Ehm, che razza di citazione hai fatto?
Da dove l'hai presa?
Ecco il testo originale:
SESSIONE XIII (15 giugno 1415)
In nome della santa e indivisa Trinità, Padre, Figlio e Spirito santo, amen.
In alcune parti del mondo alcuni affermano temerariamente che il popolo cristiano deve ricevere il santo sacramento dell'eucarestia sotto le due specie del pane e del vino e comunicano qua e là il popolo non solo con la specie del pane, ma anche con quella del vino. E ammettono all'eucarestia anche dopo il pasto o comunque senza digiuno e sostengono pertinacemente che bisogna dare così la comunione contro la lodevole consuetudine della chiesa, ragionevolmente giustificata, che essi dannatamente tentano di rigettare come sacrilega, per ricominciare da capo. Perciò questo concilio generale di Costanza, riunito legittimamente nello Spirito santo, desiderando in ogni modo di provvedere alla salvezza dei fedeli contro questo errore, dopo aver consultato a lungo molti dotti versati nel diritto canonico e in quello umano, dichiara, stabilisce e definisce che, sebbene Cristo abbia istituito questo venerando sacramento (9) dopo la cena e lo abbia distribuito ai suoi apostoli sotto entrambe le specie del pane e del vino, ciò non ostante, la lodevole autorità dei sacri canoni e la consuetudine autorevole della chiesa ha ritenuto e ritiene che questo sacramento non debba celebrarsi dopo la cena né essere ricevuto da fedeli non digiuni, eccetto il caso di infermità o di altra necessità, concesso o approvato dal diritto o dalla chiesa.
Questa consuetudine è stata introdotta con ragione per evitare alcuni pericoli e scandali. Con analoga o maggior ragione è stata introdotta ed osservata la consuetudine che, nonostante che nella chiesa primitiva questo sacramento fosse ricevuto dai fedeli sotto entrambe le specie, dopo i celebranti lo ricevano sotto le due specie, ma i laici solo sotto la specie del pane. Si deve credere e non dubitare che, sia sotto la specie del pane che sotto quella del vino sia contenuto realmente l'intero corpo e sangue del Cristo.
Poiché, quindi, questa consuetudine è stata introdotta ragionevolmente dalla chiesa e dai santi padri ed è stata per lunghissimo tempo osservata, essa deve considerarsi come legge. Riprovarla o cambiarla senza il consenso della chiesa non è lecito.
Dire quindi che osservare questa consuetudine o legge, sia sacrilegio o cosa illecita, deve considerarsi erroneo. E quelli che asseriscono pertinacemente il contrario di quanto abbiamo esposto, devono esser allontanati come eretici e severamente puniti dai vescovi o dai loro incaricati o dagli inquisitori per eresia, in quei regni e in quelle province, nelle quali si osasse, eventualmente, o si presumesse di fare qualche cosa contro questo decreto. Ciò, naturalmente, secondo le sanzioni legittime dei sacri canoni, provvidenzialmente disposte contro gli eretici a favore della fede cattolica.
Dov'è che si vieterebbe la Comunione delle due specie?
Si anatemizza l'errore secondo il quale la Comunione si dovrebbe ricevere esclusivamente sotto entrambe le specie...ma non lo si vieta.
Infatti...
Dal Catechismo della Chiesa Cattolica:
1390 In virtù della presenza sacramentale di Cristo sotto ciascuna specie, la Comunione con la sola specie del pane permette di ricevere tutto il frutto di grazia dell'Eucaristia. Per motivi pastorali questo modo di fare la Comunione si è legittimamente stabilito come il più abituale nel rito latino.
Tuttavia « la santa Comunione esprime con maggior pienezza la sua forma di segno, se viene fatta sotto le due specie. In essa risulta infatti più evidente il segno del banchetto eucaristico ». 226 Questa è la forma abituale di comunicarsi nei riti orientali.
Nel Concilio di Trento:
10. La Comunione sotto le due specie (cfr n. 242)
Oltre ai casi e alle persone di cui al n. 242 di «Principi e norme», e salvo il giudizio del vescovo di permettere la Comunione sotto le due specie, la Conferenza Episcopale Italiana ha stabilito di allargare la concessione della Comunione sotto le due specie ai casi e alle persone qui sotto indicate:
a) a tutti i membri degli istituti religiosi e secolari, maschili e femminili e a tutti i membri delle case di educazione e formazione sacerdotale o religiosa, quando partecipano alla Messa della comunità (cfr «Principi e norme per l’uso del Messale Romano» n. 76);
b) a tutti i partecipanti alla Messa comunitaria in occasione di un incontro di preghiera o di un convegno pastorale;
c) a tutti i partecipanti a Messe che già comportano, per alcuni dei presenti, la comunione sotto le due specie, a norma del n. 242 di « Principi e norme per l’uso del Messale Romano »;
d) in occasione di celebrazioni particolarmente espressive del senso della comunità cristiana raccolta intorno all’altare.
Siccome rimanda ad alcuni punti del documento "Principi e norme per l'uso del Messale Romano" li riporto:
76. Tra le Messe celebrate da determinate comunità, particolare importanza ha la Messa conventuale, che è parte dell’Ufficio quotidiano, come pure la Messa della "comunità". E sebbene queste Messe non comportino nessuna forma particolare di celebrazione, tuttavia è quanto mai conveniente che siano celebrate con il canto, e soprattutto con la piena partecipazione di tutti i membri della comunità, sia di religiosi che di canonici. In queste Messe perciò ognuno eserciti la sua funzione secondo l’Ordine o il ministero ricevuto. Anzi, conviene che tutti i sacerdoti non tenuti a celebrare individualmente per l’utilità pastorale dei fedeli, per quanto è possibile concelebrino in queste Messe. Inoltre tutti i sacerdoti membri della comunità, tenuti a celebrare individualmente per il bene pastorale dei fedeli, possono, nello stesso giorno, concelebrare anche la Messa conventuale o di comunità (5
242. Secondo il giudizio dell’Ordinario, e previa una conveniente catechesi, si concede la comunione al calice nei casi seguenti (71):
1. ai neofiti adulti, nella Messa che segue il loro Battesimo; ai cresimati adulti, nella Messa della loro Confermazione; ai battezzati che vengono accolti nella comunione della Chiesa;
2. agli sposi, nella Messa del loro Matrimonio;
3. ai diaconi, nella Messa della loro Ordinazione;
4. alla badessa, nella Messa della sua benedizione; alle vergini, nella Messa della loro consacrazione; ai professi (di ambo i sessi) e ai loro genitori, parenti e confratelli nella Messa in cui emettono per la prima volta i voti religiosi, o li rinnovano, o fanno la professione perpetua;
5. a coloro che ricevono un ministero, nella Messa della loro istituzione; ai coadiutori missionari laici, nella Messa in cui sono ufficialmente mandati, e a quanti altri ricevono durante la Messa una missione da parte della Chiesa;
6. a un infermo, e a tutti coloro che lo assistono, nell’amministrazione del Viatico, quando si celebra la Messa nell’abitazione del malato;
7. al diacono e ai ministri che esercitano il loro ufficio nella Messa;
8. nella Messa concelebrata:
a) a tutti coloro che nella concelebrazione stessa svolgono un vero ufficio liturgico, e a tutti gli alunni dei seminari che vi prendono parte;
b) nelle loro chiese, anche a tutti i membri degli Istituti che professano i consigli evangelici; ai membri delle altre Società, che si consacrano a Dio con i voti religiosi, o una oblazione o una promessa; inoltre a tutti coloro che vivono giorno e notte nella casa dei membri di quegli Istituti e di quelle Società;
9. ai sacerdoti che prendono parte a grandi celebrazioni e non possono celebrare o concelebrare;
10. a tutti coloro che prendono parte agli esercizi spirituali, nella Messa che, durante questi esercizi, viene celebrata per loro, e alla quale essi partecipano attivamente; a tutti coloro che prendono parte a una riunione pastorale nella Messa celebrata in forma comunitaria;
11. alle persone di cui ai nn. 2 e 4, nella Messa del loro giubileo;
12. al padrino, alla madrina, ai genitori e al coniuge nonché ai catechisti laici del battezzato adulto, nella Messa della sua iniziazione cristiana;
13. ai genitori, ai familiari, ai benefattori insigni, che partecipano alla Messa di un sacerdote novello;
14. ai membri delle comunità, nella Messa conventuale o di "comunità", a norma del n. 76.
Inoltre le Conferenze Episcopali possono stabilire modalità, motivazioni e condizioni in base alle quali gli Ordinari possano concedere la comunione sotto le due specie anche in altri casi di grande importanza, per la vita spirituale di una comunità o di un gruppo di fedeli.
Entro questi limiti, gli Ordinari possono indicare i casi particolari, a condizione però che la concessione non sia indiscriminata, che le celebrazioni siano ben precisate e le esorbitanze diffidate; si dovranno inoltre evitare le occasioni di un gran numero di comunicandi. I gruppi poi che fruiscono di questa facoltà siano ben determinati, disciplinati e omogenei.
Ciao
Mauri
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Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)