Mi sembra che la legislazione italiana in merito alle adozioni internazionali risenta di questi argomenti controversi posti da Pino in merito alle coppie omogenitoriali,una legislazione che si muove come un elefante!
Ma vorrei pore qui un caso un po' diverso dall'adozione,che potrebbe dare qualche risposta seppure piccola senza che esaurisca i nodi controversi! Si sa poi che la legislazione italiana si muove come un'elefante rispetto ai numerosi cambiamenti che avvengono nelle societa' europee!
da
www.arcigaymilano.org/stampa/rs.asp?BeginFrom=0&ID=21299
Due madri gay e una bambina nata in Olanda: «Rispettateci»
Milano - Maria Silvia e Francesca sono due lesbiche che hanno deciso, tre anni fa, di avere un figlio...
[Prima pagina] La coppia di Milano
Milano - Maria Silvia e Francesca sono due lesbiche che hanno deciso, tre anni fa, di avere un figlio. Poiché la legge italiana vieta la fecondazione eterologa alle coppie omosessuali (ma la vieta pure alle coppie sposate), le due donne, che abitano a Milano e lavorano nel terziario, hanno deciso di andare in Olanda per mettere in pratica il loro progetto.
La bambina è nata grazie al seme di un donatore registrato, che la piccola potrà conoscere, se lo vorrà, al compimento del diciottesimo anno. Oggi ha tre anni e gode di ottima salute. Le due mamme, quella biologica e la sua compagna, l'hanno iscritta in un asilo nido dove altri bambini si trovano nelle sue stesse condizioni. «Perché - dice Maria Silvia - non siamo un caso isolato. In Italia saremo un centinaio e adesso chiediamo rispetto e diritti».
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La bambina con due mamme
Concepita artificialmente in Olanda da coppia di lesbiche Milano. Elena è bionda, ha tre anni, è senza papà e ha due mamme, una delle quali biologica che l’ha concepita con la tecnica dell’inseminazione artificiale.
«Detta così può sembrare una cosa terribile ma invece è tutto incredibilmente normale ».
Come sarebbe a dire normale? Gli occhi grandi e celesti di Maria Silvia, la mamma di Elena (ma il nome della piccola è di fantasia) si fanno ancora più vivi. Questa signora alta dai lineamenti nordici, sulla quarantina, che abita a Milano ma conserva l’accento romano delle origini, riflette pochi attimi e prosegue: «Alla fine un bambino mette d’accordo tutti. E allora accade che davanti a mia figlia ognuno si comporti a modo e di conseguenza la nostra venga considerata come una famiglia qualunque».
Ma l’anomalia resta e Maria Silvia sa benissimo che i bambini sono conservatori e che sentirsi diversi è per loro opprimente e può essere fonte di auto-esclusione. Si è informata, ha letto studi e sfogliato rapporti dei più noti pediatri al mondo, ci ha pensato sei anni e poi lo ha fatto: con la sua compagna Francesca è partita per l’Olanda dove, in una clinica specializzata, è avvenuta l’inseminazione grazie a un donatore registrato e che la bimba potrà conoscere, se lo vorrà, al compimento del diciottesimo anno. A questo punto la natura ha ricominciato a fare il proprio corso e, seguendo processi noti, dopo nove mesi è nata, con salute ottima, la bambina.
La quale non sarebbe un caso in molti Paesi dell’Occidente ormai avvezzi a queste pratiche, lo è in Italia dove la legge non prevede la fecondazione “eterologa” (con sperma non prodotto dalla coppia), men che meno prevede che due lesbiche possano riprodursi con l’aiuto della scienza. Infatti la burocrazia non sa esattamente come trattare questo nucleo familiare tutto al femminile (mamma, mamma-Franci e Elena): «La bimba risulta figlia di un solo genitore - dice Maria Silvia - ma sullo stato di famiglia siamo in tre, perciò la retta del nido è altissima».
E dall’asilo, qualche giorno fa, Elena è tornata con una considerazione: «Sai mamma, quel bimbo ha una mamma e un papà». Ma mamma Maria Silvia e mamma Francesca, che lavorano entrambe nel terziario, sono persone colte e previdenti, sapevano che la figlia avrebbe fatto presto confronti e hanno cercato di attutire possibili contraccolpi. L’hanno iscritta in un asilo dove altri bambini sono nella sua identica condizione: «Perché non siamo isolati - spiega Maria Silvia - solo io conosco altre venti famiglie come la nostra, in Italia potremmo essere un centinaio». A quel punto è diventato più facile spiegare a Elena che esistono bimbi che hanno mamma e papà, bimbi che hanno solo la mamma, bimbi che hanno due mamme.
E non è stato difficile neanche spiegarlo ai nonni. Semmai, i genitori di Maria Silvia non avevano gradito quando lei si era messa con Francesca.
Prima, la loro figlia stava con un uomo: «Sette anni, ma non ho mai pensato di fare un figlio con lui. Appena sono andata a vivere con Francesca ho capito che con lei, invece, sarebbe stato possibile». Gli stessi nonni che avevano espresso perplessità sull’unione omosessuale hanno accolto con entusiasmo l’idea di una nipote con due mamme. «Perché davanti a un bambino vero, in carne e ossa - dice Maria Silvia - le obiezioni fondate sulla teoria svaniscono.
Anche la Chiesa, anche Papa Ratzinger che sull’argomento appare molto conservatore, davanti a mia figlia come potrebbe dire “tu non dovresti esistere”.
Non ce la farebbe. Prevale il sentimento umano».
Maria Silvia non vuole, tuttavia, che sia pietà; quello che chiede per sua figlia è solo rispetto.
Lo chiede anche per se stessa («gli omosessuali hanno sempre avuto figli - dice - e questo è un fenomeno insondato ») e per una scelta difficile soprattutto perché fatta in Italia: «Abbiamo fondato questa associazione “Famiglie arcobaleno”, che ha anche un sito internet, proprio per cercare di uscire allo scoperto e rendere più semplice l’inserimento dei nostri bambini».
Da parte loro, Maria Silvia e Francesca hanno cercato di costruire adeguate protezioni attorno a Elena: una rete di amici attenti e comprensivi, amichetti che si trovano nelle sue stesse condizioni. Ma per adesso i problemi che devono affrontare sono quelli di tutti i genitori: vestire la bimba al mattino e portarla al nido, telefonare ai nonni in modo che qualcuno vada a prenderla, organizzare le vacanze estive. Domani le questioni potrebbero essere di ben altra portata. Elena potrebbe rivolgere alle due mamme domande ben più pesanti, come «Perché mi avete messo al mondo in un modo così strambo?». Maria Silvia si sta preparando anche ad affrontare un’adoloscente combattiva, ma cerca di essere ottimista: «Spero che mi chiederà: come mai avete scelto di farmi vivere proprio a Milano?».