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Telmo Pievani:Dico e l'idea di natura

Ultimo Aggiornamento: 27/03/2007 15:54
27/03/2007 15:54
 
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Aggiungo qui una critica alla dottrina del "diritto naturale" fatta da CECCHI PAONE sul sito dell'arcigay!

-- da www.arcigaymilano.org/stampa/rs.asp?BeginFrom=0&ID=28390

PAONE. «RIFIUTO IL DOGMA DEL DIRITTO NATURALE»


LA RIPRESA DEL GIUSNATURALISMO DOPO AVER AVUTO UNA CREAZIONISTA A VIALE TRASTEVERE (SEDE DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE), ABBIAMO ORA UN GIUSNATURALISTA A VIA ARENULA (DOVE C'È IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA).
La seconda notizia ce l'ha fornita con soddisfazione Salvatore Carrubba nella sua rubrica sul Sole24 Ore del venerdì. Con soddisfazione, perché segno del ritorno in auge di quella filosofia del diritto naturale cara alla patristica cristiana, ma anche al pensiero liberale, per la sua difesa dei valori dell'individuo opponibili, in quanto inviolabili, a ogni intromissione dello Stato e a ogni pretesa dei tiranni. Ma anche con dispiacere sincero, tipico dell'amico e del liberale, per la sottovalutazione che il sottoscritto ne avrebbe fatto in varie pubbliche occasioni, non cogliendo tra l'altro il punto di contatto che il giusnaturalismo potrebbe rappresentare fra istanze cattoliche e laiche nel momento del violento scontro in atto fra le due rispettive visioni della vita e dell'ordine sociale.

In effetti, se esistesse veramente un ordine naturale predefinito, per di più coincidente con il contenuto della rivelazione cristiana, avremmo risolto ogni nostro problema, e svuotato di senso le persecuzioni del passato e i conflitti del presente italiano.


Potrei limitarmi a opporre a questa idilliaca prospettiva l'interrogativo sul perché tanta potente logica cogenza, di fonte insieme naturale e divina, trovi da sempre invincibili resistenze a imporsi al mondo e all'uomo. Ma il tema, e Carrubba, meritano di più. Meritano ad esempio che si ricordi che il giusnaturalismo, figlio dell'inane sempiterno sforzo di trovare basi stabili al diritto, è nato in un'epoca remota in cui difettavano, e di molto, gli strumenti che oggi abbiamo noi per osservare e capire la natura. Che, come in momenti e su piani diversi ci hanno insegnato Hobbes e Leopardi, Darwin e Freud, non è affatto quel presepe vivente che appare, non solo nell'antropologia cattolica, ma anche nella filosofia paleoecologica di Rousseau. C'è veramente ancora qualcuno, a proposito di quest'ultimo, disposto a difendere la mitologia del buon selvaggio, a sostenere che è la civiltà a corrompere l'uomo, che è la cultura a mortificare la natura?


Se poi ci avviciniamo ancora di più ai nostri giorni biologia, zoologia,etologia non lasciano dubbi a proposito degli studi sul mondo animale: in natura vige l'ordine immobile degli istinti di predazione e sopravvivenza, per cui è normale che il leone maschio uccida i cuccioli che la sua leonessa ha avuto con il compagno precedente e, quando necessario, che il pinguino imperiale maschio si occupi della covata al posto della femmina impegnata nella ricerca del cibo. A proposito poi dell'essere umano, storia, antropologia culturale, sociologia e psicologia parlano chiaro:prima del Cristianesimo,e poi dell'Illuminismo, era considerato naturale, dunque normale, farsi la guerra, uccidersi a vicenda, sposarsi fra parenti.


È per tutto quanto sopra esposto che non posso concordare con l'appello alla natura e a una sua presunta verità addirittura giuridica che legittima chi la interpreta e rappresenta. Se c'è un diritto naturale, e per fortuna non c'è, questo garantisce il bruto preda degli istinti più amorali,e in termini relazionali la logica del più forte che si impone sul più debole. Se non soccombiamo alla natura e alla sua forza matrigna lo dobbiamo alla scienza, se viviamo in libertà e concordia lo dobbiamo alla civiltà e alla cultura che ci hanno insegnato a scrivere le regole per farlo e a riscriverle quando necessario per i mutamenti intercorsi. Ci hanno cioè insegnato che la democrazia liberale è mutamento, e le sue leggi dinamiche fino al punto, come in Inghilterra, di rinunciare non solo al giusnaturalismo, ma alla stessa necessità di una Carta fondamentale.


Anche in materia di sessualità e procreazione vale la regola dei mutamenti indotti dalle condizioni storiche e ambientali, per cui non esiste un modello di famiglia naturale. Per questo laici e credenti possono, volendo, trovare un accordo, ma solo in nome dell'amore e della società aperta, non in quello del dogma che pretende di avere dalla sua, contemporaneamente, il Dio della rivelazione e il Dio della natura.


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