono una verità voluta, sono un sapere ipotetico". Quindi l'urto tra ragione e fede, oggi che esiste un tipo di scienza di questo genere, è molto meno traumatico di quello che poteva essere, per esempio, l'urto di una filosofia di Spinoza o di un aristotelico non credente, cioè una filosofia in senso duro, in senso di verità incontrovertibile. Oggi questo scontro non è più così drammatico, perché si tratta dello scontro tra due fedi. Ma sono fedi anche la democrazia, anche capitalismo. Einaudi diceva: "Ma la democrazia è un mito, però è un mito che serve, ha questo vantaggio di far contare le teste, invece che tagliarle. Ma contare le teste e dire: " la verità è data dalla maggioranza", è una convenzione, un mito. Quindi è un mito il cristianesimo, ed è un mito la democrazia. Si sta rendendo conto, anche il capitalismo, di essere un mito. Oggi il capitalismo non è più il patrio capitalismo delle leggi bronzee, oggi il capitalismo sa di essere una procedura economica aperta alla crisi, quindi sa di essere fede. Sa di essere fede perfino la scienza. E allora nasce lo scontro tra le fedi. L'individuo non può avere la forza intellettuale di avere un suo modo di pensare indipendentemente dalle grandi convinzioni religiose, dalle grandi convinzioni culturali che ci sono in circolazione. L'individuo è plongé, è immerso in queste convinzioni. Quindi l'individuo di cui parla lei è un individuo tirato da tutte le parti dalle grandi fedi che si scontrano. E come decidono il loro scontro? Ormai in base al criterio della forza. Se la situazione è questa, se stiamo alla communis opinio, allora l'individuo andrà là dove esisterà la fede che riesce a catturarlo con più forza delle altre fedi. Ma non si dovrà parlare di razionalità della fede vincente. Una fede è vincente non perché ha più ragione delle altre, ma perché ha più forza delle altre, perché riesce a convincere di più, dove la forza non è semplicemente la forza bruta, ma è anche la capacità di convinzione.
[Modificato da pcerini 27/08/2007 16:38]