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Recenti scoperte scientifiche

Ultimo Aggiornamento: 06/03/2007 10:16
06/03/2007 10:16
 
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Notizia un po' vecchiotta

da www.repubblica.it/2006/08/sezioni/scienza_e_tecnologia/genetica/cellule-immunitarie-tumore/cellule-immunitarie-tum...

SCIENZA & TECNOLOGIA

INGEGNERIA GENETICA CONTRO IL MELANOMA

Affetti da melanoma avanzato, curati grazie a dei linfociti
manipolati geneticamente. Per combattere le cellule malate
"Soldati ogm" contro il cancro
E in Usa guariscono due pazienti
In futuro speranze per tumori al seno, polmone e fegato

ROMA - Sono dei veri e propri "soldati" addestrati a riconoscere le cellule nemiche e "armati" per eliminarle. Appare come una svolta nella lotta ai tumori quella che è stata divulgata dalla prestigiosa rivista "Science", una notizia che dà una speranza in più a tutti i malati di melanoma, il terribile tumore della pelle.

"E' la prima volta che risultati simili si osservano sui pazienti", ha commentato Steven Rosenberg, ricercatore autore dello studio insieme alla sua equipe al National Cancer Institute di Bethesda. E potrebbe essere la prima di una lunga serie, considerando che "questo tipo di terapia con cellule immunitarie modificate con l'ingegneria genetica rappresenta il futuro dell'oncologia".

La ricetta è stata più semplice di quanto si potrebbe credere. Gli esperti hanno infatti prelevato i linfociti T - cellule immunitarie deputate a riconoscere e uccidere altre cellule estranee al corpo, come quelle di agenti batterici - dai 17 pazienti affetti da uno dei più feroci tumori della pelle in stadio avanzato. Quindi le hanno modificate geneticamente in modo da renderle in grado di attaccare il cancro. A questo punto le hanno reiniettate nei pazienti. L'introduzione del gene estraneo nel linfocita è risultata l'operazione risulta più difficile. Per questo il team si sforzerà di trovare il virus vettore (retrovirus) ideale. Risultato: in due dei 17 pazienti il trattamento sperimentale è risultato capace di renderli clinicamente liberi dalla malattia per oltre un anno e mezzo dopo la cura.

Alcune sottopopolazioni di linfociti T, nei pazienti con tumore, sono in grado di riconoscere in modo specifico le cellule neoplastiche e ucciderle. Ma il loro numero è troppo esiguo perché il loro attacco al tumore risulti vincente: per questo, ormai da alcuni anni si pensa all'ingegneria genetica per aumentare nei pazienti il numero di linfociti T che siano in grado di attaccare il tumore.

I risultati raggiunti hanno dato grande speranza ai ricercatori che sono convinti, in futuro, di riuscire ad adattare la loro tecnica anche ad altri tumori, tra cui quello al seno, al polmone e al fegato. "In questo modo - ha spiegato Rosenberg - i soggetti trattati avevano nel proprio corpo una discreta percentuale di "linfociti T-anti-melanoma", capaci cioè di attaccare il tumore.

In altre parole, poiché le cellule in questione non sono molte, e soprattutto non tutti i pazienti le hanno in quantità sufficienti da permetterne il prelievo, gli scienziati statunitensi pensano di produrle "artificialmente" in quantità sempre maggiori.

La scoperta che in tutti i pazienti i linfociti anti-melanoma continuano ad essere presenti nel corpo del paziente per un periodo prolungato dopo la loro iniezione, ha accresciuto la speranza dell'equipe. In altre parole, in 15 pazienti sui 17 trattati i "guerrieri ogm" sono rimasti vitali. E per almeno due mesi successivi alla loro introduzione nell'organismo dei malati, queste cellule hanno rappresentando il 15% e più di tutti i linfociti T circolanti.

"Una volta che si riuscisse ad aumentarne la percentuale circolante e a produrre "armi" analoghe anche per gli altri tumori - ha concluso Rosenberg - questa tecnica potrebbe davvero rivoluzionare la cura del cancro".

(31 agosto 2006)



Altra notizia piu' recente

CELLULE STAMINALI NEL LIQUIDO AMNIOTICO

da www.repubblica.it/2006/08/sezioni/scienza_e_tecnologia/genetica/staminali/stamin...

Gli autori sono alcuni scienziati di Harvard e dell'università di Wake Forest
E ora il dibattito etico sulle ricerche sugli embrioni potrebbe essere superato
Cellule staminali nel liquido amniotico
Scoperta Usa apre una nuova frontiera
Una grande speranza soprattutto nel settore del trapianto di organi

NEW YORK - Nel liquido amniotico si possono reperire cellule staminali capaci di differenziarsi, proprio come quelle embrionali, in cellule di tessuti, muscoli, nervi e ossa. La scoperta si deve a scienziati dell'università di Harvard e dell'Istituto di medicina dell'università di Wake Forest, nel North Carolina, e rappresenta una grande speranza per la medicina.

Sull'uso delle cellule staminali embrionali si è aperto in diversi paesi un confronto etico molto aspro, e alcuni governi hanno vietato o posto rigide limitazioni a questo genere di ricerche. Ma se cellule altrettanto preziose saranno davvero reperibili nel liquido amniotico e nella placenta, la battaglia potrebbe presto finire.

"La nostra speranza è che queste cellule rappresentino una valida risorsa per la riparazione dei tessuti e anche per la creazione di nuovi organi", ha spiegato Anthony Atala, direttore dell'istituto di medicina rigenerativa alla Wake Forest University. Lo studio che ha condotto è stato pubblicato dalla rivista Nature Biotechnology.

Lo studio settennale è iniziato prelevando liquido amniotico a donne incinte. I medici già sapevano che il liquido in cui cresce il feto contiene una grande quantità di cellule immature, ma non era chiaro se vi fossero anche staminali vere e proprie, vale a dire cellule indifferenziate capaci come le staminali embrionali di differenziarsi in cellule di diversi organi.

Gli scienziati hanno appurato che circa l'1 per cento delle cellule immature del liquido amniotico è rappresentato da vere staminali. Nel giro di qualche anno queste cellule sono state fatte crescere e sono diventate muscoli, nervi, grasso e cellule di fegato.

I primi test fatti sulle cavie hanno dato buon esito. Cellule del sistema nervoso trapiantate in topolini lobotomizzati sono cresciute e hanno riparato l'area del cervello danneggiata. "Abbiamo assistito a un parziale ripristino della funzionalità", ha detto Atala nel corso di una teleconferenza con la stampa. E' stato anche appurato che le cellule neurali così ottenute riescono a produrre neurotrasmettitori, mentre quelle del fegato possono secernere urea.

Ma gli scienziati non si lasciano trasportare dall'entusiasmo. Sanno che serviranno anni prima di poter ripetere gli esperimenti sugli esseri umani. Ma grazie alla facile reperibilità delle cellule, le ricerche potranno procedere a passo spedito.

Con quattro milioni di parti l'anno solo negli Stati Uniti, ha spiegato Atala, sarà facile raccogliere abbastanza campioni di cellule fetali da accumulare una banca dati che soddisfi le necessità di trapianto dell'intera popolazione. "Se si arrivasse a una banca di centomila campioni, il 99 per cento della popolazione americana potrebbe trovarne uno geneticamente compatibile per un eventuale trapianto", ha assicurato lo scienziato.

Ma intanto, una grossa fetta della comunità scientifica si congratula per la scoperta. Tra questi Carlo Alberto Redi, direttore del Laboratorio di biologia dello sviluppo dell'università di Pavia e direttore scientifico del Policlinco San Matteo di Pavia. Il risultato pubblicato oggi, ha osservato l'esperto, è il frutto di una sperimentazione molto lunga e che si basa su dati molto consistenti. "E' una ricerca che testimonia come la biologia cellulare stia mantenendo tutte le promesse, compiendo passi in avanti ogni giorno", ha aggiunto. Poter prelevare cellule staminali embrionali nel liquido amniotico significa avere a disposizione una quantità di cellule tale da coprire tutti i tipi immunologici.

E il risultato pubblicato oggi, ha proseguito, "è anche un esempio di come la comunità scientifica si stia organizzando per superare lo scoglio della ricerca sugli embrioni". Un risultato, ha concluso Redi, che induce a "guardare con ottimismo ai prossimi anni" e a ricordare che la biologia delle cellule staminali è uscita dai laboratori appena dieci anni fa: "E' un aspetto che i decisori politici dovrebbero considerare, assegnando finanziamenti adeguati".

(7 gennaio 2007)

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