MASTROGIACOMO: USA, ITALIA CREA SCENARIO CECENO
di Marco Bardazzi
WASHINGTON - Uno "scenario ceceno", dove i rapimenti divengono una tragica prassi per ottenere concessioni. Un "pericoloso precedente" che cambierà la vita degli stranieri in Afghanistan. Gli analisti d'intelligence e gli esperti americani che seguono da vicino le vicende afghane sono severi nel giudicare l'epilogo del rapimento di Daniele Mastrogiacomo.
E qualcuno ammette di sentirsi ora in pericolo per l'iniziativa italiana. "Tra dieci giorni sarò a Kandahar, guiderò sulle stesse strade e mi fermerò agli stessi posti di blocco di Mastrogiacomo", dice all'ANSA Brian Glyn Williams, un docente dell'Università del Massachusetts a Dartmouth e della Jamestown Foundation che da anni studia i taleban.
I guerriglieri che hanno gestito il sequestro, aggiunge, "hanno ricevuto un messaggio preciso, cioé che i rapimenti possono avere un impatto e servono per ottenere la liberazione di loro compagni: adesso gli stranieri delle organizzazioni internazionali e delle Ong, i giornalisti e i ricercatori come me sono esposti a più rischi. Non nascondo che questa vicenda aumenta i timori anche per la mia incolumità ". Per Williams, quello di Mastrogiacomo è "un precedente pericoloso, perché i taleban imparano per esperienza e sono molto bravi ad adattarsi: gli attentati suicidi non erano nel loro repertorio fino a poco tempo fa, poi li hanno adottati. Se percepiscono che i sequestri funzionano - afferma lo studioso - li ripeteranno di nuovo: si rischia uno scenario come quello della Cecenia, dove i rapimenti sono diventati un'arma di ricatto".
Inoltre, aggiunge, i taleban "sono consapevoli dei punti deboli della coalizione internazionale, per esempio hanno detto ripetutamente di prendere di mira i canadesi perché ritengono di poter costringere il loro governo al ritiro: se percepiscono anche gli italiani come anello debole, possono colpirli a loro volta". L'analista della Rand Corporation Seth Jones, uno dei maggiori esperti di questioni afghane nei think tank di Washington, ha letto sulla prima pagina del New York Times gli sviluppi del caso Mastrogiacomo poco prima di deporre in Senato sugli scenari afghani e non nasconde la preoccupazione. "E' stato mandato un messaggio molto pericoloso agli insorti", dice Jones all'ANSA da Capitol Hill.
"E per insorti - spiega - non intendo solo i taleban: si tratta di un panorama di cui fanno parte uomini di Al Qaida, gruppi criminali, narcotrafficanti. Se vedono nei sequestri una modalità per far soldi o per ottenere ciò che vogliono, il fenomeno si può diffondere. Del resto, lo abbiamo già visto accadere in Iraq, e anche in quel caso perché c'erano paesi, tra cui l'Italia, disposti a trattare". Jones, tornato da poco dall'Afghanistan, racconta anche di una "crescente tensione" all'interno delle forze della Nato per i limiti che molti paesi hanno sull'uso della forza. "Usa, Gran Bretagna, canadesi e olandesi - spiega - hanno sempre meno pazienza per altri che mostrano di non essere certo pronti a combattere o morire per l'Afghanistan, come gli italiani".
L'aver rimesso in libertà combattenti dei taleban in cambio di un giornalista italiano, aggiunge, può contribuire a far crescere queste tensioni. Un rapporto sul caso Mastrogiacomo diffuso dalla società di analisi d'intelligence Stratfor, che lavora anche per il governo Usa, afferma che la vicenda "ha creato un precedente che cambierà drammaticamente le dinamiche per tutti gli stranieri che operano in Afghanistan, non solo i giornalisti".
"Lo scambio che ha portato alla libertà per Mastrogiacomo - sostiene Fred Burton, che prima di unirsi a Stratfor era un alto funzionario dell'antiterrorismo al Dipartimento di Stato, - potrebbe sfociare nella cattura di altri reporter o di altri stranieri in Afghanistan. E' diventato in pratica l'insegna al neon che indica che è aperta la stagione della caccia agli stranieri".
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“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer