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Un'articolo un po' vecchiotto

Ultimo Aggiornamento: 07/08/2007 10:33
07/08/2007 09:03
 
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Questo articolo me lo ricordo bene quando mi stavo interessando dei dissapori tra la comunita' ebraica di Roma e il Vaticano in merito alle vicende di Pio XII.

Non e' solo un'interesse di tipo paranoico o anti-clericale a spingere verso certi contrasti,questo articolo mostra un dietro le quinte tra vaticano e 3 storici ebrei.

da www.ildialogo.org/ebraismo/pio122.htm

Da Il Manifesto 09 Settembre 2001

Una questione che riguarda non solo i rapporti tra ebrei e cattolici ma la coscienza civile di tutti. Parlano Giovanni Miccoli, Gerald Fogarty, Robert Wistrich e Stefano Levi della Torre

MARINA IMPALLOMENI
E' rottura definitiva tra il Vaticano e i tre storici ebrei membri della Commissione mista ebraico-cattolica istituita nel 1999 con il compito di studiare le responsabilità di Pio XII e della Santa Sede in relazione alla Shoah. La rottura arriva dopo che, per mesi, il Vaticano aveva fatto muro alla richiesta degli storici di aprire, almeno parzialmente, gli archivi segreti, tanto che a luglio la commissione aveva comunicato la sospensione dei lavori in attesa di una risposta.
Risposta che è infine arrivata, inequivocabile. Il 25 agosto scorso l'Osservatore Romano pubblicava un comunicato del cardinale Walter Kasper (alla guida della Commissione per i rapporti con l'ebraismo e che qui accanto pubblichiamo) che pesava come una pietra tombale sull'incerto futuro della commissione, accusando la "parte ebraica" di aver fatto venire meno le necessarie "basi di correttezza, rispetto e fiducia reciproca". Gli storici ebrei - Robert Wistrich, Bernard Suchecky, e Michael R. Marrus - hanno risposto con le dimissioni, scrivendo a Kasper una lettera (anch'essa qui pubblicata) che è anche il primo documento a non portare la firma congiunta di tutti i membri della commissione. Nella missiva i tre si dicono "scioccati" per le pesanti critiche loro riservate dalla Santa Sede, definite "straordinariamente dure e totalmente ingiustificate". Il gesuita Peter Gumpel, curatore della causa di beatificazione di Pio XII, in un'intervista rilasciata alla Radio vaticana a fine luglio aveva parlato di "una campagna denigratoria nei confronti della Santa Sede" e aveva accusato di "superficialità" gli storici della commissione: a suo dire, non avrebbero studiato tutti i documenti a loro disposizione ma solo una parte. Accuse talmente pesanti da far pensare a una provocazione vera e propria. Per Giovanni Miccoli, storico della Chiesa "le dimissioni erano assolutamente motivate, dopo i pesanti e immotivati giudizi formulati da Kasper e Gumpel". "Non mi sarei mai aspettato da persone serie che potessero mettere in dubbio la nostra competenza di studiosi - commenta Robert Wistrich - Il cardinale Kasper ha dichiarato che noi storici non avevamo letto tutti i volumi degli Actes et Documents. Ma lui non poteva certo saperlo: non ci eravamo mai incontrati né parlati. Può immaginare come mi sia sentito, dopo aver passato mesi a analizzare quei documenti uno per uno!".
Ma, soprattutto, nella loro missiva gli storici sottolineano come siano rimasti senza risposta, dopo quasi un anno, i 47 quesiti formulati nel "Rapporto provvisorio" presentato lo scorso ottobre. Quesiti inerenti ad altrettanti punti controversi e oscuri del pontificato di Pio XII, che necessitano di ulteriori approfondimenti e che pongono il problema dell'accesso agli archivi segreti del Vaticano. Finora infatti la Santa Sede ha pubblicato soltanto un corpus di documenti costituito da 11 volumi, gli Actes et Documents du Saint-Siège relatifs à la Seconde Guerre Mondiale, editi tra il 1965 e il 1981 da alcuni padri gesuiti e già noti agli storici.
Proprio l'accesso a documenti inediti vaticani era, per gli storici ebrei, condizione imprescindibile per la prosecuzione del loro lavoro. Che non si è attuata. "La commissione - spiega Wistrich - ha ormai terminato il suo lavoro perché non ha ottenuto alcun impegno del Vaticano in merito all'apertura degli archivi. Solo questo conta".
Da mesi il Vaticano si trincera dietro problemi "tecnici" (catalogazione dei materiali, rilegatura) che impedirebbero l'apertura in tempi ragionevoli. E per andare incontro a queste difficoltà, i membri della commissione avevano ipotizzato una procedura graduale: ovvero l'accesso ai documenti di cui giàsi conosce l'esistenza perché citati negli Actes et Documents. In risposta, solo una generica promessa: i documenti saranno resi accessibili "a tempo debito". Non solo. A giugno Kasper aveva sollecitato la stesura di un rapporto definitivo, da redigersi in assenza di nuove basi documentali, cioè dell'unica cosa che - come ben spiega Giovanni Miccoli - avrebbe dato senso alla prosecuzione del lavoro. "Il primo compito, quello che ha portato alla stesura del documento contenente i 47 quesiti - ragiona Miccoli - era strano perché tutti gli studiosi che hanno esaminato gli Actes et Documents sapevano quali documenti sarebbe stato interessante esaminare. Così che il compito di individuarli, avrebbe avuto un senso. Inoltre la proposta di aderire alla commissione non poteva essere rifiutata perché avrebbe potuto effettivamente portare all'apertura degli archivi. Ma chiedere di stilare un documento conclusivo - una sorta di sintesi, di giudizio complessivo sull'atteggiamento della Santa Sede durante la II guerra mondiale - significa pensare la ricerca storica in termini impropri. Essa è frutto della libera e onesta ricerca dei singoli studiosi, e non può essere frutto di una commissione nominata da due istituzioni, nella quale si sarebbe arrivati inevitabilmente a una trattativa su cosa dire e come dirlo".
I rappresentanti della Santa Sede si difendono sostenendo che l'apertura degli archivi non era mai stata promessa ai membri della Commissione, e che per altro la Commissione per i rapporti con ebraismo non è competente a decidere in merito, in quanto gli archivi dipendono dalla Segreteria di Stato. A una nostra domanda diretta su questo punto il gesuita Gerald Fogarty, uno degli storici cattolici partecipanti al progetto, ha dichiarato: "Il nostro mandato consisteva esclusivamente nell'esame degli Actes et Documents. Nessuno, mai, ha detto che avremmo avuto accesso agli archivi vaticani". Ma come stanno effettivamente le cose?
"E' vero - risponde a distanza Wistrich - che non ci è mai stato promesso ufficialmente l'accesso agli archivi segreti vaticani dopo il 1922. Ma già dall'inizio, nel 1999, avevamo stabilito che senza l'accesso agli archivi non avremmo potuto portare a termine il nostro compito. Potevamo elaborare un rapporto preliminare e sollevare interrogativi (l'abbiamo fatto), ma non potevamo proseguire. Questo era chiaro a tutti, ed è stato ripetuto tante e tante volte". Come spiegare allora l'accusa di Fogarty? "La posizione attuale di Fogarty - dice ancora Wistrich - nasce dal fatto che gli studiosi cattolici hanno dovuto scegliere fra la lealtà al Vaticano e il loro lavoro di storici che impone l'apertura degli archivi. Inoltre, Fogarty ha firmato tutti i documenti della commissione, documenti ampiamente discussi e soppesati".
Quali, e quanto ampie, potranno essere le conseguenze di questa crisi nei rapporti fra comunità ebraica e Santa Sede è difficile dire. Ma un'idea sembra emergere: sarebbe un errore continuare a declinare il nodo dell'apertura degli archivi in termini di rapporti tra comunità ebraica e Santa Sede. "Un tema - sottolinea Miccoli - che non riguarda solo i cattolici e gli ebrei, ma la coscienza civile di tutta l'umanità. E' una questione troppo grossa per restringerla in un ambito confessionale o nazionale. Gli archivi devono essere aperti a tutti coloro che ritengono sia importante per la memoria collettiva occuparsene". Un giudizio condiviso da Wistrich: "Credo che questa commissione non debba più andare avanti e sono anche contrario all'istituzione di una nuova commissione. Spero che il Vaticano manterrà il suo impegno, perché gli archivi devono essere aperti. E la loro apertura non deve essere una questione di relazioni fra cattolici ed ebrei. Gli archivi devono essere aperti e basta".
"Il Vaticano - per Wistrich - non può pensare che il mondo dimenticherà questa questione." Gli fa eco Stefano Levi della Torre, autore de Il Papa di Hitler. La storia segreta di Pio XII (Garzanti): "le motivazioni tecniche addotte dal Vaticano non sono altro che scuse pretestuose. Il Vaticano continua a non voler fare chiarezza sulla questione di Pio XII. Evidentemente ha delle cose molto importanti da nascondere".


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09 Settembre 2001

La versione vaticana


La Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo ha appreso con rincrescimento la decisione del gruppo di esperti, lo scorso luglio, di sospendere la loro ricerca. Allo stesso tempo, essa è grata ai membri del gruppo, specialmente i rappresentanti cattolici, per quanto è già stato realizzato e per la disponibilità mostrata.
Sin dall'inizio è apparso chiaramente che, nei limiti dell'incarico affidato al gruppo, non sarebbe stato possibile rispondere a tutti i quesiti, che avrebbero potuto essere risolti soltanto con la consultazione di fonti non ancora accessibili, o con un ulteriore studio. Si considerava tuttavia che i suoi possibili risultati avrebbero potuto opportunamente incoraggiare un oggettivo dibattito.
Gli esperti del gruppo hanno accettato di assumere il loro non facile incarico. Non è mai stata prospettata loro, in nessun momento, che essi avrebbero potuto avere accesso ai documenti dell'Archivio Vaticano successivi al 1922.
Nell'ottobre del 2000 il gruppo di esperti ha presentato un Rapporto Preliminare, che comportava 47 quesiti, documento che è stato oggetto di controverse discussioni da parte di altri storici. La continuazione della ricerca da parte del predetto gruppo è stata ampiamente esaminata nel corso dell'incontro del Comitato internazionale di collegamento cattolico-ebraico, nella riunione tenuta a New York (1-4 maggio 2001). Dal positivo esito di tale esame, risultava la volontà di entrambe le parti di continuare la ricerca e di giungere alla presentazione di un Rapporto Finale.
Ma di fatto si dovette constatare l'impossibilità di superare le diverse interpretazioni date ai compiti e allo scopo del gruppo. Inoltre, indiscrezioni e scritti polemici da parte ebraica, contribuivano a suscitare un sentimento di diffidenza. Tutto ciò rendeva praticamente impossibile continuare una ricerca congiunta.
Un tale lavoro scientifico può realizzarsi soltanto su basi di correttezza, nel rispetto e nella fiducia reciproca di coloro che lo intraprendono. Tale presupposto indispensabile è venuto del tutto a mancare a causa della polemica sorta dopo la sospensione del lavoro di ricerca e dei sospetti offensivi che hanno accompagnato tale sospensione. I membri cattolici del gruppo si sono pubblicamente discostati da simili interpretazioni e valutazioni polemiche. Allo stadio attuale, e su queste basi, non sembra pertanto possibile prevedere una riattivazione del lavoro comune.
La Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo vuole rimuovere ogni dubbio sulla irreversibilità del cammino intrapreso verso la comprensione tra ebrei e cristiani, cammino che deve essere percorso nel reciproco interesse. Tale processo, avviato con il Concilio, è stato continuato dal Papa Giovanni Paolo II. Anche degli autorevoli rappresentanti ebraici hanno fatto sapere di non desiderare una tale aperta polemica, ribadendo la volontà di continuare ad approfondire il dialogo sulle questioni religiose.
Certo, la comprensione tra ebrei e cristiani esige anche l'investigazione della storia. L'accesso a tutte le fonti storiche relative costituisce pertanto una naturale esigenza di tale ricerca. Il desiderio degli storici di disporre anche del fondo di archivio riguardante i pontificati di Pio XI (1922-1939) e di Pio XII (1939-1958), è comprensibile e legittimo. Nel rispetto della verità, la Santa Sede è pronta a consentire l'accesso all'Archivio Vaticano non appena sarà ultimato il lavoro di riordino e di catalogazione dei fonti in questione.
La Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo si adopererà nei prossimi mesi a trovare i modi adeguati per riattivare la ricerca su nuove basi, nella speranza che sia possibile giungere ad un comune chiarimento dei quesiti sollevati. Tutto ciò nella convinzione della Commissione che la Chiesa cattolica non teme la verità storica.

Cardinale Walter Kasper


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La replica degli storici ebrei
Questa è una risposta alla sua lettera del 25 agosto e al comunicato che la accompagnava, da parte dei membri ebrei della commissione di storici che a partire dal dicembre 1999 hanno lavorato insieme nella commissione storica cattolico-ebraica impegnata a studiare il ruolo del Vaticano in relazione all'Olocausto e alla seconda guerra mondiale.
Condividiamo il suo impegno nel dialogo tra ebrei e cattolici avviato dal Concilio Vaticano Secondo, e apprezziamo che lei abbia riconosciuto il fatto che il desiderio, da parte di molti storici, di avere accesso agli archivi relativi ai pontificati di Pio XI (1922-1939) e Pio XII (1939-1958) è "comprensibile e legittimo". Apprezziamo anche che "la Santa Sede è pronta a consentire l'accesso agli Archivi Segreti del Vaticano non appena il lavoro di riorganizzazione e catalogazione sarà concluso", e confidiamo che tale accesso, lungamente richiesto da studiosi di tutti i background, sarà effettivamente garantito in un futuro molto prossimo. Questo è un terreno comune tra di noi, e potrebbe far intravvedere una luce alla fine di quello che è diventato un tunnel piuttosto lungo.
Comunque, in linea con lo spirito di franchezza della sua lettera, speriamo che lei comprenderà il nostro senso di shock per il fatto che i membri ebrei del gruppo di studiosi siano stati fatti oggetto di biasimo, sia nel suo comunicato che in alcune dichiarazioni straordinariamente dure e totalmente ingiustificate pronunciate dalla Santa Sede nelle recenti settimane. Tali intemperanti attacchi all'integrità e alla professionalità di membri della commissione hanno poco in comune con lo spirito di dialogo e mutuo rispetto cui lei fa riferimento all'inizio del suo comunicato. Noi rigettiamo l'assunto che le espressioni di disappunto pronunciate da parte ebraica in relazione alle circostanze connesse alla sospensione del lavoro degli studiosi fossero in alcun modo improprie. Ci dispiace che lei abbia fatto proprie tali accuse senza aver avuto alcuna opportunità di incontrare i membri ebrei della commissione in quanto gruppo, o di consultarsi con noi su come noi potessimo adempiere il nostro mandato.
I fatti sono che gli studiosi cattolici ed ebrei hanno congiuntamente sottoposto il "Rapporto Preliminare", con le sue 47 domande, al Vaticano nell'ottobre 2000. Quasi un anno più tardi, le questioni sollevate in quel rapporto rimangono senza risposta. Invece, abbiamo avuto dichiarazioni roventi da parte di padre Gumpel, che ha parlato per conto del Vaticano - dichiarazioni rivolte a tutti i membri della commissione ma con particolare virulenza a quelli ebrei.
Questo è particolarmente deprecabile. Poiché noi studiosi ebrei, sebbene possiamo essere stati più inclini delle nostre controparti cattoliche a prendere posizione individualmente e a dare voce alle nostre frustrazioni per il modo in cui il "Rapporto Provvisorio" è stato accolto presso la Santa Sede, abbiamo cercato di farlo all'interno di un quadro di collegialità e rispetto. Continueremo ad agire così, e ci auguriamo che l'istanza ebraica su questa questione che ha così turbato le relazioni tra le nostre comunità riceverà nel futuro rispettosa udienza.
Riteniamo che una risposta positiva al Rapporto Preliminare, con la sua richiesta di documentazione ulteriore, sarebbe un modo appropriato per uscire da una impasse che non è stata scelta da noi. Tale risposta indicherebbe un impegno all'apertura, per la quale tutti noi ci siamo impegnati, un riconoscimento delle aspirazioni degli studiosi di vari background, e una continuazione dello spirito del Concilio Vaticano Secondo.

Robert Wistrich (Gerusalemme) - Bernard Suchecky (Strasburgo) - Michael R. Marrus (Toronto)


07/08/2007 09:05
 
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in quest'altro link c'e' anche un parere piu' esplicito dello storico ebreo Bernard Suchecky

da www.eclettico.org/israele/stampa/stampa26-10-00.htm

Da La Stampa due articoli su Pio IX
Dalla Stampa del 26 Ottobre 2000



Le conclusioni della commissione di studiosi ebrei e cattolici: troppe zone d’ombra nell’azione di un pontefice controverso
PIO XII E LA SHOAH: DOMANDE SENZA RISPOSTA
Silenzio sulla "notte dei cristalli", sui pogrom in Ucraina, Auschwitz, i massacri degli ustascia, il giallo dei sacerdoti martiri a Dachau

di Enrico Benedetto, corrispondente da Parigi

Otto zone d’ombra sulla Shoah separano ancora la verità storica dalle ammissioni vaticane. Il rapporto che la commissione paritaria ebraico-cattolica ha rimesso al cardinale Cassidy non assolve quindi Pio XII, bensì avanza nuovi dubbi. Rivelandolo in anteprima, il Monde sottolinea le troppe questioni di fondo inevase. Il documento che, nelle intenzioni, doveva suggellare una tregua storiografica soddisfacendo le esigenze documentarie espresse dagli studiosi non solo ebrei si conferma una semplice tappa: arricchisce il dialogo ma non soddisfa. Donde un’innegabile delusione. Il Vaticano 2000 in definitiva si ostina a tacere – oltre mezzo secolo dopo – sui silenzi di un papa controverso.
Il portavoce pontificio Joaquìn Navarro-Valls finisce per riconoscerlo. Qualificando come "preliminare" il documento rileva che contiene una "serie di domande" ineludibili senza documentazione extra. Secondo Navarro-Valls, i sei storici "apprezzano" comunque il materiale storico fornitogli. Vero, ma il ringraziamento parrebbe semplice cortesia diplomatica. Essendo gli archivi vaticani preclusi dal 1922 in poi, gli undici tomi ufficiali degli "Atti" pontifici lungo la guerra 1939-45 costituiscono una sintesi inaccettabile per lo storico. E dopo la rivoluzionaria iniziativa che il papa lanciò nell’ottobre 1999 associando studiosi ebrei e cattolici (sei in totale) ancorché provvisorio il bilancio non si direbbe all’altezza.
Riassumiamo le perplessità. La prima risale all’incubazione della Shoah. Nove Novembre 1938.La "notte dei cristalli" cancella le sinagoghe del reich. Pio XII non reagisce malgrado le informazioni che il nunzio gli fa pervenire. Il pool storico vorrebbe almeno sapere se e quando il Vaticano ne discusse.
Tre anni dopo il cattolicissimo Pétain esige la garanzia che le sue misure antisemite abbiano l’accordo di Roma. Il futuro Paolo VI – già nello staff papale – accondiscende purché si attui la normativa in modo "caritatevole". Ma la commissione è perplessa: possibile non ci siano altri materiali?
Nel 1942 monsignor Andrzeyi Szeptyckyi – metropolita greco-cattolico a Leopoli – denuncia i pogrom in Ucraina. C’è traccia di reazioni vaticane? Editando gli undici tomi, i gesuiti le sottacciono. Lo stesso anno l’arcivescovo di Cracovia Adam Sapieha denuncia a Pio XII i lager nei quali languivano i polacchi. E gli ebrei? Auschwitz figurava nella sua arcidiocesi: gli storici vorrebbero esplorare il carteggio integrale fra l’ecclesiastico e il romano pontefice.
Anche la duplice udienza al leader ustascia Ante Pavelic che massacrò ebrei, serbi e zingari trova increduli gli storici. Pio XII non poteva ignorarne le atrocità. Quali sono i retroscena?, domandano.
E come spiegare l’algida risposta che il papa diede al vescovo di Berlino Konrad von Preysing? Il presule voleva che lanciasse un appello per difendere gli ebrei. E nella sua missiva precisa che la chiesa luterana e riformata lo caldeggiano di cuore. Ma Pio XII rispose che dovevano pronunciarsi, semmai, i vescovi locali soppesando le rappresaglie. Come valutare un gesto almeno in apparenza pilatesco? Ci vorrebbero appigli d’archivio purtroppo non disponibili.
Anche le rivelazioni del cappellano ospedaliero Scavizzi nell’ottobre 1942, che attribuisce alla Shoah "due milioni di vittime" intrigano. Pio XII gli parlò a quattro riprese. E tuttavia il maxi-dossier vaticano ne documenta solo due. Perché? Infine, il giallo dei sacerdoti polacchi martiri a Dachau. Il Vaticano conosceva la situazione ma non fece nulla. È plausibile? Sei investigatori vorrebbero saperne di più. E non solo loro.


"Primo, farla finita col comunismo"
Lo storico ebreo: per lui il nazismo era passeggero
"Il papa è investito di una missione profetica: Pacelli l’ha disattesa. Peccato che questo punto non sia stato ripreso nel nostro rapporto finale"
di Henri Tincq
Ricercatore all’Università Libera di Bruxelles presso la Fondazione Memoria Contemporanea, Bernard Suchecky è uno dei tre storici ebrei che hanno collaborato alla stesura del rapporto.
In che condizioni ha lavorato la commissione mista ebraico-cattolica?
"Il Vaticano ci ha proposto un approccio radicalmente opposto a quello praticato dallo storico, che parte da una ricerca d’archivio per pubblicare in seguito materiale inedito. Ci è stato invece domandato di attenerci esclusivamente all’esame delle fonti documentarie pubblicate. Siamo stati al gioco, ma stimando fin dall’inizio che per sdrammatizzare il dibattito sul comportamento della chiesa durante la guerra è necessario aprire tutti gli archivi e consentirne il libero accesso agli storici. Vorrei insistere sul valore della collaborazione tra gli storici ebrei e cattolici della commissione. A più riprese ho rilevato che questi ultimi erano i più critici nei confronti della Santa Sede.
Che cosa rimprovera ai lavori storici giù pubblicati dal Vaticano?
"Gli Atti e Documenti della Santa Sede relativi alla Seconda Guerra Mondiale sono una miniera d’oro, ma abbiamo messo in luce l’esistenza di contraddizioni fra le intenzioni espresse attraverso gli undici volumi e il loro contenuto. Per esempio, nell’introduzione al secondo tomo (interamente dedicato alle lettere di Pio XII indirizzate ai vescovi tedeschi) gli editori gesuiti segnalano che dalla Germania perviene alla Santa Sede una "abbondante corrispondenza". Nulla ne viene tuttavia pubblicato salvo, nella migliore delle ipotesi, un breve sunto. O, al contrario, si pubblicano lettere drammatiche di vescovi tedeschi e cappellani militari italiani sul fronte orientale concernenti le persecuzioni antisemite, ma senza precisare se abbiano avuto seguito, e quale. Come venivano smistate? E attraverso quale circuito la corrispondenza giungeva al papa? Che discussioni destano avvertimenti sì forti?"
Che cosa l’ha colpita di più nell’atteggiamento di Pio XII?
"La priorità data alla Germania e ai cattolici tedeschi a detrimento, per esempio, dei polacchi. Senza dubbio la chiesa tedesca è la più esposta in Europa, eccezion fatta per quelle sotto il giogo comunista, ma stupisce l’importanza strategica che il papa accorda al cattolicesimo tedesco. La nutre la visione che Pio XII si fa di un comunismo con il quale bisogna finirla, di un nazismo che costituisce una prova a suo avviso passeggera e di un ritorno ad una Germania conservatrice forte e disciplinata nel seno d’una coalizione mondiale contro il bolscevismo. Tale visione dura praticamente sino all’entrata in guerra dell’Unione Sovietica al fianco degli Alleati".
Come spiega che l’opinione pubblica sia più dura nei confronti del papa che di certi dirigenti politici i quali non hanno reagito molto più rapidamente ai pericoli che gravavano sugli ebrei?
Ci sembra evidente che il Vaticano si è talora preoccupato più d’alcuni governi occidentali di aiutare gli ebrei, in particolare quelli convertiti e battezzati chiamati nei documenti "cattolici non ariani". Perché prendersela allora particolarmente contro Pio XII? Secondo Eva Fleischer, l’unica teologa del nostro gruppo, il papa è investito d’una missione profetica. Non sta a me, un non cattolico, dire se Pio XII l’ha espletata o meno, ma per Eva Fleischer ha fallito. E deploro che questo punto non sia stato ripreso nel nostro rapporto finale".
Copyright "Le Monde"
07/08/2007 09:08
 
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da qui www.storialibera.it/epoca_contemporanea/nazionalsocialismo/nazismo_e_chiesa/pio_XII_e_la_shoah/articolo.php?id=644&titolo=Vaticano%20e%20nazismo:%20la%20parola%20ai%20d...

invece un'articolo in cui partecipa anche Andrea Riccardi,storico fondatore della comunita' di Sant'Egidio,recentemente messa un po' alla berlina dal Vaticano per via delle sue politiche di pace in Algeria che provoco' dei problemi non indifferenti.

Simona SERAFINI
Vaticano e nazismo: la parola ai documenti
tratto da: Avvenire, 26.10.2000.

La Commissione mista di studiosi cattolici ed ebrei chiede di consultare tutti gli archivi
In discussione la “notte dei cristalli”, il regime di Vichy e quello di Pavelic in Croazia


PARIGI. Il primo attacco pubblico all’atteggiamento assunto dalla Chiesa cattolica durante la seconda guerra mondiale risale al 1963. Con il dramma in versi liberi “Il Vicario”, lo scrittore tedesco Rolf Hochhut, appoggiandosi su avvenimenti storici quanto mai discussi, chiamò in causa Pio XII, nunzio apostolico a Monaco e a Berlino dal 1917 al 1929, e poi Papa dal marzo del 1939, per non aver fatto quanto in suo potere per salvare gli ebrei dalla follia nazista. Da allora gli scritti polemici si sono alternati con quelli storici ed apologetici. Paolo VI, desideroso di chiarire fatti storici controversi, nel 1964, in pieno Concilio Vaticano II, incaricò quattro gesuiti (Angelo Martini, Burkhart Schneider, Robert Graham e François-Pierre Blet) di pubblicare la documentazione della diplomazia vaticana degli anni in questione. “Atti e documenti della Santa Sede relativi alla seconda guerra mondiale”, 11 volumi editi tra il 1965 e il 1981, è l’opera a cui ancor oggi fanno riferimento gli storici. Gli archivi vaticani sono infatti inaccessibili ai ricercatori per il periodo dalla fine del pontificato di Benedetto XV, cioè dal 1922 ai nostri giorni. Dopo l’uscita del documento vaticano “Noi ricordiamo”, nel ‘98, nell’intenzione di chiarire fino in fondo le relazioni tra Roma e le organizzazioni ebraiche, con una decisione straordinaria, nell’ottobre del 1999 il Vaticano ha deciso di affidare ad una commissione composta di tre storici cattolici e tre ebrei, l’analisi di quei documenti, per arrivare ad una più matura riflessione storica.

Ieri il giornale francese «Le Monde» ha annunciato il contenuto del rapporto che la commissione ha consegnato al cardinale Edward Cassidy, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Secondo il quotidiano francese, gli storici (Eva Fleischner, padre Gerald Fogarty e John Morley per i cattolici; Michael Marros, Bernard Suchecky e Robert Wistrich per gli ebrei) hanno concluso all’unanimità che i lavori fin qui condotti in Vaticano non possono considerarsi conclusi e chiedono che l’apertura degli archivi sia anticipata rispetto alla regola canonica dei 75 anni che vige in Vaticano. “Un esame rigoroso degli undici volumi non permette di rispondere alle questioni più significative sul ruolo del Vaticano durante l’Olocausto - osservano gli studiosi - Molti di quei documenti permettono interpretazioni divergenti”.
Fra i punti ancora controversi (la Commissione ne segnala 8) si segnalano fra l’altro la “notte dei cristalli”, le leggi antisemite della repubblica di Vichy, i crimini commessi da Ante Pavelic in Croazia: la Commissione chiede se negli archivi non vi siano altri documenti sul comportamento che tenne la Chiesa in quelle circostanze. In particolare, la Commissione mista si chiede se la corrispondenza è stata pubblicata per intero: ne “Gli atti e i documenti della Santa Sede” si trovano molte lettere mandate da Pio XII ai suoi collaboratori, ai nunzi, ai vescovi dei Paesi in guerra, ma non si conosce “la maniera in cui queste lettere sono state ricevute, quale attenzione è stata loro consacrata, come sono state considerate e trattate nei diversi ambiti della diplomazia vaticana”.

Bernard Suchecky, ricercatore all’Università libera di Bruxelles, è uno dei tre membri ebrei della Commissione. Intervistato da «Le Monde», si è detto completamente soddisfatto della collaborazione che si è instaurata tra i sei storici, ebrei e cattolici, ma ha osservato come “come Pio XII fosse particolarmente preoccupato dalla sorte dei cattolici tedeschi; un atteggiamento nutrito da una sua valutazione storica, secondo cui vi è un comunismo al quale bisogna mettere un termine e un nazismo che è una prova considerata passeggera”.



REAZIONI/1 Il portavoce Navarro Valls: “Con i 6 esperti piena collaborazione”

“Positivo apprezzamento” per la documentazione messa a disposizione dalla Santa Sede è stato espresso dal gruppo misto di storici ebrei e cattolici costituito all’indomani della pubblicazione del documento vaticano sull’Olocausto per indagare sulle accuse rivolte alla Santa Sede (e in particolare a Pio XII) per la mancata denuncia pubblica di quanto stava accadendo agli ebrei nella seconda guerra mondiale. Lo ha dichiarato ieri il portavoce vaticano Joaquin Navarro Valls, in riferimento alla riunione del gruppo in corso in questi giorni a Roma.
“Il Gruppo - ha detto Navarro Valls - composto da esperti cattolici ed ebrei, costituito nel 1999 dalla Commissione per i rapporti religiosi con l’Ebraismo e dal Comitato ebraico internazionale per il dialogo interreligioso, si riunisce attualmente a Roma per presentare un rapporto preliminare sullo studio, che esso ha intrapreso, degli undici volumi pubblicati dalla Santa Sede e contenenti materiale d’archivio relativo alla seconda guerra mondiale. Il rapporto del Gruppo esprime positivo apprezzamento per la documentazione che è stata messa a disposizione dagli archivi, ed indica, in modo conciso, le linee sulle quali si baserà la sua futura ricerca. Il rapporto contiene inoltre una serie di questioni che, secondo gli esperti del gruppo, necessiterebbero di una ulteriore documentazione per uno studio più approfondito delle medesime”.
Secondo un articolo pubblicato ieri dal quotidiano francese «Le Monde», secondo il rapporto negli undici volumi sotto esame (pubblicati su richiesta di Paolo VI tra il 1965 e il 1981 da un gruppo di studiosi) permangono in ombra alcuni punti ritenuti fondamentali per la piena comprensione di quel drammatico periodo storico.


REAZIONI/2 Andrea Riccardi commenta l’anticipazione del quotidiano francese «Le monde»: “Ma su Pio XII nessuna nuova accusa”

“Mi dispiace vedere queste reazioni da parte degli storici della commissione voluta dal cardinale Edward Cassidy, anche se mi aspettavo un risultato non del tutto positivo perché non credo che i problemi storici si risolvano con una commissione paritetica”. Questo il commento a caldo del professor Andrea Riccardi, ordinario di Storia contemporanea alla Terza Università di Roma, appena aprese le anticipazioni del quotidiano «Le monde» sui risultati dei lavori della Commissione.
“Gli 11 volumi «Actes et Documents du Saint Siège relatifs à la seconde guerre mondiale», in cui - prosegue Riccardi - sono raccolti tutti i documenti di archivio relativi alle attività della Santa Sede durante il conflitto, sono stati un’importante acquisizione da parte della cultura storiografica. Io stesso li ho molto utilizzati e la loro realizzazione fu un gesto di coraggio da parte di Paolo VI. Sappiamo però che la storiografia ha preso un orientamento critico di parte. Conosciamo la valutazione critica da alcuni studiosi ebrei. Rispetto il pluralismo di opinioni ma non si può fare scandalismo come ha fatto ad esempio John Cornwell, e spero che non sia l’atteggiamento dei colleghi ebrei. C’è bisogno di studiare ma con un atteggiamento più da storici. Ci troviamo invece di fronte, a livello internazionale, ad un dibattito storiografico impostato in maniera manichea nei confronti di Pio XII. Considerato in vita uno dei massimi interpreti delle esigenze e delle aspirazioni della sua epoca, papa Pacelli, soprattutto a partire dagli anni ‘60, è stato oggetto di attacchi e polemiche che hanno messo in discussione tanto la sua azione politica quanto il valore complessivo del suo magistero spirituale”.
Domanda. Poco si parla, per esempio, dei tanti ebrei che ringraziarono Pio XII per le opere di assistenza e carità...
Riccardi. “Ricordo che il cardinale Traglia mi disse come gli ebrei alle fine della guerra volessero andare dal Papa per ringraziarlo. Ho pubblicato nel 1976 il volume «La Chiesa di Roma durante la Resistenza» in cui racconto dell’ospitalità ecclesiastica durante l’occupazione di Roma , che costituisce degli aspetti più rilevanti della partecipazione del mondo cattolico alle vicende della popolazione romana più colpita dal conflitto. Furono molti gli enti ecclesiastici romani ad esercitare nei loro stabili quest’accoglienza. Una storia recentemente confermata anche da Enzo Forcella, che certo cattolico non era”.
Domanda. Qual è dunque la sua opinione su Pio XII?
Riccardi. “Credo che questa figura vada scavata, discussa, approfondita, ma la storia non è un tribunale né un negoziato diplomatico, la storia di Pio XII non si farà con i pubblici ministeri né con le difese d’ufficio. Bisogna lavorare sui documenti, approfondire le fonti. Ci vuole una pausa di riflessione per crescere nella ricerca e nello studio parte degli storici. Altrimenti si rischia di commettere errori madornali come quelli di John Cornwell che ha trasformato un semplice rapporto in una prova dell’antisemitismo di Pacelli. Come hanno dimostrato anche gli studiosi Emma Fattorini e Roberto Morozzo della Rocca, le carte vanno studiate con cura, non si possono fare semplificazioni di parte. Sono più di vent’anni che studio le vicende relative alla Chiesa ed alla seconda guerra mondiale e posso dire che solo se si opererà per approfondire le conoscenze la storia sarà veramente storia, perché la storia non è fatta per processare ma per comprendere”.
Data inserimento: 23/07/2007


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re
....hanno ancora da rilegarli... [SM=x1061911] [SM=x1061911] [SM=x1061911] e non possono quindi farli vedere !!!![SM=x1061909] [SM=x1061909] [SM=x1061909]
60 anni e sono ancora da rilegare!!!! [SM=x1061908] [SM=x1061908] [SM=x1061908]
Andrebbero cremati tutti....ma da vivi!!!! omega [SM=x1061912] [SM=x1061912] [SM=x1061912]



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